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Investire negli enti del turismo è vantaggioso?

Segnatevi questi dati. Nel 2016 la spesa dei turisti internazionali in Italia dovrebbe attestarsi intorno ai 34,5 miliardi di Euro, mentre in Spagna sui 55 miliardi e in Francia sui 43 miliardi. In altre parole, lo spread tra Spagna Italia sul mercato turistico internazionale è di circa 20 miliardi di EUR. Forse un po’ meno, visto che questi dati tendono a sottostimare il contributo della spesa per shopping dei turisti provenienti dai paesi extra-UE dove l’Italia, secondo i dati di Global Blue e Premiere (intermediari del tax-free shopping), fattura il doppio della Spagna. E’ anche vero che quest’anno, la spesa tax-free shopping è calata in tutta Europa, ad eccezione della Spagna. Inoltre, nel confronto è opportuno considerare che tra l’80% e l’85% della spesa dei turisti in Spagna è generata da coloro che visitano il paese per motivi leisure (sono esclusi quindi il segmento business e chi visita parenti e amici), mentre in Italia il dato si attesta tra il 73% e il 75%.  Insomma, il distacco dai cugini spagnoli è davvero notevole. Se l’obiettivo del Piano Strategico del Turismo approvato dal Governo Italiano è rilanciare su basi nuove la leadership dell’Italia sul mercato turistico internazionale, capire l’impatto degli strumenti e delle politiche messe in campo diventa fondamentale per raggiungere tale obiettivo. In questo post, vorrei argomentare che l’ENIT, come tutti gli enti di promozione turistica,  è uno strumento utile, soprattutto in alcuni mercati, ma marginale.

Gli enti del turismo sono da sempre sottoposti a critiche circa la loro utilità, in tutto il mondo. La crisi fiscale di molti paesi sviluppati ha esacerbato queste critiche (per vari motivi, tra cui il salvataggio del sistema finanziario, la maggior parte dei paesi OCSE ha un debito superiore all’80% del PIL) . In un periodo storico caratterizzato da elevata tassazione, richieste di interventi sociali e debiti elevati, la revisione della spesa pubblica può essere ritardata o sospesa da politiche monetarie accomandanti, ma non per sempre. In questo contesto, anche per enti del turismo che gli osservatori considerano “best practice”, giustificare la loro esistenza è molto difficile. Chi ha tempo può leggersi gli atti del Senato statunitense per capire le difficoltà di Brand USA, le continue inchieste parlamentari a cui è sottoposta Tourism Australia, i dibattiti all’Assemblea Federale per SvizzeraTurismo. Per chi lavora nel mondo corporate non è una novità: la relazione tra il dipartimento finanziario e quello di marketing non è mai stata idilliaca e la parola marketing è spesso associata a spreco, soprattutto quando si parla di promozione e comunicazione. Capite bene che se  è considerata spreco (spesso a torto) la promozione di prodotti e servizi di cui si controllano processi produttivi, distributivi e il prezzo, come dovrebbe considerasi  la promozione di servizi di cui non si controlla nulla?

L’aspetto positivo di tutto questo fermento è che finalmente si cominciano ad effettuare studi per valutare l’impatto delle attività degli enti del turismo. Negli ultimi anni, questi studi si stanno affinando e, benché non ci siano certezze, ci sono alcune indicazioni interessanti da trarre. Prima di elencarle, permettimi due premesse.

  • Non ci sono studi e dati affidabili e comparabili su come gli enti del turismo spedendo i loro soldi. Nei rapporti che ho consultato (US, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Austria, Canada) ho notato l’attenzione a contenere le spese di funzionamento (massimo al 30% del budget totale) che includono anche gli stipendi dei manager delle attività  operative e la concentrazione sulle spese di promozione. Tuttavia non é semplice distinguere quanto delle spese per il website con forte orientamento informativo é promozione, quanto é per informazione. Allo stesso tempo, quante delle attività  trade sono da considerarsi promozione, quante sono imputabili al supporto della distribuzione?
  • Ad oggi, nonostante il ricorso a tecniche molto sofisticate, come l’analisi multivariata, non è sempre facile valutare fino a che punto la crescita sui mercati internazionali sia ascrivibile  agli sforzi degli enti del turismo nazionali, quanto a quelli regionali e quanto ad altri fattori (tasso di cambio, marketing dei privati, ecc.)

Detto questo, ci sono alcune indicazioni sulle quali gli studi tendono a convergere. La prima è che gli enti del turismo hanno una utilità. Mauro Santinato, in una conversazione con me a BTO2016 sull’italico turismo, ha detto che l’unico modo per valutare questa tipologia di enti è sospenderne le attività per un periodo e vedere cosa succede. Un esempio del genere, molto citato in letteratura, è lo Stato del Colorado dove tra il 1993 e il 1997 è stato di fatto chiuso l’ente per il turismo. Quali le conseguenze? In un periodo in cui i viaggi leisure sono diminuiti del 4% su tutto il territorio US, il Colorado ha perso l’8,4%, mentre gli Stati concorrenti hanno perso circa il 5%. Nello stesso periodo il Colorado ha perso il primato di destinazione più popolare del turismo estivo. Il caso Colorado è stato oggetto di molti dibattiti e studi la cui sintesi è che si può discutere sulla magnitudo delle conseguenze, ma è indiscutibile che il taglio di finanziamenti abbia avuto ripercussioni negative.

Chiarito che gli enti per il turismo possono avere una  loro utilità, la prossima domanda è se sia possibile quantificarla. Prima di arrivare ai numeri, due note. La  prima  è che il rendimento marginale degli investimenti in marketing  è decrescente; in altre parole se (ad esempio) oggi per ogni euro investimento in marketing ottengo tre di spesa turistica, domani per ogni euro aggiuntivo non otterrò tre, ma 2,5, poi 2,3 poi 1,8, ecc. (numeri tutti di fantasia per fare esempi).   La seconda, è che il ritorno maggiore tende a manifestarsi nei mercati emergenti long-haul. Questo è comprensibile visto che nei mercati emergenti i tassi di penetrazione sono molto bassi (ci sono molti turisti potenziali che devono visitare altri paesi), tende a viaggiare chi ha più soldi (spende di più a destinazione) e a soggiornare periodi più lunghi.

Ora veniamo ai numeri. L’Università di San Gallo ha stimato che tra il 2009 e il 2012 le spese dirette per la promozione di Svizzera Turismo hanno attivato per ogni franco investito dai 14 franchi per i mercati maturi e più vicini fino ai 27 per quelli più lontani. Webber Quantitative Consulting (2014) stima che tra il 2010 e il 2014 per ogni dollaro australiano investito, la spesa turistica internazionale in Australia sia aumentata dai 22 ai 30 dollari. Se aumentasse la spesa, il rendimento scenderebbe ad una forbice compresa tra 13 e 16 dollari australiani. Oxford Economics stima che nel 2013-2014 gli sforzi di Brand USA hanno prodotto 15 dollari per ogni dollaro investito nei mercati maturi, fino a 50 per dollaro nei mercati long-haul emergenti. Ci sono tanti altri studi sugli impatti delle spese di marking turistico di enti turistici nazionali, tuttavia quelli che ho citato hanno il pregio di fornire una spiegazione metodologica (non sempre convincente) sul come hanno stimato la relazione causa-effetto tra spese di marketing e spese dei turisti stranieri nel paese di destinazione.

Sulla scorta di questi numeri ipotizziamo (con molta fantasia) che l’ENIT abbia avuto fino ad oggi efficienza 0 e che la spesa per i prossimi anni possa raggiungere picchi di efficienza che collochiamo in un forbice tra 15 e 30 euro di spesa di turisti stranieri per ogni euro investito in marketing. Poiché sappiano che il budget operativo per i prossimi anni dell’ENIT è di circa 20 milioni all’anno, viene fuori che anche nel più roseo degli scenari l’incremento di spesa turistica potrebbe attestarsi intorno a 600 milioni di EUR. E non é detto che basta aumentare il budget, vista la legge dei ritorni decrescenti.

La morale è semplice. Far funzionare meglio ENIT è importante. Creare ponti e reti con gli enti di promozione regionali e con l’istituto del Commercio estero è cosa buona e giusta, dovere e fonte di risparmi e sinergie. Ma per recuperare il gap con la Spagna e ritrovare la leadership ci vuole ben altro.

PS: Una nota per i lettori economisti. Il Parlamento di Sua Maestà  e quello australiano hanno chiesto un’analisi costi benefici per le spese in marketing turistico dei governi, al fine di considerare anche i costi opportunità (il costo di non investire in soldi pubblici in altri progetti e aree) e il displacement effect (i turisti che sono venuti nell’anno in cui é stato effettuata l’indagine sarebbero comunque venuti anche l’anno dopo e senza essere spinti dal marketing). Uno studio australiano stima in 6 (spesa degli stranieri) a 1 (spesa del governo) il rapporto benefici-costi. Molto alto, considerato che quello di molte infrastrutture  è tra 2:1 e 4:1.

Studi consultati (tra gli altri)
Dwyer, Pham, Forsyth and Spurr (2014) Destination Marketing of Australia: Return on Investment
Webber Quantitative Consulting (2014) Estimates of the Return on Marketing Investment for Australian Inbound Tourism
Schweiz Tourismus (Christian Huser, Urs Eberhard), Resultate und Wirkung der touristischen Impulsprogramme 2009, 2011, 2012
Productivity Commission research paper: Australia’s international tourism industry, Submission by Tourism Australia 28 November 2014
Oxford Economics, The Return on Investment of Brand USA Marketing 2014 Fiscal Year Analysis

Immagine Pixabay (1)

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

8 Comments

  • michela ha detto:

    Nella situazione attuale, con le Regioni che curano il proprio turismo, è corretto guardare anche loro. Esistono e si applicano da anni criteri di monitoraggio e di verifica dei risultati, che vengono utilizzati per impostare e migliorare le azioni e le performance, in genere anno per anno e su base di riferimento triennale. Il fatto che questa attività, più che necessaria (ma diciamo la verità guardata con sospetto) non sia diffusa in tutto il territorio nazionale è un grande errore, ma, ne sono certa, coloro che lo fanno ne traggono un grande beneficio, Trentino ed Emilia Romagna in primis.
    Grazie

    • Antonio Pezzano ha detto:

      Grazie del commento. Osservazione molto pertinente. Come ho scritto brevemente una delle difficoltà delle analisi dell’impatto degli enti turistici nazionali è distinguere a chi sono attribuibili i risultati. Le metodologie – sebbene imperfette – esistono. Aggiungo che sono necessarie anche in termini di strategia, nel senso che la strategia per attuare ogni singola azione non è tale se non sono chiari i risultati attesi e il modo per verificarli.

  • Michele Falco ha detto:

    Analisi molto interessante. Chiudere Enit per un periodo di tempo, considerato tutte le azioni svolte fino ad adesso per rimetterla in piedi, non penso sia una proposta fattibile, anzi.(capisco la provocazione, ma per me a tutto c’è un limite).
    Detto ciò penso che gli enti pubblici nel turismo siano utili solo se esistono 3 presupposti: risorse economiche (senza soldi non si va da nessuna parte), competenze (assumere persone competenti e non trombati politici o figli di qualcuno), Piano/Strategia chiara, condivisa con le regioni e obiettivi SMART.
    Siamo nel 2017 ed Enit deve ancora espletare le procedure per il reclutamento di 21 posizioni operative da inserire nell’organigramma, quando in Spagna alla Fitur si parla di event, progetti e iniziative. Vedremo cosa accadrà quando verranno pubblicati i Piani Annuali di Enti per l’implementazione del Piano Turistico generale.

    • Antonio Pezzano ha detto:

      Grazie del commento. Ovviamente Santinato nel suo intervento aveva fatto una provocazione. Quanto all’operatività dell’ENIT, la mia esperienza nel settore pubblico italiano è che fare partire le macchine nuove in Italia è molto faticoso, soprattutto in un clima istituzionale confuso quale quello che stiamo attraversando.

  • Ettore Bianchi ha detto:

    Provocazione per provocazione potrebbe essere forse ancor più interessante e produttiva di elementi di valutazione la sospensione dell’attività degli assessorati regionali del turismo.
    Nessuno tra i paesi della concorrenza si propone sui mercati in assenza di un effettivo ed efficace livello di coordinamento come accade per l’offerta turistica italiana

  • Ettore Bianchi ha detto:

    Appena ascoltato intervento, integralmente condivisibile, di Santinato e rilevo come la provocazione si riferisca non all’enit ma ad un non identificato “ente regionale ”
    Bizzarro

    • Antonio Pezzano ha detto:

      Grazie mille per la segnalazione 🙂 Abbiamo provveduto a correggere di conseguenza il post.

      • ettore bianchi ha detto:

        Grande correttezza.
        I miei complimenti.
        Nel merito della provocazione penso che la migliore promozione abbia oggi bisogno non solo di una “macchina nuova” ma soprattutto di investimenti sulla qualità del prodotto finalizzati a fare del cliente soddisfatto il miglior promoter della destinazione Italia.

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