Il 22 giugno inizieranno gli esami di maturità per circa 540 mila studenti italiani. Un’emozione collettiva nazionale che si ripete anno dopo anno – pandemia permettendo – che per molti si è divisa tra patemi e speranze, tra l’incubo di non farcela e la gioia di aver superato un ostacolo importante.
Anche per il settore turistico la stagione, in particolare quella estiva, presenta spesso le stesse connotazioni di una prova d’esame: “Come andrà? Faremo meglio dell’anno scorso? Abbiamo programmato in maniera adeguata? Quali obiettivi riusciremo a raggiungere?”.
L’esame di maturità del turismo italiano
Nulla di nuovo, insomma. O forse no. Infatti ho la sensazione che la prova a cui ci stiamo sottoponendo quest’anno sia di un livello superiore, un vero e proprio esame di maturità del turismo italiano.
Mi spiego meglio. Da qualche anno leggiamo indagini che raccontano quanto tutto il mondo stia sognando di venire in Italia. Probabile conseguenza diretta del ritrovato protagonismo del nostro paese su questioni extra-turistiche (vedi pandemia e conflitto, tanto per dirne un paio): un Italian way – non in senso ironico – che fa il paio con un Italian style in cui Mediterraneo, paesaggio culturale, prodotti enogastronomici e shopping sono gli interpreti principali.
Ma anche delle nuove tendenze che il turismo ha imparato ad osservare: sicurezza declinata in tutte le fasi del customer journey, viaggio indipendente e preferibilmente con mezzo proprio, propensione all’outdoor anche su contesti non necessariamente naturali, forte attenzione ai servizi offerti nell’esperienza complessiva della vacanza, con allocazione di budget diversificati a seconda dell’importanza data alla soddisfazione dei propri special requirements.
Su tutti questi elementi si poggiano anche i recenti investimenti in promozione dal livello centrale fino a quello più locale.
Il passaggio dal sogno alla realtà sembra oggi avvenire. Ne abbiamo avuto un assaggio nel 2021, dove l’estate italiana – in particolare mare, montagna e laghi – ha visto i flussi turistici avvicinarsi ai picchi pre-pandemici del 2019 e in alcuni casi addirittura superarli.
Trainata dalla domanda domestica e dai mercati che si sono dimostrati fedeli: ad esempio i tedeschi, che non solo non hanno abbandonato l’Italia, ma in certi contesti l’hanno ripresa in considerazione dopo anni di mete alternative.
Variazione volumi comparto ricettivo periodo giugno – settembre (2021 vs 2019)
Prodotti |
Variazione 2021 / 2019 |
Balneare |
-21% |
Lacuale |
-9% |
Città d’arte e paesaggio culturale |
-29% |
Montano |
-6% |
Termale |
-11% |
Altro |
-15% |
Fonte: The Data Appeal Company
Inoltre, nella prima metà del 2022, con il progressivo affievolimento delle restrizioni al viaggio internazionale, sono già diverse le destinazioni urbane italiane che stanno registrando numeri paragonabili al 2019.
Considerando che permangono delle limitazioni sui viaggi intercontinentali prevalentemente dall’area asiatica, in particolare della Cina che è la più rigida sul tema, le premesse ci raccontano di un mondo intero che ha messo in conto di bussare alle nostre porte per venirci a visitare, appena ne ha la possibilità.
Volumi comparto ricettivo nel prodotto città d’arte e paesaggio culturale (anni 2019 – 2022 primi 5 mesi, e variazione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente)
* provvisorio
Fonte: The Data Appeal Company
Qui nasce a mio parere la grande assunzione di responsabilità dell’offerta turistica italiana, che deve rendersi conto di essere ora su un banco di prova decisivo. Dall’esito di questo esame di maturità non si potrà prescindere per i prossimi decenni, naturalmente salvo il precipitare di eventi esterni, la cui prevedibilità è spesso molto arbitraria.
Gli obiettivi di tasso di occupazione devono fare spazio a quelli di soddisfazione, ovvero non possiamo prescindere dall’esperienza complessiva del visitatore. Lungi da me demonizzare la massa. Anzi, nonostante il Ministro Garavaglia abbia affermato che all’Italia non serve il turismo di massa, ritengo che con un paese che detiene il primato europeo per ricettività alberghiera (1,1 milioni di camere in quasi 33 mila hotel), la sostenibilità del settore passa necessariamente dai grandi numeri.
Conseguentemente la risposta non può essere più soltanto la qualità, che fa difficoltà a coniugarsi con gli ordini di grandezza dei milioni, ma sempre di più la soddisfazione, cioè fare i conti con originare aspettative e derivarne percezione.
Un fattore determinante non solo per instillare la scintilla del ritornare in un luogo dopo esserci già venuti, ma anche per la fondamentale influenza su chi ci potrebbe venirci a trovare per la prima volta e si troverà a dover scegliere in un’arena competitiva globale e particolarmente aggressiva.
Questo non può valere solo a livello di destinazione, ma soprattutto riguarda i singoli operatori, che sono coloro che riempiono di contenuto la promessa di vacanza, che hanno una relazione diretta con le esigenze specifiche della domanda e ne diventano anche termometro di reputazione e gradimento.
Gli strumenti e le indicazioni per farlo sono a disposizione di tutti, e chi ha iniziato a usarli, ne raccoglie gli effetti positivi.
Continuare a considerare i nostri luoghi solo come meri contenitori di altri contenitori – stanze di albergo, coperti al ristorante, posti nell’escursione al sito archeologico, biglietti venduti – ci fa correre il serio rischio di perdere nel medio termine non solo la sfida sui visitatori del futuro, ma anche quella della sfida di essere da modello per una gestione sostenibile del turismo.
Quanto questa poi essa sia realmente fattibile, ne parleremo in un altro post. Nel frattempo, estote parati e buona estate.