Scrivo questo post il 19 giugno 2025. Negli ultimi giorni si è molto parlato delle manifestazioni contro il turismo di massa in Spagna: da Barcellona a Palma, passando per le Canarie, il dibattito sull’overtourism è tornato centrale. Migliaia di persone in piazza, cartelli con slogan contro la turistificazione, pistole ad acqua per “riprendersi” le strade. E ovviamente grande attenzione mediatica, anche internazionale.
Ma — come sempre — vale la pena fermarsi e guardare oltre il clamore.
Secondo la polizia, a Palma di Maiorca hanno partecipato circa 8.000 persone. Gli organizzatori parlano di 30.000. A Barcellona, non più di 600. A Granada o San Sebastián, si parla di qualche centinaio. Numeri tutt’altro che trascurabili (soprattutto nel caso di Palma), ma nemmeno indicativi di un sollevamento popolare generalizzato.
Il messaggio, comunque, è chiaro: per alcuni residenti il turismo non è più (solo) fonte di reddito, ma causa di disagio. Prezzi alle stelle, affitti introvabili, centri storici svuotati di residenti. Tutto vero. Anche se il collegamento tra alcuni dei problemi segnalati e il turismo è tutt’altro che chiaro. Ad esempio, i centri storici di molte città in Europa hanno iniziato a svuotarsi ben prima del boom dell’overtourism. Il processo è iniziato negli anni ’70-’80, quando: a) vivere in centro diventava sempre più scomodo (mancanza di parcheggi, servizi, ascensori), b) le classi medie cercavano case più moderne e spaziose in periferia.
Ma torniamo alla protesta. Quando è diffuso questo “fastidio” verso il turismo?
Al di là del disagio reale in alcune zone, e del comprensibile fastidio per affollamento dei mezzi di trasporto, non abbiamo alcuna prova che il malessere verso il turismo sia condiviso dalla maggioranza. I media non citano alcun dato, ma fanno ricorso ad immagini ad alto impatto emotivo.
È un peccato perché ci sarebbe molto da riflettere e discutere. Ad esempio, sondaggi sistematici e uno studio su Barcellona mostra che le reazioni negative si concentrano nei quartieri più turistici, come la Barceloneta o la zona della Sagrada Família. Ma anche lì non sono maggioritarie. Nei quartieri meno toccati dal turismo, prevalgono invece atteggiamenti positivi o neutri.
Il rischio, come sempre, è confondere le voci più forti con quelle più diffuse. E scambiare un titolo provocatorio per un sentimento condiviso.
Il turismo, per continuare a essere una risorsa (con i suoi costi) e non un problemageneralizzato, va analizzato nella sua complessità. Perché l’overtourism esiste, ma non ovunque e non sempre allo stesso modo.
Le cause cambiano da città a città, da quartiere a quartiere. Anche le soluzioni.
Generalizzare non aiuta. Serve invece guardare da vicino, caso per caso, con attenzione e senza scorciatoie.