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Etica e revenue sono due parole che possono stare nella stessa frase?

Qual è il prezzo massimo al quale si può vendere una camera? Sarà perchè qualche anno fa mi sono imbattuto nei ragionamenti di Georges Bataille intorno a Il limite dell’utile, sarà che ho sempre guardato con un certo timore quello scarto che alcuni chiamano sovrappiù e i problemi che questo si porta dietro, sarà come dicono alcuni che sono un “seasoned” del mestiere – inteso come anziano non come esperto – e per il fatto che mi stupisco ancora per alcune scomposte reazioni dei clienti alle tariffe dinamiche, sarà per tutto questo che mi interrogo sempre più sul rapporto tra etica e pricing dinamico.

Non credo sia cosa da poco e che non meriti un approfondimento. In rete – su etica e pricing dinamico – si trova molto poco se non una slide (la numero 10) del 2010 di un master che, alla domanda se il revenue management è etico risponde: “una corretta applicazione del RM garantisce la Pareto-efficienza, ovvero una situazione “win-win”: qualsiasi diversa allocazione delle risorse va a peggiorare il risultato della domanda e dell’offerta“. Ci provò anche l’amico Nicola Zoppi, forse riuscendoci meglio, quando scrisse del valore etico del revenue management passando per la percezione dell’ospitalità, tema che credo di aver approfondito abbastanza nel post sullo storyworking.

Se è una questione di soddisfazione e se è vero che la fedeltà tende a zero, con chi ha a che fare il revenue manager?

etica_revenue

Alberto Bobbio parlando degli strumenti di direzione [1] immagina una possibile classificazione dei clienti in base alla loro soddisfazione e alla loro fedeltà:

  • Terroristi: sono i più pericolosi
  • Mercenari: sono fedeli solo per interesse economico
  • Ostaggi: sono quelli che non vedono l’ora di tradirti
  • Apostoli: sono i migliori ma anche tra loro qualche traditore c’è

Appurato il nesso logico tra soddisfazione > fedeltà > percezione > reputazione come fattori che incidono direttamente sul pricing, qual è il rapporto tra etica e tariffa dinamica? Come percepisce il cliente il variare del prezzo in determinate situazioni. La questione è molto difficile e controversa, in particolare perché come è facile comprendere, alla lunga, è sempre il compratore che determina la convenienza o meno della tariffa. E’ anche vero che, sempre nel lungo periodo, l’onestà e l’integrità delle tariffe premiano il revenue manager a patto che siano caratteristiche costanti nel tempo e non praticate discontinuamente.

C’è un’altra difficoltà: il cliente tende sempre a pagare la tariffa più bassa e tende a percepire la maggior parte dei prezzi come troppo cari. D’altra parte i revenue manager “seasoned” sanno bene che il fatto che un cliente ritenga un prezzo elevato non è un buon motivo per concedere uno sconto. Quindi i prezzi, e quelli dinamici in particolare, finiranno per essere sempre percepiti come sconvenienti? Si! Rassegnatevi.

In questo contesto difficile, con i clienti sempre meno fedeli, con l’aumento delle tariffe messo in ginocchio dall’elasticità dell’offerta delle piattaforme distributive nei periodi di aumento della richiesta, come posso sapere se i miei prezzi sono ritenuti equi dai clienti?

In linea di massima, se l’aumento delle tariffe è giustificato da un dimostrabile aumento dei costi – ecco perché forse storyworking è meglio di storytelling – forse i consumatori potrebbero ritenere il prezzo equo. Se invece l’aumento delle tariffe viene percepito come semplice strategia per un extra profitto non sarà ritenuto equo. Non basta quindi l’aumento della domanda o l’ipotetico aumento del bisogno per giustificare un aumento di prezzo? Forse no.

Un caso emblematico è la storia di M. Douglas Ivester, CEO di Coca Cola che si inventò e testò i distributori di bibite che variavano automaticamente il prezzo a seconda delle condizioni climatiche, ne venne fuori un putiferio che, secondo alcuni cronisti fu una delle ragioni per le quali fu costretto ad andarsene. Pare che sul suo licenziamento pesò molto il rapporto con Warren Buffet che con la Berkshire Hathaway è il primo azionista di Coca Cola, ed è lo stesso Buffet che boicottò gli alberghi di Omaha proprio perché aumentavano i prezzi durante l’assemblea annuale dei soci della sua finanziaria. I consumatori di Coca Cola ritennero queste dinamiche tariffarie di Ivester non convenienti e le azioni della Coca Cola ne risentirono molto.

A cynical ploy to exploit the thirst of faithful customers
-San Francisco Chronicle

Alla luce del fatto che solo grazie all’aumento delle tariffe in determinati periodi gli hotel riescono a restituire un giusto ristoro all’imprenditore qual è il rischio di avere sul mercato delle cosiddette tariffe di riferimento (Reference price) che per gran parte dell’anno sono pari se non sotto ai costi? Come riesce il consumatore a comprendere se il prezzo è alto, basso o equo? Secondo me non ne ha la possibilità, ecco perché sarebbe opportuno far percepire il costo e la fatica che insistono su un dato servizio. Certo non ci potrà riuscire, come ho già detto altre volte, il rendere facile e luccicante un processo aziendale grazie allo storytelling.

Poi c’è il problema che anche se il cliente è felice della tariffa ottenuta, questo si arrabbia subito se un altro cliente ha pagato meno per lo stesso servizio. Magari non si pone il problema se chi ha pagato meno, ha pagato tutto in anticipo due mesi prima, non ha la colazione compresa e magari non ha la cancellation policy favorevole.

All’etica del revenue manager risponde un’etica del consumatore?

Non credo, spesso non esiste neanche un’etica dell’intermediario. Che etica ha un operatore come quello che ieri mi ha chiesto una pensione completa a 55 euro: prima colazione a buffet, pranzo 4 portate, cena 5 portate, bevande (cibi meglio se del territorio, freschi e genuini), pernottamento. Come può un cliente come quello di stamani che chiede al telefono la tariffa mezza pensione per una doppia e poi ti arriva la prenotazione in un monolocale solo pernottamento e quando gli spieghi che non avrà colazione e pranzo cade dalle nuvole esclaamando: “ma non può venirmi incontro!?”

Nonostante ciò Hayes & Miller [2], per misurare quanto etico sia il nostro agire dinamico sulle tariffe ci consigliano di porci una serie di domande, di quelle da farsi la mattina davanti allo specchio:

  • Quello che sto facendo è legale?
  • Il mio capo sarà d’accordo con questa iniziativa?
  • I miei colleghi approveranno questo mio modo di fare?
  • Sarei contento se di ciò si parlasse in prima pagina sul quotidiano locale?
  • Se ciò fosse fatto nei miei confronti o nei confronti dei miei familiari sarebbe per me accettabile?
  • Quest’azione è conveniente per tutte le parti coinvolte?

Dura eh? In particolare l’ultima e la penultima… vaglielo a dire al consumatore che è l’efficienza di Pareto che porta a ciò e che è un sistema “win-win”.

In un recente convegno, non ricordo chi, parlando della condivisione dell’esperienza d’acquisto, sosteneva che una volta era importante ostentare di aver speso molto per un viaggio oppure un’auto, adesso riscuote molti consensi chi riesce ad accaparrarsi beni e servizi pubblicizzando la quota di sconto conquistata.

E allora qual è il limite dell’etica, dove sta il giusto rapporto tra etica e prezzo, qual è, se c’è il limite del revenue?

La risposta risolutiva ce la offrono sempre Hayes & Miller che dedicano all’etica un bel capitolo che ha influenzato molto questo post che immaginavo da tempo ma che non aveva risposta.

Some in business would argue that is no more immoral for a producer to charge premium prices than it is for a consumer to pay low price.

In pratica in due righe il riepilogo delle lettere al turista che scrissi qualche anno fa e nelle quali espressi la necessità di un nuovo patto tra turista e albergatore per il rispetto di chi va in vacanza e di chi, nelle vacanze degli altri, ci lavora.

[1] Alberto Bobbio, La gestione di un’impresa nei sui primi anni di vita, in Start up, Il Sole 24 Ore, a cura di Daniela Prandina
[2] Hayes & Miller, Revenue Management for the Hospitality Industry, John Wiley & Sons, Inc.
[3] Lettera al turista
[4] Caro turista, un anno dopo
Immagine MaxPixel (1)

Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

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Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

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