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Strutture ricettive come veri e propri hub del territorio

A ben vedere, il turismo è un settore che si basa su una serie molto vasta di catene di creazione del valore: quella culturale, quella gastronomica, quella delle infrastrutture, ecc. ecc. Da ciò ne consegue che un’azione strategica sul turismo è, per propria stessa natura, una questione complessa. Detto ciò, ci sono alcune componenti che rappresentano il centro nevralgico dell’offerta turistica, e le strutture ricettive sono sicuramente tra queste.

Negli ultimi anni, la strategia turistica italiana (ma anche quella internazionale) ha concentrato molti sforzi nel potenziamento delle strutture ricettive in chiave tecnologica (molti dei nostri hotel hanno ancora difficoltà a garantire il wi-fi nelle camere), ma questo rappresenta un mero adeguamento, non certo un’innovazione.

Il ruolo che la struttura ricettiva può giocare all’interno dell’esperienza turistica è, in realtà, ben più prominente del semplice luogo in cui riposare.

In futuro, le strutture ricettive, dovranno essere sempre più agenti promotori del territorio, veri e propri hub che imparano (già dalla prenotazione) a conoscere e comprendere i gusti dei propri ospiti e che offrono esperienze del territorio personalizzate.

Non si tratta di un obiettivo di difficile attuazione: richiede impegno, soprattutto di natura progettuale e relazionale con l’offerta cittadina e con la Pubblica Amministrazione, un consapevole utilizzo di tutte le tecnologie digitali che vengono attualmente offerte e la previsione, nel proprio organico o attraverso i propri fornitori esterni, di una figura professionale in grado di realizzare servizi personalizzati per i propri ospiti.

Pensare la propria struttura ricettiva come hub del territorio, infatti, significa, in primo luogo, “pensarsi” quasi come un’agenzia di viaggio, più che come struttura ricettiva: non basteranno certo i dépliant sparsi sul front-desk o il consiglio dato a voce all’ospite a migliorare la conoscenza del territorio.

Immaginarsi come “agenzia turistica” significa realizzare e vendere prodotti e servizi che offrano la possibilità di conoscere, oltre agli aspetti già citati nelle più comuni pagine web dedicate alla città, aspetti del proprio territorio che potrebbe essere meno agevole raggiungere.

Non è una mission impossible: nelle principali città italiane esistono già migliaia di servizi che valorizzano specifiche attività o specifici itinerari; basterebbe dunque selezionare e “assemblare” in modo brandizzato una selezione di tali servizi, così che, la propria struttura ricettiva sia in grado di “ospitare” e “accompagnare” il visitatore durante la propria permanenza.

In fondo, è quello che facciamo tutti ogniqualvolta un amico o un parente viene a farci visita: non gli offriamo soltanto un letto o un posto dove riposare, anzi. Quella che prepariamo per amici e parenti è una vera e propria “esperienza” della città (compatibilmente con i nostri impegni): prenotiamo nei ristoranti che mostrano (sulla base della nostra conoscenza) il miglior rapport qualità-prezzo, decidiamo quali luoghi consigliare, ci improvvisiamo guide turistiche descrivendo monumenti e curiosità.

Realizzare un servizio di questo tipo per una struttura ricettiva è possibile e nemmeno “troppo” oneroso: basta fornire delle tecnologie wearable collegate a smartphone dati in dotazione ai propri utenti, e il gioco è fatto.

Se un elemento di criticità da superare esiste, esso è piuttosto rappresentato dall’approccio “culturale” delle singole strutture ricettive: la costruzione dei servizi e delle partnership con gli altri attori cittadini, non possono essere vincolate alla logica della “percentuale” che il ristoratore rende alla struttura ricettiva per ogni cliente ricevuto. Il modello di business da realizzare è un po’ diverso.

Certo, tale componente sarebbe comunque presente e, anzi, integrando gli smartphone con le modalità di pagamento dei visitatori, sarebbe ancora più semplice estendere questo approccio, ma di certo un’evoluzione di questo tipo necessita lo sviluppo di modelli di business più evoluti.

Questo tipo di visione dovrebbe essere, per tutte le categorie di strutture ricettive, uno standard verso il quale orientare le proprie scelte strategiche. Le attuali tecnologie permettono di creare servizi e prodotti a costi ormai accessibili a chiunque, con la possibilità di selezionare le offerte più coerenti con il proprio target.

Il beneficio per la struttura ricettiva sarebbe evidente in termini di attrattività rispetto alle proprie fasce di clienti potenziali e l’eventuale applicazione di modelli di business in grado di internalizzare, in loco, maggiori porzioni di spesa turistica offrendo, al contempo, un prodotto esperienziale molto più ricco e coinvolgente ai propri ospiti. Il territorio ne gioverebbe altrettanto, perché una maggiore conoscenza implica un maggior coinvolgimento, che è l’obiettivo che tutte le destinazioni turistiche cercano di raggiungere.

Un’evoluzione, insomma, in cui tutti guadagnano qualcosa. Perché non farlo?

Immagine Pixabay (1)

Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

2 Comments

  • Zeno Govoni ha detto:

    Mirko si ricorderà del messaggio che gli avevo inviato durante BTO: l’hotel visto come un hub. Ma in quel caso la mia visione di hub era un tantino più spinta.
    L’articolo è interessante, c’è una aspetto che mi lascia perplesso e che io non applico in hotel e cioè dare consigli dietro una riconoscimento. Mi spiego: io ho fatto una lista dei ristoranti che regalo ai miei ospiti dicendo che noi non abbiamo nessun tipo di convenzione con nessuno, per essere liberi e poter aggiornare questa lista in base ai feedback degli ospiti e anche ai nostri che li testiamo. Quindi è una lista molto dinamica: c’è chi entra e chi esce.
    Se invece dovessi consigliare un ristorante, un servizio che poi mi riconosce qualcosa, non sarebbe diciamo un consiglio “obiettivo”. Ma capisco le dinamiche del mercato. Sarebbe bello se ci fosse l’intelligenza di consigliare sempre chi lavora bene, con qualità che non significa lusso, con onestà e con costanza così da premiarlo e naturalmente ottenere una seleziona naturale di chi non lavora con questi criteri. a quel punto non ci sarebbe bisogno di riconoscere a qualcuno una commissione, perchè il lavoro girerebbe tra chi opera bene.
    Ma ritorno un attimo sul concetto di hub che avevo io in testa: la visione alquanto spinta nasceva da un filmato proiettato in BTO sulla realtà virtuale e i nuovi dispositivi tattili e olfattivi che ti fanno vivere un’esperienza quasi reale dentro ad una stanza.
    Ho pensato che in un futuro l’hotel potrebbe diventare un hub non solo perchè può ospitare turisti che soggiornano per visitare la destinazione dell’hotel, ma l’hotel potrebbe invertire il concetto dotandosi di una sala dove ospitare i residenti per fargli vivere un’esperienza di turismo in realtà virtuale proiettando un’altra destinazione. Perchè questo mio viaggio mentale??? perchè vedo che c’è sempre più un divario tra chi può vivere veramente un’esperienza unica, non di turismo di massa con costi elevatissimi, e chi può invece permettersi un viaggio in location con over tourism senza poter vivere veramente un’esperienza unica. e allora con il virtuale questo sarebbe possibile.
    Poi l’hub lo vedevo molto bene con la visione che ha di Accor dell’hotel, ovvero un punto di riferimento per i residenti del quartiere dove poter attingere a servizi vari quali punto di ritiro consegna acquisti online, noleggio bike, noleggio posti auto, utilizzo della palestra, di centri per la stampa o deposito bagagli (come ho fatto io nel mio hotel: sono diventato punto deposito bagagli con BAGBNB, così da fornire un servizio a chi utilizza Airbnb e non sa dove poter depositare il bagaglio durante la giornata dopo il check-out).
    Ecco il mio concetto di HUB-HOTEL: stesso building ma nuovi services !!!

  • Antonio Pezzano ha detto:

    Perché non farlo? Mi sono fatto la stessa domanda dal 2010, quando tra prezzi fermi, meno movimento turistico e costi in salita i margini sono crollati (per inciso, non gestisco hotel, ma parlo con chi li gestisce e leggo i dati di bilancio). Pensavo che l’unica via per risollevare i margini fosse quella di aumentare i ricavi non tradizionali. La risposta che mi sono dato è che dietro ogni ricavo addizionale, ci sono comunque maggiori costi di investimento e costi operativi. Il punto è sempre quello. Per le micro e piccole imprese (l’ossatura dell’ospitalità italiana) è impossibile concepire e sostenere questi costi aggiuntivi. Lo ripeto e lo ripeterò fino alla noia. Nel 2018 piccolo non è bello.

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