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“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”.

Così commenta Amleto, e in effetti di cose ce ne sono davvero tante, e molte di queste neanche così visibili, ma solo immaginabili.

L’universo conosciuto è davvero ancora molto misterioso. Quel che vediamo: stelle, galassie e gli altri oggetti che i nostri strumenti sono stati capaci di rivelare finora, non formano che una parte abbastanza piccola di quanto ci dovrebbe essere. La materia visibile, infatti, secondo le stime più recenti ammonta a circa il 5% della massa dell’universo, il resto viene diviso in materia oscura (25%) ed energia oscura (70%).

Gli aggettivi “oscura” stanno a dire che sappiamo che qualcosa dovrebbe esserci, ma non sappiamo cosa sia e, soprattutto, non siamo ancora riusciti ad averne prove certe (non c’è neanche accordo sulle proporzioni di queste componenti). Intuiamo la loro esistenza solo perché, se le leggi fisiche sono valide dovunque, allora questi elementi ci servono per far tornare i conti. Infatti, senza supporre l’esistenza di materia oscura, le galassie non starebbero insieme perché le forze gravitazionali attribuibili alla materia visibile non sono sufficienti a spiegare come mai si formino e resistano. E senza l’ancor più misteriosa energia oscura non si spiegherebbe l’espansione dell’universo e il modello standard che conosciamo (quello che nasce col Big Bang, per intenderci) non avrebbe senso. In entrambi i casi si tratta si ipotesi, ma necessarie per spiegare le evidenze sperimentali che sono state raccolte finora (come al solito Wikipedia dà un paio di bei riassunti: https://it.wikipedia.org/wiki/Materia_oscura e https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_oscura).

La foto sopra (NASA – Hubble Telescope) è un’immagine a falsi colori del cluster di galassie Abell 520. La materia oscura può essere intuita dal suo effetto gravitazionale sulla luce. La miscela blue e verde al centro del cluster sarebbe dovuta a gas molto caldi rilasciati dopo una collisione fra galassie.

E se vi capita di passare da Milano, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci ha una interessante esposizione permanente dedicata al mondo delle particelle elementari, Extreme (http://www.museoscienza.org/extreme/) con una bella installazione interattiva sulla materia oscura realizzata da Streamcolors.

Ma, anche se la versione cosmologica è la più famosa, molte altre sono le cose “oscure” o mancanti o non visibili delle quali però sentiamo bene gli effetti: neuroni silenziosi, algoritmi genetici e di intelligenza artificiale, fossili mancanti e così via (una bella rassegna in un numero di Nautilus: http://nautil.us/issue/27/dark-matter/dark-matter).

Anche il mondo del turismo ha la sua materia oscura. Mentre stiamo a discutere su arrivi e presenze e su qualche punto percentuale in più o in meno (http://www.wired.it/economia/business/2016/10/26/milano-roma-turisti/, http://www.officinaturistica.com/2016/10/roma-milano-conti-turisti/), ci rendiamo poco conto del fatto che una gran massa “oscura” frequenta le nostre destinazioni. E’ formata da quelli che Skift qualche anno fa definiva come silent traveler (https://skift.com/2014/01/22/skift-global-trend-for-2014-rise-of-the-silent-traveler/) e che oggi chiama supertraveler [https://skift.com/supertraveler-manifesto/). Frequentatori di quel mondo definito come para-hotellerie. Un bel 30% forse anche 40%, in ogni caso un numero non indifferente e che potrebbe cambiare molto le nostre idee su politiche, piani strategici e organizzazione. Parte non indifferente ma dagli effetti visibili, se non altro perché, per il fatto di essere così attivi nel mondo digitale, i silent contribuiscono non poco alla reputazione e all’immagine dei luoghi che visitano.

I Big Data, il mantra di questi ultimi tempi, potrebbero esser molto utili a misurare e capire meglio. Ne abbiamo già parlato quasi due anni fa (http://www.officinaturistica.com/2014/12/dati-dati-e-ancora-dati/). Ma da allora, a parte le tante dichiarazioni, presentazioni e discussioni, ben poco è stato fatto. Si predilige spesso mostrare l’aspetto spettacolare e più vistoso, sicuramente di grande fascinazione, ma ci si dimentica che al di là di questi, manca un approccio rigoroso e razionale su come poter usare questa gran massa di tracce digitali per dare informazioni più attendibili e sensate a chi ne deve far uso. E questo si fa solo costruendo una bel modello teorico (di quelle “teorie” che tanto sono antipatiche ai più) nel quale i vari elementi disponibili (big e small data, nuovi e vecchi dati) trovino posto in maniera armonica.

Speriamo che aver “ripescato” questo argomento, insieme ad altri, nelle discussioni di Ecosistemi Digitali sul piano strategico del turismo italiano, porti finalmente ad azioni concrete. Se no, rischiamo di restare come l’uomo platonico che, incatenato nella caverna, pensa che le ombre proiettate sul muro siano il mondo reale.

Immagine Wikimedia (1)

Rodolfo Baggio

Rodolfo Baggio ha una laurea in Fisica e un PhD in Tourism Management. Dopo aver lavorato per più di vent’anni come informatico in alcune note “aziende leader del settore”, da una decina d’anni si è dedicato all’insegnamento universitario, in Italia e all’estero, e alla ricerca sui sistemi turistici complessi e sulle loro relazioni con le tecnologie informatiche. Ha pubblicato una mezza dozzina di libri e un centinaio di articoli per conferenze e riviste scientifiche internazionali.

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Rodolfo Baggio

Rodolfo Baggio ha una laurea in Fisica e un PhD in Tourism Management. Dopo aver lavorato per più di vent’anni come informatico in alcune note “aziende leader del settore”, da una decina d’anni si è dedicato all’insegnamento universitario, in Italia e all’estero, e alla ricerca sui sistemi turistici complessi e sulle loro relazioni con le tecnologie informatiche. Ha pubblicato una mezza dozzina di libri e un centinaio di articoli per conferenze e riviste scientifiche internazionali.

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