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I miei 15 minuti di talk al Gong di BTO 2017

Avete mai letto la descrizione della governance territoriale di una legge regionale sul turismo? Probabilmente si. Tuttavia, al fine di rinfrescarvi la memoria, estrapolo uno stralcio di testo da una legge (tra le migliori) a caso.

[…..] Destinazione turistica: la località o l’ambito territoriale nel quale ha sede un complesso di risorse, infrastrutture e servizi connesse con un prodotto turistico o una gamma di prodotti di cui all’articolo X. Prodotto turistico è costituito dall’organizzazione dell’insieme delle risorse turistiche e dal coordinamento dell’insieme delle offerte culturali, sia strutturali sia per eventi, che avranno effetto sul territorio regionale secondo le modalità e i criteri stabiliti dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare [….]

Dopo aver letto tutte le leggi regionali sul turismo, si ha l’impressione di un quadro con un unico comune denominatore: è tutto autoreferenziale. Sembra che ogni regione e ogni destinazione sia il centro del mondo. L’assunto di base è che il turista, pardon, il viaggiatore, sia interessato alla nostra regione, alla nostra identità, a tutto quello che abbiamo da offrire. Basta creare una DMO secondo i dettami della legge, realizzare un portale, magari in 10 lingue, e tutto verrà di conseguenza. Ma è davvero così? E fino a che punto avere una impostazione autoreferenziale aiuta? Mosso da questa domanda negli ultimi anni mi sono convinto che è opportuno ritornare ai fondamentali. Le domande più difficili del destination management sono, come nella vita, quelle “esistenziali”. Che cosa è una destinazione turistica? E fino a che punto si può promuoverla e gestirla? Una risposta non banale e non autoreferenziale a queste domande può cambiare tante cose, da come le Regioni disegnano i sistemi di governance del turismo, al modo in cui si impostano i portali turistici.  Con oggi inizio una serie di tre post dove fornisco alcune risposte che ho dato nei miei 15 minuti di talk al Gong di BTO 2017. Non sono risposte definitive e sono molto criticabili. Ma se credete agli argomenti che le sostengono,  farete più di un pensierino circa l’opportunità di cambiare il  modo in cui disegnate strategie e operate.

Lo sapevate che una buona fetta della popolazione inglese non saprebbe identificare su una cartina geografica i paesi dove trascorre le vacanze? La scarsa conoscenza della geografia non è una prerogativa degli inglesi. Buzzfeed fa i test per farcelo notare. La cosa ancora più interessante è che le nostre conoscenze geografiche diminuiscono con l’aumentare della distanza spaziale e culturale dei luoghi. Spesso distanza spaziale e culturale vanno insieme. Insomma,  tendiamo a vedere i luoghi più lontani da noi molto sfuocati. Per ovviare a questo problema ci mettiamo degli occhiali. Gli studiosi di psicologia, sociologia e geografia chiamano questa strategia immaginazione geografica. In sostanza utilizziamo informazioni (ad esempio tratte da film, youtube, giornali, riviste, ecc.) molto semplici per rappresentare e valutare i luoghi, credendo che quello che noi immaginiamo corrisponda alla realtà. Non ci vuole un genio in statistica per capire che le informazioni più popolari sono quelle più condivise. In pratica, il nostro immaginario geografico è costruito sugli stereotipi  (che Wikipedia ci ricorda essere la visione semplificata e largamente condivisa su un luogo). Anzi, più distanti culturalmente e geograficamente siamo da un luogo, maggiori sono le probabilità che la nostra conoscenza (immaginata) sia una somma di stereotipi. Che implicazioni ha tutto questo?

I confini geografici si dilatano. Ad esempio, per molti turisti americani o australiani Sorrento fa parte della Costa Amalfitana, Le Cinque Terre sono in Toscana, e Pompei è una gita fuori porta da Roma. Se avete viaggiato migliaia di chilometri per visitare un posto che probabilmente non rivedrete mai più, le distanze (in centinaia di Km) non contano. Questo vale soprattuto per chi viene da paesi di grandi dimensioni geografiche.

L’organizzazione del viaggio dipende molto dalla distanza geografica. Anche per effetto dei maggiori costi, più lontano andiamo maggiore sarà il ricorso ad agenti di viaggio e tour operator. Non solo, maggiore è la distanza geografica, maggiore è il ricorso ad informazioni fidate. Quali sono? I sistemi di rating (classificazione in stelle e Tripadvisor ad esempio), le raccomandazioni di viaggio delle guide turistiche e, soprattutto, tutto quello già sperimentato da altri. Voi chiamatelo pure passaparola, ma gli psicologici lo chiamano strategy to cope with risk aversion. Chi intende spostare i flussi da un luogo ad un altro, prenda nota.

In conclusione, quali sono le implicazioni per il destination management?

  • Una destinazione non è per sempre. Chi promuove una destinazione turistica non deve tenere conto del diritto amministrativo, ma dell’immaginario geografico. Le due cose raramente coincidono. Ogni mercato ha un suo immaginario geografico e quindi non ha senso presentarsi con lo stesso brand e corredo geografico su tutti i mercati. Alleanze tra DMO e consorzi vari sono necessarie, soprattuto per andare sui mercati extra-europei.
  • L’informazione (i contenuti) sono un potenziale asset in mano a DMO e consorzi. A patto però di miscelarle in funzione dei mercati. Non basta tradurre lo stesso tipo di informazione in diverse lingue. Fotografie, colori, mappe, quantità di informazioni, dettagli come i tempi di un tour o di percorrenza vanno tarati in funzione dei mercati. Il punto è che le informazioni non servono solo a fare sognare, ma devono mettere a proprio agio il visitatore. Chi viene da molto lontano vuole sentirsi accompagnato per mano. Infine, ricordiamoci che siamo animali sociali e abbiamo una avversione al rischio scritta nei cromosomi. A forza di insistere sull’unicità ci siamo dimenticati, che ci piace fare quello che fanno gli altri. Amazon con il Chi ha acquistato questo articolo ha acquistato anche…. ha costruito un impero.

Per chi vuole approfondire il tema su distanza geografica e destination management può leggere il paper Conceptualizing the Impact of Geographical Ignorance on Online Trip Planning, Wayne W. Smith, Bing Pan, Xiang (Robert) Li & Grace Zhang, Tourism Geographies Vol. 11 , Iss. 3,2009. Lettura consigliata anche Chang, T.C. and Lim, S.Y. (2004), Geographical Imaginations of ‘New Asia-Singapore’. Geografiska Annaler: Series B, Human Geography, 86: 165–185. Un modo per applicare in modo pratico queste intuizioni è leggere Webs of Influence: The Psychology of Online Persuasion di Nathalie Nahai.

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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