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Italia.it riparte, speriamo bene!

Dunque pare che ancora una volta, e spero vivamente che sia quella buona, il portale Italia.it sarà rivisitato.

C’è chi sostiene che sia disponibile una dotazione di 13 milioni di euro, che poi sarebbero anche pochi se la piattaforma, dopo la ristrutturazione, fosse in grado di produrre traffico, interesse, conversioni. No non intendo dare a Italia.it l’onere della commercializzazione ma almeno quello di facilitare la distribuzione sì.

Facciamocene una ragione. Italia.it non potrà avere l’utopica mission di arrivare a tutti i tipi di viaggiatore o turista che dir si voglia. Molti turisti continueranno ad informarsi e a comprare i loro viaggi offline e su altri siti. Italia.it dovrà per prima cosa essere protetta dalle esigenze politiche assicurandosi innanzi tutto una razionalità economica.

E allora come potrebbe essere l’Italia.it che piace a me? Facciamo un passo alla volta.

L’Italia è ancora uno dei paesi più desiderati per il viaggio della vita, quasi in tutto il mondo. Ché poi non è così carino che l’Italia resti un sogno. Se resta un sogno per troppo tempo significa che non siamo riusciti a venderla. Ecco, il primo passo potrebbe essere quello verso una piattaforma che, pur non facendo commercializzazione, consenta di ottenere, a chi deve vendere (albergatori, commercianti, tour operator), una maggiore visibilità, più organica, meglio organizzata.

No, non vorrei un aggregatore ma preferirei un facilitatore, forse potrebbe essere un’idea di DMS (destination management system)? Chiamatelo come vi pare!

Costa has partnered with such well-known Italian brands as Illy Coffee, Barilla Pasta, Ferrari sparkling wines and Nutella among others. From sun up to sundown, passengers can immerse themselves in Italian cuisine regardless of whether it’s a much-needed mid-morning coffee break or a delightful pasta dinner with the perfect wine as an accompaniment.

Secondo passo. Tutte le OTA si stanno accorgendo (si fa per dire) che fatto 100 il valore totale del viaggio, oltre il 50% della spesa è destinato alle escursioni (quelli fighi qua scriverebbero le experience) e al cibo (ristoranti, visite nelle cantine), i corsi di cucina che gli stranieri frequentano per diventare nostri ambasciatori, addirittura i prodotti alimentari stanno diventando il nuovo souvenir, rubando il posto alle gondole di plastica alle torri di Pisa in alabastro, ai colossei in simil marmo.

Addirittura per gli inglesi pare sia italiana la birra più elegante. E poi vuoi mettere, una bottiglia di Morellino, Brunello, Sagrantino, Barbera! Non a caso Tripadvisor investe in Viator e in un sacco di piattaforme che consentono di prenotare i tavoli al ristorante. La centralità del cibo è un denominatore comune per la platea dei turisti, e il cibo influenza molto le scelte di viaggio, anche secondo uno studio di Skift.

Terzo passo. Il lusso, lo shopping, il made in Italy o, meglio ancora il lifestyle italiano, tutte questioni aperte che non riusciamo a mettere insieme all’offerta turistica, eppure l’Italia con la sua arte, con la sua qualità, con la sua moda e con il suo cibo rappresenta qualcosa di insuperabile (sì, qua si potrebbe dire “la sua unicità”). Insomma, Shopping e Turismo sono un’occasione da non perdere, anzi da far marciare mano nella mano.

Secondo me Italia.it, per diventare un facilitatore di business, non deve fare la guerra a nessuno, bensì dovrebbe allearsi con le più potenti piattaforme di e-commerce e farle funzionare assieme. Un esempio? Mentre cerco informazioni sull’Umbria potrebbe apparirmi chi vende le camere a Montefalco con sotto una lista di prodotti umbri: il Sagrantino per esempio. Mentre cerco una camera a Milano mi appariranno, non solo le offerte alberghiere, ma sarà possibile prenotare il Museo del ‘900, uno spettacolo teatrale e “costruirmi” online una camicia su misura che troverò in camera al mio arrivo in albergo.

Se fosse necessario potremmo, con questa dotazione milionaria, “pagare” un marchingegno che nel sito Italia.it faccia dialogare tra loro, per esempio una OTA, Amazon, Eataly, il sito che consente di farsi le camicie su misura e l’e-commerce di una casa vinicola. Ecco questo potrebbe essere l’unico tavolo di concertazione, l’unica cabina di regia, l’unico “fare sistema” che potremmo ancora tollerare. In tutto questo potremmo sfruttare l’esperienza di Diego Piacentini che, mi accorgo mentre scrivo il post, in tutta questa storia ci starebbe come il cacio sui maccheroni.

Ma come, vorresti far usare a una OTA o a Amazon il sito dell’Italia? Non solo glielo farei usare ma glielo farei anche pagare. Ogni vendita un fiorino, ogni vendita una percentuale all’italica piattaforma, ogni vendita una quota che potrebbe rifinanziare il sito, farlo diventare autosufficiente, dargli una vita e finalmente un senso di proposta integrale del nostro paese. Che finalmente si esca dal nanismo, dal piccolo è bello. Vedo Italia.it come un supermarket dell’Italia online, meglio ancora un centro commerciale che mette a disposizione dei venditori, con tutta la potenza di fuoco delle imprese italiane e dei grandi distributori internazionali, spazi e visibilità.

Purtroppo non sono riuscito a ritrovare un vecchio articolo de il Sole 24 – perdonate quindi se non ho riferimenti precisi – che mi colpì molto in un particolare passaggio nel quale, se non ricordo male, si sosteneva che l’Italia esportava molto, non perché vi era una buona creazione e produzione artigiana, ma perché anche lavorando grandi quantità a livello industriale riusciva in ogni singolo pezzo di prodotto a garantire una qualità artigianale.

E allora smettiamola di ragionare a basso volume, di sognare le piccole cose. Desidero Italia.it potente e grande, un luogo (sito, landing page, in tutte le lingue più strane) dove si trovino le opportunità per mettere in contatto chi vuole comprare e chi vuole vendere, tutto ma proprio tutto quello che in Italia si produce. Se Branson vende il viaggio nello spazio su internet a 250 mila dollari, perché Italia.it non può mettere la Ferrari in condizione di vendere un suo modello online sul suo portale?

Sì sogno un austriaco che cercando una camera a Reggio Emilia ordina una forma di Parmigiano Reggiano e se lo fa arrivare a casa sua a Vienna, e se glielo porta Bezos con Amazon a me non me ne frega niente, l’importante è vendere o far vendere, poi sul resto ci possiamo sempre mettere d’accordo.

Molto probabilmente questa idea sarà più interessante per i mercati long-haul e, o più in generale per i light buyers dell’Italia, quelli che sognano il viaggio della vita… per il resto come ho detto all’inizio, facciamocene una ragione.

Buona fortuna Italia.it

PS: mi pare di aver letto che qualcuno caldeggia l’utilizzo dei contenuti di verybello in Italia.it. Ammesso che quelli di verybello possano essere considerati contenuti la questione mi fa ricordare una chiosa fantozziana che non ritengo sia opportuno scrivere, per questo mi limito a segnalarla qua.

Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

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Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

6 Comments

  • frap1964 ha detto:

    Magari prima di produrre idee “di grandezza” sulla base di un presunto budget milionario sarebbe il caso di leggere con un minimo più di attenzione l’articolo su Wired di Albero Crepaldi citato e linkato da TTG, scoprendo così che, per quanto ha potuto vedere il giornalista sui piani dell’ENIT presentati al MIBACT, risulterebbero:
    90mila euro x la sola progettazione del portale
    1,5 milioni di euro x lo sviluppo
    115mila euro x tradurre 800 cartelle (sic!) relative ai contenuti del portale in cinese, arabo, giapponese, portoghese, coreano.
    2 milioni di euro x 100 cartelle (sic! sic!) da ottimizzare via SEO per Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca, India.
    cit. “Solo per il nuovo sito, insomma, Enit conta di sborsare poco meno di 4 milioni di euro.”
    Che sarebbero quindi meno di un terzo del presunto budget da 13 milioni.
    Chi conosce un minimo la storia del portale italia.it sa perfettamente che quella di fare del sito il centro globale mondiale di tutta l’Italia intera era pure il sogno (o mania) di grandezza di Lucio Stanca e compagnia bella, a suon di originali 140 milioni di euro, oltre 10 volte tanto i presunti 13 che probabilmente saranno in realtà meno di 4.
    Il vero problema è che, ad oggi, non c’è un vero progetto credibile su questo, a parte vaghe idee buttate lì nelle interviste.
    Tanto è vero che la neo direttrice del marketing digitale di ENIT, ben nota, credo, in questa officina, invitata privatamente e pubblicamente a rendere noti i progetti si è rapidamente eclissata con la stessa velocità con la quale ha più volte affermato nei convegni riminesi e fiorentini di voler risolvere le varie questioni, quella del portale in primis.
    A distanza di mesi non è stata ancora in grado nemmeno di pubblicare i suoi contatti sul sito della “nuova” ENIT, dove peraltro nemmeno riescono a gestire una casella di posta PEC in modo credibile in occasione di pubblici bandi di assunzione.
    Figuriamoci quindi a gestire un progetto digitale tecnicamente complesso.
    Le capacità sin qui dimostrate, pur tra oggettive difficoltà “burocratiche”, sono piuttosto in linea con le politiche di trasparenza del nuovo ente.
    Non particolarmente esaltanti, come noto.
    Circa la promo-commercializzazione, poi, ci sarebbe un preciso mandato ad opera di una legge dello Stato (vedi conversione decreto Art Bonus) cui il direttore esecutivo dell’ente ha bellamente stabilito di non voler dare seguito, con pieno appoggio, per dichiarazioni fatte, della tre volte brava prof.-savones-Digital-Strategist-nazional-popolare.
    Senza peraltro voler fornire, ad oggi, alcun serio e giustificato motivo.
    Ma rimaniamo in fiduciosa attesa che il 2017 sia l’anno della “svolta”.

    • Robi Veltroni ha detto:

      Gentile Frap1964,
      devo essere onesto, ho avuto più di un dubbio se pubblicare il suo commento. Li ho avuti perché secondo alcune interpretazioni, in qualità di titolare del sito, sarei responsabile in solido di quel che lei scrive nel commento. Essere responsabili per quel che scrive una persona anonima mi fa girare un po’ le scatole, ma questo è il web. La ritengo però assai preparato sulla materia di cui tratta questo post e quindi, diciamo così, mi prendo un rischio, male che vada qualcuno chiederà di cancellarlo.
      A questo punto mi corre l’obbligo di precisare che:
      – quanto scritto è quello che piacerebbe a me, se qualcuno l’ha già detto o l’ha già immaginato poco mi importa. Se invece qualcuno l’ha fatto mi faccia avere metriche e vediamo se ha funzionato o meno, se qualcuno ha sperperato pubbliche risorse non è cosa buona ma ciò non toglie che io possa scrivere il mio pensiero, tanto più che sognare è gratis;
      – se con “Magari prima di produrre idee “di grandezza” sulla base di un presunto budget milionario sarebbe il caso di” si riferisce a me, potrei sostenere che la parte di budget relativo alle altre operazioni comunicative comunque potrebbe essere propedeutica a creare traffico al sito (cose che per esempio fanno regolarmente Zalando, Trivago, Expedia e altri). Invece le rispondo che prima di scrivere io tendo a fare quello che mi pare, anzi tendo a farlo molto spesso quello che mi pare;
      – sul resto dei numeri che elenca con tanta padronanza tendo a fidarmi avendo l’intima convinzione che lei sia molto dentro alla questione, ma questa è una mia ipotesi che lascia il tempo che trova;
      – complimenti anche per la frase “la neo direttrice del marketing digitale di ENIT, ben nota, credo, in questa officina” è un tocco di classe mi complimento, hanno dato – la frase e il link al servizio del suo blog – una significativa svolta al suo commento aumentandone la rilevanza e la pertinenza tecnico scientifica proprio riguardo a quelli che dovrebbero essere i contenuti e il ruolo del portale, che erano i temi del post.
      Grazie ancora per il suo commento, se volesse fornire a “questa officina” un post sul come immaginerebbe lei il sito in questione lo pubblicheremo molto volentieri.

      • frap1964 ha detto:

        Gentile Robi,
        mi scuso anzitutto con Lei e con Alberto Crepaldi cui il mio tablet ha indebitamente tolto una T, facendolo diventare involontario generatore di un virtuale #foliageinitaly.
        Circa le Sue preoccupazioni La voglio subito tranquillizzare manlevandola da ogni responsabilità per quanto riportato più sopra e che, con maggiori dettagli, ho più volte scritto sul mio magico blog.
        Può verificare. Troverà anche nome e cognome, eh.
        Purtroppo Lei è caduto, con tutte le “scarpette”, mi consenta, nella classica provocazione 2.0 di un commento dal tono “volutamente” polemico. 🙂
        Capita anche ai migliori, si tranquillizzi.
        La Sua officina offre talvolta spunti interessanti, come quelli ben scritti e documentati del post precedente, poi talvolta leggermente tracolla, come in questo caso, ma, sia chiaro, va benissimo così.
        D’altra parte “i sogni son desideri di felicita’, nel sogno non hai pensieri esprimi con sincerita’…”.
        Quel che io penso che il “portalone” dovrebbe diventare lo scrissi già in poche righe +/- 5 anni fa commentando, caso vuole, un’intervista della neo-Cenerentola di ENIT, quando ancora scriveva sui blog e non era stata invitata al “gran ballo” romano.
        Nella sostanza l’idea originale non è che sia molto cambiata da allora.
        Il punto è che i principi azzurri del web esistono solo nelle favole, con tutta la stima che si possa avere per i manager piacentin-milanes-liguri, che forse ad “accordarsi” con Amazon qualche “leggerissimo” conflitto d’interessi potrebbero finire pure per avercelo.
        Ma per Lei, forse, sono dettagli, lo so.
        Comunque la Sua officina mi piace, ogni tanto la frequento, mi pare anche esteticamente “pulita”.
        Manca forse di un pochino più di ironia, ma in fondo non è poi così grave.
        Se nel frattempo ci dovesse ritrovare, così per caso, una scarpetta dal colore cristallino, si precipiti rapido a Roma, in via Marghera 2.
        I sogni, talvolta, si avverano: basta crederci a sufficienza.
        E buona fortuna!

        • Robi Veltroni ha detto:

          Suvvia, prenderò la parte del conflitto d’interesse come ironia mal riuscita. Che poi c’è da stare attenti ché sogni e favole son due cose diverse, alle seconde ho creduto sempre poco. In Via Marghera ci capitai una volta, abbastanza per caso… mi bastò, grazie.

  • luciano ardoino ha detto:

    🙂

    P. S.: Quando le cose si sanno, si sanno.
    Mentre se non si sanno non le si dovrebbe scrivere

    • Robi Veltroni ha detto:

      Caro Luciano, è un sollievo saperla in perfetta forma. 🙂
      Continuerò a sognare e a scrivere quel che mi pare, se ne faccia una ragione!

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