DMO data driven, esistono davvero?
L’isola di Fraser è la più grande isola di sabbia al mondo, con una superficie di 1.840 km². Si trova in Australia. Nel 1992 è stata inserita tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Date queste caratteristiche, l’isola è anche una destinazione turistica. Si contano poco più di tre milioni di pernottamenti all’anno, in crescita.
A guidare il locale marketing turistico c’è una piccola DMO che fa le cose per bene. C’è un piano di marketing che viene aggiornato regolarmente. Recentemente, due accademici australiani hanno “preso di mira” la DMO . I due si sono chiesti quanto la strategia di segmentazione della DMO fosse accurata. Per trovare una risposta alla loro domanda hanno intervistato un campione di turisti dell’isola. La risposta è scontata (da loro punto di vista). La DMO sta perdendo una grande opportunità. L’approccio scientifico e basato sui dati ha identificato il segmento familiare di mezza età come quello primario; si tratta di un segmento trascurato dalla DMO.
Questa storia, tratta da questo paper in via di pubblicazione, mi stimola a tornare sul tema dell’uso dei dati da parte delle DMO. Per favore, non sparate sulle DMO, se il loro agire non è data driven. Gli ostacoli alle DMO data driven sono tanti ma ne indico due che hanno origine nella natura pubblica delle DMO.
Pressioni politiche. I gruppi di interesse che influenzano le decisioni di azione pubblica hanno dei temi di riferimento. Finché le DMO dipendono dalle tasse non aspettatevi un comportamento diverso. E’ veramente difficile cambiare idee scolpite in credenze (a volte corrette) molto diffuse e per questo portate avanti dai portatori di interesse del momento. E’ legittimo che sia così. Si chiama democrazia.
Cultura di marketing. Per cultura di marketing intendo capacità di farsi domande giuste e di capire quali dati possono dare le risposte. Le persone che sanno fare quel mestiere non sono tante e vanno dove ci sono più opportunità. Le DMO hanno budget molto risicati che devono bastare per fare tante cose, soprattutto, coprire i costi dell’apparato amministrativo che deve garantire che i soldi pubblici siano spesi secondo le regole.
Cari operatori turistici, se volete che le DMO siano data driven, dovete mettervi in gioco. Provate a co-finanziarle per indirizzare la loro gestione (a partire da una corretta gestione della tassa di soggiorno), ma soprattutto ponetevi una domanda: ma fino a che punto il mio business è data driven?
Immagine MaxPixel (1)