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Politiche tariffarie, c’è ancora da sistemare qualcosa. Gli italiani, questa volta, tra i primi della classe.

Le politiche tariffarie e la distribuzione dei prodotti turistici sono una cosa seria, ne sa qualcosa Tripadvisor che si è trovata nelle polemiche per la strana storia di HotelQuickly.

HotelQuickly, a causa di “problemi imprevisti”, ha dovuto annullare una grande quantità di prenotazioni, alcune delle quali avevano visto iniziare il processo di acquisto da link sponsorizzati messi in vendita dal sito del gufo. Intendiamoci, un problema che è stato comune a tutti i metamotori sui quali HotelQuickly aveva praticato il suo marketing online.

Che le politiche tariffarie sono cosa seria ne sa qualcosa Booking Holdings che recentemente è entrata nel mirino dell’Antitrust per una serie di strategie commerciali poco chiare. Alla società del Delaware viene contestato il fatto, tra le altre cose, di non chiarire se riceve del denaro dagli alloggi che segnala come “scelta top”.

Che la distribuzione, oltre alle politiche tariffarie, è una cosa seria se ne sono resi conto, con colpevole ritardo, gli albergatori che non riescono a comprendere le dinamiche tariffarie che da anni portano sui comparatori tariffe impossibili come quelle di Amoma che spadroneggia tra le FIT rate dei grossisti usando parte dello sconto ottenuto dagli albergatori per fare dumping tariffario proprio ai danni degli albergatori. Di questo ne parlai qualche anno fa su questo blog.

A che punto siamo con la parità tariffaria?

Torno volentieri sulla questione della parità tariffaria perché di recente mi è passato tra i feed turistici un articolo de Il Sole 24 Ore dal titolo “Vacanze di Natale con Booking.com? Prenoti e i soldi vanno in Delaware”  dove si analizza con la superficialità classica del generalismo, anche se nel perimetro finanziario dal giornale settoriale ci si aspetta di più. Chi ha scritto sarebbe stato più onesto se avesse spiegato che quella parte di tariffa che finisce in Delaware la paga l’albergatore e non il turista, ma non perdiamoci in questioni più di stile che di sostanza.

La cosa interessante è comprendere per quale motivo Booking Holdings venga sostanzialmente dipinta come una società “cattiva” quando la catena di comando pubblicata è abbastanza chiara in confronto, per esempio, ai ghirigori classici della finanza italiana dei controlli incrociati e delle infinite scatole cinesi, spesso piene di fuffa. Le scatole di Booking sono tutte belle piene #statesereni.

Le quote di mercato delle OTA in Europa e in Italia

Se esaminiamo il recente studio di Hes-so commissionato da Hotrec (la Federalberghi europea per intenderci) notiamo alcune sorprese tra le quali quella che più mi ha stupito è che, sostanzialmente, la lotta per l’abbandono dell’obbligo della parità tariffaria (qua una mia riflessione) non è servita a niente o, almeno, tarda a far registrare i suoi benefici.

politiche tariffarie

Secondo lo studio commissionato da Hotrec la quota di mercato delle OTA in room night è passata – in Europa – dal 21,8% del 2013 al 25,5% del 2015, per arrivare al 29,3% nel 2017. L’altra sorpresa o meglio ancora il colpo di scena è che, finalmente, l’Italia si distingue in questa statistica per aver diminuito il peso delle OTA dal 22,6% del 2015 al 21,4% del 2017. Il telefono, sì proprio le prenotazioni telefoniche rappresentano ancora oltre il 18% della torta. Aumentano le prenotazioni che originano dal form (che odio da morire) dal 7,3% al 10,2%, sarà anche per questo che i motori di prenotazione proprietari calano dal 6 al 5,5%. Non c’è verso, la partita online sembra essere persa a tavolino. Quale sarà il motivo, perché gli albergatori stentano a mettere nelle migliori condizioni il cliente che vuole prenotare direttamente?

Perché i turisti continuano a prenotare sulle OTA?

Il motivo ci viene presto spiegato dal report 2018 di Ota Insight. Lasciamo il nostro territorio per tornare nell’ambito europeo. Hotrec e Hes-so ci hanno raccontato di una crescita delle OTA del 7,5% negli ultimi 4 anni. Lo sappiamo, le OTA costano, non sempre più di altri intermediari, ma costano comunque un bel po’. Ma chi è che aiuta le OTA a crescere con tale regolarità nel tempo anche se, come abbiamo visto all’inizio di questo post, con un business model non tanto rispettoso del consumatore?

Purtroppo, e mi duole dirlo, sono proprio gli albergatori, spesso i revenue manager un po’ sprovveduti che continuano a lasciare il privilegio del “miglior prezzo garantito” alle OTA.

Secondo Ota Insight quanto raccontato da Hotrec e Hes-so potrebbe non cambiare a fine 2018.

Nel 2018 come si sono comportati gli albergatori?

Durante quest’anno Ota Insight ha rilevato che il 52% delle volte gli hotel indipendenti e le piccole catene alberghiere sono più convenienti sulle OTA rispetto ai siti proprietari (quasi sempre con uno sconto medio tra il 5 e il 10% ma con picchi massimi che arrivano al 25%).

Le catene alberghiere internazionali fanno leggermente meglio ma di poco (il 45% delle volte anche le catene sono più costose delle OTA con un range di sconto medio tra il 5 e il 10%).

politiche tariffarie

Perché il problema della perdita di competitività nelle politiche tariffarie continua a pesare così tanto sulle vendite?

Ota Insight ha monitorato il comportamento di 20 canali distributivi che spesso offrivano tariffe più vantaggiose rispetto ai siti proprietari (brand.com) nel Regno Unito, ma credo che per le altre nazioni poco cambi.

I problemi derivano dalla quota commissionale riconosciuta alle OTA, dagli sconti incrementali di alcune campagne spot che continuano ad apparire sui metamori anche a offerta scaduta, come formidabili “specchietti per le allodole”. Le disponibilità di camere – le più economiche chiuse su brand.com sono spesso aperte sulle OTA.

Alcune volte lo scarto tariffario dipende dalla scarsa interoperabilità dei software utilizzati dagli albergatori, dalla acquisita multicanalità delle vendite da parte dei grossisti che dal B2B si sono tuffati nel B2C. Poi c’è l’errore umano ma lo si sa errare umanum est, l’importante è non essere diabolici perseverando.

Immagine Pixabay (1)

Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

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Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

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