Investire su se stessi nell’ospitalità. Perché conviene.
In qualche modo l’avevamo intuito già prima della pandemia. Le difficoltà nel trovare personale nel settore alberghiero e turistico in generale erano già molto evidenti qualche anno fa. Non si tratta di trovare personale qualificato ma persone realmente appassionate a quel mondo meraviglioso e denso di opportunità che si chiama ‘hospitality’.
Che bella parola ‘hospitality’, non pensate? Di recente per una lezione che ho fatto ai ragazzi mi sono divertito a cercare le definizioni che grandi manager, professori e persone comuni davano dei termini ‘ospitalità’ e ‘servizio’. Ebbene dopo averne lette e trovate moltissime alla fine per me ha vinto quella di un umile venditore di hot dog sulla quinta strada di New York, Hamed Suliman, che dice: “Hospitality is the smell of my food, Service is the taste of my food’’.
La trovo semplice, diretta e meravigliosa.
L’ospitalità alla fine è la relazione che hai con i clienti, quello che fai con loro non per loro. La regola d’oro dell’ospitalità è pensare di non aver niente in ritorno, solo il piacere di offrirla. Io sono considerato, a torto direi, un esperto di tecnologia applicata al turismo mentre in realtà quello che ho sempre fatto, e qualche volta mi è riuscito, è ascoltare e mettere insieme idee di altre persone.
Come diceva Steve Jobs “la creatività è un modo di collegare le cose vissute e sintetizzarle in altre”.
Come si sintetizza l’ospitalità in un Accademia che non esiste in Italia?
L’incontro con il network di Ospitalia (a proposito date un’occhiata al manifesto) ha fatto sì che, come dicevo prima, le cose si collegassero e che creare un nuovo tipo di Alta Formazione fosse possibile anche in questa nazione.
La mancanza di personale di oggi viene da lontano, viene da politiche frammentarie di formazione per un settore che è fondamentale per la nostra economia (e lo si è visto durante la pandemia…). Viene da una sottovalutazione cronica del turismo, considerato a torto una rendita facile e remunerativa senza apparentemente fare sforzi. Da appassionato di musica mi viene in mente una canzone a me cara ovvero “Buonanotte all’Italia” di Luciano Ligabue: “tutta questa bellezza senza navigatore…”.
La bellezza, le opportunità, le possibilità, l’umanità ecco cosa abbiamo pensato mancasse ai ragazzi di oggi per considerare quella che è una delle più belle professioni che ci siano. Visione? Chiamatela come volete. Nello stilare il Piano Didattico dell’Accademia la bellezza è emersa in modo naturale. Non conosco altre professioni in cui c’è tanta varietà, tante componenti di competenze diverse, una enormità di cose da amalgamare e conoscere.
Tutte le aziende del turismo sono state abituate a sostituirsi ai formatori sostenendo personalmente le spese di training necessarie e con necessità sempre più complesse. Mi trovo spesso a pensare come un manager alberghiero debba rispondere a un sacco di esigenze divergenti tra di loro: la gestione delle proprietà, dei brand, dei fornitori, dello staff più qualificato e quello meno qualificato e soprattutto clienti sempre in evoluzione e sempre più esigenti. Per fare tutto questo non basta soltanto conoscere le lingue ed essere degli esperti di tecnica, le nozioni necessarie sono estremamente diverse.
C’è necessità di fare un percorso che possa fornire un bagaglio importante di nozioni e che sia in grado di preparare personalità in grado di affrontare le numerose sfide che un lavoro nel turismo propone. E quindi cosa dovrebbe studiare un giovane maturando che esce dalle scuole alberghiere, dai turistici o anche dai licei ? Cosa si trova sul mercato per approfondire le proprie conoscenze? Perché non esistono percorsi triennali specializzati in un settore che rappresenta quasi il 15% del prodotto interno lordo del paese? Perché all’estero l’industria dell’ospitalità e del turismo ha invece molte possibilità di completare la propria formazione?
A tutte queste domande abbiamo cercato di dare una risposta attraverso un processo di costruzione di un percorso accademico italo-svizzero che ha preso forma e si è strutturato per cercare finalmente di fornire le risposte adeguate.
HIA – Hospitality Innovation Academy
Innanzitutto, siamo partiti dal perché (il libro di Simon Sinek ha influenzato anche noi) e il nostro motto è stato semplice da trovare: “Formare gli studenti italiani come ambasciatori dello stile e della bellezza del nostro paese, attraverso conoscenze e competenze alberghiere e turistiche di livello internazionale, con particolare attenzione ai cambiamenti tecnologici ed alle innovazioni”.
In questa affermazione c’è tutto il piano didattico che abbiamo creato.
C’è necessità di formare i ragazzi a credere nella propria capacità di leadership, un valore che sembra profondamente smarrito, specialmente dopo i due anni di pandemia. C’è bisogno di inserire il design, elemento essenziale di differenziazione e sviluppo nel mondo turistico alberghiero di oggi.
Tutta la parte digitale deve essere perfettamente connessa a un mondo che è in continua evoluzione e spesso non comprende quanta tecnologia ci possa essere e, aggiungo, quante persone competenti necessitino in questo campo. L’intelligenza artificiale è arrivata prestissimo nel turismo, con analisi, dati e algoritmi autonomi che determinano tariffe e posizionamenti delle strutture. E poi, soprattutto, grande importanza al fattore umano e al suo fondamentale apporto in termini di crescita intellettuale, attraverso esperienze di lavoro in team.
Ecco, tutto questo è stato affidato a docenti tecnici provenienti dal mondo del lavoro e professionali legati al mondo della didattica professionale.
C’è anche la necessità di rivoluzionare la metodologia di approccio agli stage: i ragazzi devono poter accedere al quadro generale di gestione di una struttura turistica e avere accesso a tutte le chiavi che ne determinano il funzionamento.
Nel nostro caso, quello di HIA Hospitality Innovation Academy, vengono selezionati stage con le aziende che attraverso un vero e proprio patto etico danno la possibilità agli studenti di accedere a tutte le chiavi fondamentali della struttura, dal controllo di gestione, ai vari reparti operativi, al marketing fino a giornate a tu per tu con il direttore. Il percorso di stage diventa quindi una continuazione del processo formativo generale e di fatto dà la possibilità agli studenti di testarsi su posizioni importanti per il futuro della propria carriera.
Infine, è importante che i ragazzi investano su loro stessi. In un’epoca in cui i valori materiali del possesso materiale non fanno più parte più delle desiderata delle nuove generazioni, diventa fondamentale far percepire loro come sia possibile accrescere la propria professionalità finanziando i propri studi in modo diretto.
All’estero è una cosa naturale ricorrere al prestito d’onore per sostenersi negli studi (un prestito bancario a 0 interessi che si comincia a rimborsare su molti anni solo a carriera iniziata). In Italia è come se non facesse parte del nostro patrimonio genetico, semplicemente non se ne fa uso. Attraverso quel percorso però si istituisce un legame studente-responsabilità che favorisce la consapevolezza delle proprie scelte e la determinazione nel raggiungimento dei propri obiettivi.
Lavorare nel turismo è bellissimo. È un lavoro sociale che consente di conoscere un sacco di persone e professionalità diverse, percorrendo strade di inaspettato valore.
Si può lavorare in mille segmenti: hotel, ristorazione, aerei, navi da crociera, destinazioni, uffici turistici, professioni legate digital e alle risorse umane. Un mondo che accoglie il mondo e che nei prossimi anni vedrà la creazione di milioni di posti di lavoro e infinite innovazioni.
I progetti finali creati da un gruppo di ragazzi guidati attraverso un percorso professionale di questo genere possono anche confluire nella nascita di nuove startup del turismo, o progetti finanziati di grande livello e arricchire un mondo dove la bellezza non deve essere solo quella dei monumenti, ma anche quella dello scibile umano.
Le iscrizioni a HIA – Hospitality Innovation Academy sono aperte. Qui tutte le informazioni: www.hia.academy
*© foto di copertina: Randy Tarampi su Unsplash