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Il marketing delle destinazioni turistiche e quello dei supermercati

Al BTO 2016, Christopher Nurko, global Chairman di FutureBrand, ha tenuto una brillante presentazione su marketing e destinazioni turistiche. Il punto di partenza del suo ragionamento è che le decisioni di acquisto di viaggio (visitare X, invece di Y) hanno una natura diversa da quelle dei prodotti di largo consumo. Nel mio più umile, e molto meno brillante intervento dedicato alle destinazioni turistiche, ho invece sostenuto che vi sono ragioni per ritenere che in alcune situazioni le decisioni di viaggio sono prese allo stesso modo con cui si compra al supermercato. A mio parere, la realtà è molto più sfaccettata da quella immaginata da Nurko. Non si tratta di questioni di lana caprina o teoriche, ma di assunti sui quali si fondano le decisioni di marketing delle destinazioni turistiche. In altre parole, conoscere a fondo questi argomenti è un buon inizio per dismettere alcune pratiche, considerarne altre, differenziare strategie in ragioni dei mercati e, in ultima analisi immaginare un nuovo ruolo per le DMO.

L’assunto di Nurko è anche la teoria dominante in ambito accademico: si sostiene che la scelta su dove andare in vacanza è influenzata dall’immagine della destinazione. Molti ricercatori suggeriscono che le destinazioni con una immagine positiva hanno più possibilità di essere considerate e scelte (Goodrich, 1978; Woodside & Lysonski, 1989). Per questo motivo, l’immagine di una destinazione turistica ha un ruolo importante in tutti i modelli di teoria delle decisioni di vacanza sviluppate fino ad oggi (Schmoll, 1977; Moutinho, 1984; Woodside & Lysonski, 1989). In questo quadro, il brand (di una destinazione turistica) è l’insieme di concetti, qualità, immagini, stereotipi, ecc. associabili ad una destinazione; poiché si tratta di luoghi che hanno una vita anche a prescindere dal turismo, le associazioni (e quindi il brand) non sono solo il frutto della comunicazione e dell’esperienza turistica, ma anche di fatti storici, di cronaca, della letteratura, del mondo produttivo, ecc… Sotto questa ipotesi la comunicazione (destination marketing communication) che è spesso l’unico strumento di marketing in mano alle DMO- ha tre obiettivi:

  • Segmentare e targetizzare
  • Individuare la Unique Selling Proposition per essere presenti in tutte le tappe del processo decisionale
  • Convincere  i turisti a essere ben predisposti rispetto alla USP (persuasione) e a ritornare a visitarci
Questa teoria ha tre assunti paradigmatici che raramente vengono messi in discussione. Per ragioni di spazio, semplifico molto. Le decisioni di viaggio sono sempre ad alto coinvolgimento emotivo e mentale; negli ultimi anni per supportare questo paradigma si porta in evidenza il significativo volume di ore che passiamo su internet per informarci su dove andare in vacanza. Il secondo assunto è che il nostro atteggiamento verso un luogo, cioè il modo positivo o negativo in cui vediamo una destinazione è un buon indicatore del nostro comportamento; in sintesi, andiamo in vacanza solo in luoghi che ci piacciono. Il terzo assunto è che il mercato è pieno di nicchie; ci sono fasce di consumatori/turisti che hanno particolari esigenze ed è a quelli che bisogna puntare. Ma  è veramente è così? La realtà, come ho già detto, è molto più sfaccettata. Una mitragliata di dati per capire.
  • Ho già scritto di recente che la teoria del turista “razionale” e molto informato vale fino ad un certo punto. Aggiungo qualche altro dato. Il 40% dei viaggi di vacanza dei turisti europei sono fatti per andare a visitare parenti e amici. Questa è la motivazione prevalente per la quale si fa il week-end nel proprio paese, che è la tipologia di viaggio di gran lunga più diffusa (qui i dati).
  • I turisti sono prevalentemente dei “light buyers”; cioè sono in pochi quelli esperti che fanno tanti viaggi all’ anno (qui i dati).
  • Maggiore è il rischio associato al viaggio (si spende di più, si va lontano, si sta di più), maggiore è il ricorso a forme di intermediazione e semplificazione (qui i dati).
  • In molti mercati, la vacanza principale (e spesso unica) è decisa con la formula di una nota canzone: per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare. In Italia si stima che i turisti che decidono così siano tra il 40% (SWG-Confesercenti, 2014) e il 60% (Trademark, 2012). Per Trivago, il ritornello vale anche nell’estate 2016. Anche inglesi e francesi  sono nostalgici. Per alcuni si chiama fedeltà, per altri pigrizia e voglia di semplificarsi la vita. Per altri ancora, la fedeltà è una strategia per semplificarsi la vita.
  • La Spagna non compare mai tra i primi 10 paesi dei ranking di Futurebrand e del Reputation Institute (che misurano la brand attitude, cioè il modo positivo/negativo in cui vediamo l’immagine turistica di un paese), ma è il paese con più pernottamenti internazionali in Europa ed è diventato probabilmente il paese più visitato del mondo (la Francia da decenni al primo posto nel 2016 sconta l’effetto terrorismo e nel valutare il numero di visitatori della Francia bisogna sempre fare la tara su un 15-20% di persone che si fermano per una notte in aeroporto (CDG) o di passaggio per attraversare il paese).
  • Da 20 anni ai microfoni  degli intervistatori diciamo che vogliamo viaggiare in modo sostenibile, ma poi rimandiamo al prossimo viaggio.
  • Puglia, Toscana, Sicilia e Sardegna sono le regioni più desiderate dagli italiani in estate, ma poi nella classifica delle regioni più visitate troviamo Emilia-Romagna, Veneto e Lazio (qui i dati).
  • Per la maggior parte delle regioni italiane, il mercato di riferimento è quello delle regioni limitrofe (qui i dati).
  • Anche nel turismo sembra esserci la cosiddetta Duplication of Purchase Law; ogni paese-destinazione ha in comune con altri paesi-concorrenti un certo numero di turisti in ragione delle rispettive quote di mercato. Per quanto popolare possa essere lo slogan Noi vogliamo in Italia il turista (pardon viaggiatore) colto, è molto probabile che sui mercati europei abbiamo molti turisti in comune con la Spagna e la Francia, un po meno con UK e Germania, qualcuno in meno con altri paesi del mediterraneo.

Ritengo che ci siano sufficienti argomenti per affermare che in qualche occasione (in tante per la verità), i processi mentali di acquisto di un viaggio non sono poi così diversi da quelli per usati per i beni di largo consumo. Non visitiamo spesso i paesi che sogniamo. Non siamo così schizzinosi e un buon prezzo cambia la graduatoria delle preferenze. E, soprattutto, molte volte scegliamo con l’obiettivo di semplificarci la vita. Come scrivono Laesser e Dolnicar in  What Drives Potential Impulse Purchasing in Tourism (2012), il modo in cui si sceglie il luogo di vacanza dipende molto dal contesto (con chi si viaggia, quando, giorni disponibili, motivi contingenti) e poco dai desideri. Infine, la geografia conta, eccome se conta. Insomma, sto dicendo che è utile avere una visione più ampia e prosaica sui processi di scelta della destinazione rispetto al pensiero dominante.

Se siete arrivati a leggere fin qui, vi chiedo di fare una pausa e, dopo che vi siete riposati, leggere questo post dove spiego la teoria della memoria associativa. Bene, se avete letto, avrete capito che le situazioni e i contesti in cui si prendono le decisioni sono fondamentali. C’è una scuola di pensiero che ritiene la più importante qualità di un brand è essere una “scorciatoia” per considerare un prodotto/servizio che serve a soddisfare un bisogno in una data situazione. Le opzioni di acquisto (consideration set) che si considerano sono molto limitate (a volte 1 o 2), variano e dipendono dal contesto. In termini più concreti, la probabilità di essere scelti come luogo di vacanza dipende da quella di essere nel consideration set. Il punto cruciale è che non esisterebbe solo un consideration set, ma diversi consideration set. Se voglio andare in vacanza per un fine settimana con mia moglie, state tranquilli che ho priorità (e opzioni) diverse da quelle che ho quando vado per 2 settimane con tutta la truppa. In pratica, l’obiettivo di marketing in questo quadro non è avere una USP, ma tante quante sono i possibili consideration set dove si vuole competere. In termini ancora più concreti, posizionare l’Italia come destinazione  unica al mondo per i suoi borghi e le sue città culturali va bene, ma lasciamo il lato scoperto su tanti altri fronti, comprese le 3S che sono ancora il motivo della maggior parte delle vacanze. In questo schema, la forza di un brand (destinazione) dipende da quante volte n viene evocata, date N situazioni di acquisto. Va da se, che in questa partita non vince chi è unico e chi è più amato, ma chi ha un’offerta più varia, chi viene in mente in tante e diverse situazioni, chi è più raggiungibile, chi è più distribuito. In sintesi, c’è ragione di credere che ci sono situazioni in cui le strategie e le tattiche del marketing di massa sono da preferire alle sofisticate tecniche di moda oggi.

And so what? Quali sono le implicazioni per una tradizionale DMO?

Nei mercati tradizionali come quello locale o per regioni come la Toscana, mercati esteri come la Germania, cioè nei mercati in cui la destinazione ha una presenza consolidata è utile valutare la possibilità che l’ obiettivo strategico di marketing sia rafforzare la brand salience. Se la vostra destinazione ha più prodotti (nel senso più punti di interesse, diverse attività da fare), abbandonate la strada del “core value” e dalla “USP” e cercate di associare la vostra destinazione a diversi attributi. Per favore, non partite dai cluster di offerta tipo arte, cultura, enogastronomia, ecc. Piuttosto, cominciate a fare quello che le OTA hanno sempre fatto on line e che ora stanno cominciando a fare off-line: studiate i comportamenti dei turisti sul campo. Utilizzate le tecniche dei supermercati: disegnate gli itinerari che i turisti fanno, cosa visitano, dove spendono più tempo e più soldi. Si possono scoprire tante cose, soprattutto che i confini della vostra destinazione sono molto diversi da quelli amministrativi e disegnati dalla DMO (come hanno scoperto il prof. Asero e i suoi colleghi nel caso della Sicilia).

Auguri di buon Natale a tutti!

Immagine MaxPixel (1)

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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