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La concentrazione dei flussi turistici in Italia, spesso citata a vanvera, è uno dei miti più resistenti

L’anno scorso, in occasione del varo del Piano Strategico del Turismo, abbiamo pubblicato una serie di post per evidenziarne pregi e difetti. Tra i difetti abbiamo sottolineato che l’analisi alla base dello stesso Piano avalla una serie di miti. Noi con costanza cerchiamo, dati alla mano, di sconfessarli, ma è molto dura. Oggi è il turno dell’ipotetica concentrazione dei flussi turistici internazionali in Italia in poche località. L’occasione ci è data da un recente articolo apparso sulla versione digitale del Il Sole 24 ore.  Copiamo e incolliamo alcune frasi significative dell’articolo rispetto al tema della concentrazione.

7 turisti su 10 si concentrano in solo 5 Regioni o meglio nelle classiche mete sovraffollate come Firenze, Roma e Venezia che è stata costretta a ricorrere ai tornelli per limitare gli ingressi durante il ponte del 1 maggio. 

Il fenomeno della concentrazione del turismo in poche località è ben noto e l’ultimo Governo ha provato ad affrontarlo con il piano strategico del turismo – tutto ancora da attuare – che tra le sue priorità indica proprio la distribuzione di questi flussi sul territorio (in particolare centri più piccoli e borghi) utilizzando le mete più tradizionali come porte d’ingresso per queste nuove destinazioni. Una strategia condivisa con regioni ed enti locali oltre che con tutti gli attori del turismo che il nuovo Governo dovrà decidere se mettere in pratica magari con risorse più sostanziose rispetto al passato. In Italia manca infatti una strategia nazionale da troppi anni, mentre altri Paesi come la Francia e la Spagna si sono dotate di programmi e piani strategici da molto tempo. E i risultati sono ben visibili. Soprattutto in Spagna che sta scalando la classifica mondiale delle mete più visitate nel mondo: l’anno scorso ha raggiunto il secondo posto dopo la Francia (l’Italia è solo quinta dopo Usa e Cina).

La Spagna da anni vive un vero e proprio boom del turismo (dalle città alle mete balneari) e incassa di più perché in media fa restare più giorni i turisti stranieri rispetto all’Italia.

Le questioni sono tre e le proponiamo come domande. Ma davvero in Italia il turismo è cosi concentrato? E in un confronto con Spagna e Francia dove è che il turismo è più’ concentrato? Fino a che punto i piani strategici del turismo in Spagna e in Francia hanno risolto il problema (se lo stesso se lo sono mai posto)? Fino a che punto la Spagna incassa più dell’Italia perché fa restare i turisti più giorni?

Prima di rispondere, consentitemi una premessa. L’esigenza di distribuire i flussi turistici nello spazio, prima che una esigenza “tecnica” è un mantra politico in tutto il mondo. E’ ovvio che imprenditori e politici rappresentanti di aree meno toccate dal turismo avanzino richieste “redistributive”.  Le spinte geografiche e di mercato premiano la concentrazione sulla distribuzione. Tanto per essere chiari: c’è una forte relazione tra quantità di flussi turistici in un paese e concentrazione degli stessi. In altre parole, i flussi turistici (internazionali) nei paesi che figurano nella top ten della classifica globale,  perché nello stesso paese ci sono poche locomotive che trainano tutto il convoglio. Negli anni ’70 e ’80 si parlava di poli di sviluppo. Tra i grandi paesi turistici c’è un unico paese che sfugge (fino ad un certo punto) a questa legge (geografica ed economica) e indovinate qual è ? L’Italia.  Circa due anni fa, la nota società di consulenza Mckinsey, su incarico del governo Giapponese conduce uno studio per il piano strategico del turismo. Uno dei temi è come incrementare i flussi turistici in aree poco note. A tal fine si compara  il Giappone con i principali paesi turistici dell’aerea asiatica e globali. Il risultato di questo confronto è la figura qui sotto dove si evince che in Italia solo il 31% dei pernottamenti si registra nelle principali destinazioni turistiche del paese. Dato molto più basso che nel resto del resto dei paesi.

Se quanto riportato al grafico precedente non vi  basta, vi propongo una tabella appena sfornata da DMI.

Come potete leggere, comunque la giriate, l’Italia è il paese che ha la minore concentrazione dei flussi turistici (internazionali) quando confrontata con Francia e Spagna. Solo il 35% dei pernottamenti avviene nelle prime due regioni (Lazio e Lombardia) in Italia, mentre il dato sale al 41% in Spagna ( Canarie e Catalonia) e al 50% in Francia (Parigi e Costa Azzura). Se aggiungiamo una regione, e quindi consideriamo le prime 3, il senso del dato non cambia. Scorrete riga per riga la tabella e arrivate ad un clamorosa conclusione: in Spagna e Francia la quasi totalità dei flussi turistici si concentrano in cinque regioni, mentre in Italia “solo” il 65% dei pernottamenti si registra in Lazio, Lombardia, Veneto, Toscana e Campania, le nostre top 5.

Seconda questione: la durata del soggiorno e incassi turistici. Sul tema abbiamo già scritto un post lo scorso anno. Per chi non ha il tempo di andare a leggerlo, copiamo e incolliamo la conclusione.

La vacanza degli stranieri in Italia dura in media sette giorni; chi va al mare o in campagna tende a stare qualche giorno in più. La riduzione della durata delle vacanze è fisiologica. Rispetto ai più diretti concorrenti, in Italia si sta quanto in Francia, ma un pò meno che in Spagna. A spiegare la differenza tra Italia e Spagna in termini di durata del soggiorno potrebbe essere il tanto bistrattato turismo di massa balneare. Non è per il (non esistente) mordi e fuggi che è necessario ripensare al modello di offerta turistica italiana. Forse non bisogna ripensarlo affatto. Forse bisognerebbe lasciare a chi investe il proprio denaro la libertà di come pensare l’ offerta.

Ricapitolando, l’Italia non ha un problema di concentrazione dei flussi turistici nello spazio (se comparata ad altri paesi), come non ha una durata del soggiorno molto ridotta rispetto alla Spagna. La differenza di incassi e flussi turistici tra Italia e Spagna ha altre ragioni di cui abbiamo parlato a valanga in questo blog. E credetemi, se avete mai letto i Piani del turismo dei paesi europei, li avete confrontati con la realtà delle cose fatte e avete dimestichezza dell’industria del turismo, non vi verrebbe mai da pensare che a fare la differenza siano i Piani. Mai.

Immagine Pixabay (1)

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

5 Comments

  • Vincenzo Sangiorgio ha detto:

    Commento sulla questione mordi e fuggi. Perché in Italia se ne parla così tanto? Forse non lo si fa tanto per la durata del soggiorno medio in assoluto, ma relativamente a quanto ci sta da vedere. Barcellona è sicuramente una città splendida, ma in una settimana uno ha più o meno visto tutto. A Roma, dopo una settimana, non ha neanche iniziato. Diciamo che in un paio di mesi forse si riescono a vedere l’80 % delle cose più significative.

    • Antonio Pezzano ha detto:

      Gentile Vincenzo. Grazie per seguirci e per il commento. Due osservazioni. Perché si parla di mordi e fuggi? Se il dibattito su cose fondamentali come immigrazione, debito pubblico, ruolo dello Stato nell’economia si basa su slogan, non mi posso aspettare che quello su questioni meno rilevanti sia più informato. Sul confronto di tempo necessario a vedere Roma-Barcellona o qualsiasi altra coppia di città, la mia considerazione è che il tempo di permanenza in una città dipende da tante variabili. Oltre la quantità e la qualità delle cose da vedere, penso al tempo a disposizione, al budget, alla possibilità di tornare più volte nella città (perché vicina o collegata bene).

      • Il mio era proprio un commento sul “mordi e fuggi”, in cui ho cercato una delle possibili ragioni per cui se ne parla. Poi ho scelto Roma e Barcellona perché sono due città entrambe ben collegate e con clima simile in modo che non vi siano differenze legate alla stagionalità. Posto che è vero che budget e tempo a disposizione influiscono, mi aspetterei una durata media del soggiorno a Roma superiore a quella del soggiorno medio a Barcellona. Non mi sembra sia così.

  • Michele ha detto:

    Interessante articolo. Che ci sia un equa distribuzione in Italia dei flussi rispetto ad altri Paesi, è vero. Purtroppo se ne continua a parlare nelle fiere cosi come il famoso concetto di destagionalozzazione. Pochi studi specifici, pochi interventi mirati (si parla di Cammini, come se i camminatori fossero dei turisti top-spender ad esempio). Riflettevo su un altro aspetto: molti enti pubblici, soprattutto al sud, parlano di destagionalizzazione dei flussi, soprattutto in alcune località balneari, senza neanche tener in considerazione il fatto che in quelle stesse località oltre il 90% delle strutture ricettive è chiuso da ottobre a aprile.
    Questi temi vanno trattati in maniera strategica e da persone competenti. Parlare a vanvera senza conoscere bene queste tematiche, comporterà solo ennesimi sprechi di risorse economiche, umane e sprechi di tempo.

    • Antonio Pezzano ha detto:

      Grazie del commento. Come in altri campi, anche nel turismo c’è molto da guadagnare quando le opinioni sono supportate da dati e fatti concreti. Purtroppo non è cosi. In questo senso ritengo che nel settore ci sia poca conoscenza dei comportamenti dei turisti, dei loro processi decisionali, dei vincoli e delle opportunità che influenzano decisioni e comportamenti. Si tende a semplificare molto e a pensare che essi siano “pacchi” che si possono spostare con un semplice tratto di penna in piani e amenità varie.

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