Booking online per destinazioni, qual è il giusto approccio?
Perché il booking online per le destinazioni è un incubo? Negli ultimi anni il mondo del turismo è stato travolto da un cambiamento radicale che ha coinvolto sia i comportamenti dei turisti che le modalità di vendere i servizi da parte degli operatori. Con la crescita dei servizi online e la nascita delle OTA una parte significativa dei flussi economici delle prenotazioni hanno preso strade che fino a pochi anni fa nessuno avrebbe potuto immaginare.
Una ventina di anni fa i primi operatori che iniziarono a sviluppare servizi su internet avevano intuito l’incredibile potenzialità del mezzo, soprattutto nella possibilità di modificare i rapporti cristallizzati con i tour operator. Molti albergatori avevano sperato di riuscire a ridurre la loro esposizione sui canali intermediati, costruendo rapporti diretti con i turisti. Le cose si sono evolute in maniera diversa e sono nati nuovi attori che hanno saputo interpretare al meglio le opportunità offerte dalla rete, costruendo servizi che hanno introdotto nuove forme di intermediazione.
Negli ultimi anni due cose sono cresciute in continuazione:
- la capacità delle OTA di coinvolgere i turisti e veicolare prenotazioni;
- il numero di progetti fallimentari nati con l’obiettivo di “fare concorrenza a Booking.com”.
Sul primo punto non mi soffermo. La capacità delle OTA di porsi come intermediario con una offerta sterminata ad alto tasso di affidabilità è sotto gli occhi di tutti. Da quanto le OTA si sono affermate, gli unici due attori che hanno saputo creare un prodotto concorrenziale sono stati Tripadvisor, che ha trasformato il suo business con una operazione di grandissimo livello, ed Airbnb, che ha saputo raccogliere un prodotto alternativo dove le OTA tradizionali non arrivano. Tanti altri ci hanno provato, senza successo. Google stesso ha trovato mille difficoltà, ne ho già parlato qui.
Sui progetti per “fare concorrenza a Booking.com” invece ci hanno provato destinazioni ed operatori, con strategie non sempre lucidissime.
Per anni le destinazioni si sono divise in due partiti:
Quelli che “facciamo la guerra a booking.com”. Per farlo hanno messo in piedi mega progettoni di booking online di destinazione. Hanno acquistato un software, lo hanno imposto ai soci, immaginando che la disponibilità della tecnologia potesse bastare. Questi progetti (non solo in Italia) sono spesso fallimentari: si trovano ad avere bassi tassi di adesione degli operatori, qualità dei contenuti scarsa, condizioni di vendita del prodotto non concorrenziali, prezzi non competitivi. Le ragioni che portano a questa situazione sono tante, principalmente legate ad errori di impostazione del progetto (poca formazione, per esempio) ma soprattutto per obiettivi mal posti. Tipicamente mescolano logiche di rappresentanza territoriale, con vincoli imposti dalla politica e dal “campanile”, con obiettivi di sostenibilità tipici di modelli privati, in cui il sistema deve garantire un ritorno in termini di prenotazioni. Gli operatori partecipano mal volentieri, perché non vedono un ritorno economico. Di conseguenza il loro apporto al progetto è di scarsa qualità, che inficia la qualità dei contenuti del portale, e ne comporta il fallimento commerciale. Un cane che si morde la coda, senza speranza di miglioramento.
Quelli che “noi non possiamo vendere”. Molte destinazioni (pubbliche ma anche consorzi privati) rinunciano a vendere a prescindere, nascondendosi spesso dietro motivazioni fantasiose. Adottano la famosa “promozione istituzionale”, dove gli alberghi sono presenti in ordine alfabetico, per i prezzi ci sono minimi e massimi (come se fosse indifferente spendere 45 o 120 euro), le foto sono francobolli e le descrizioni vengono dai libri delle fiabe. Sono quei casi dove “istituzionale” significa “inutile e molto costoso”. I portali sono senza sostanza, viene raccontato il territorio, a volte anche le esperienze che si possono vivere, senza però mai “andare al dunque”. Anche nei casi in cui la proposta è raccontata in maniera efficace, manca la possibilità di concretizzare. Il potenziale cliente viene mandato altrove, con tutti i rischi di perdita del contatto che questo comporta.
Entrambi questi modelli sono sbagliati. È impossibile fare marketing territoriale senza avere la possibilità di offrire il prodotto. Allo stesso tempo immaginare che il booking online possa vivere “di suo” è altrettanto velleitaria.
Le destinazioni dovrebbero darsi due obiettivi fondamentali.
Promuovere e vendere online tutta l’offerta territoriale, senza limitarsi ai soli alberghi, nella consapevolezza che il turista cerca online tutta l’esperienza turistica. L’offerta alberghiera va integrata con i servizi offerti dal territorio, dalla ristorazione ai trasporti, dalle escursioni ai servizi (noleggi, bagni, ecc), dai musei alle guide ecc. Per fare questo la destinazione deve supportare gli operatori del territorio con attività di formazione e supporto, rinunciando a fornire soluzioni tecnologiche, raccogliendo dal territorio quei servizi già disponibili sui canali digitali. La destinazione deve quindi offrire un booking online di tutta l’esperienza turistica, fruibile anche in momenti separati; tipicamente la prenotazione alberghiera avviene nella fase di organizzazione del viaggio, mentre i servizi aggiuntivi vengono acquistati durante il viaggio stesso.
Ma il vero ruolo della destinazione è quello di rivolgersi a tutti i potenziali interessati a visitare un territorio. Un recente studio di Google analizza gli interessi dei visitatori di servizi turistici online.
“When customers land on our digital assets they aren’t all in the same state of mind. 4% is a fairly average conversion rate on travel sites but that means 96% of people do not want to convert. So, what are they doing on your site?
They’re not all turned off by a bad conversion experience. Some are there for something else.”
Solo il quattro per cento dei visitatori ha intenzione di prenotare quando visita un sito turistico. Una persona su quindici, le altre quattordici cercano altro. Da questa consapevolezza dovrebbero partire i progetti di booking delle destinazioni. Immaginare di “contendere” alle OTA quel 4% di visitatori che hanno già in testa di prenotare è una impresa sfidante (e destinata all’insuccesso). Migliorare o perlomeno replicare l’esperienza d’uso delle OTA è estremamente complesso. Le destinazioni dovrebbero quindi partire da una proposta che parta dalle esperienze e dalle emozioni che si possono vivere sul territorio, usando il prodotto (ed il booking online) come strumento di conversione integrato nella narrazione complessiva del territorio. Il booking online non è più quindi un modo di far cassa per la DMO o per ridurre il tasso di intermediazione delle OTA, ma un modo efficace per coinvolgere quei turisti interessati al territorio avvicinandoli all’acquisto della vacanza. E poco importa se poi l’acquisto avverrà realmente sul booking online della destinazione, al telefono, oppure se alla fine il turista finirà su booking.com. Quello che conta davvero è aver convinto una persona “interessata ad un territorio” ad acquistare un viaggio.
Il booking online non deve essere proposto con le vecchie logiche di destinazione. Il classico approccio che prevede di partire dalla lista degli alberghi esistenti sul territorio, e offrire il servizio di “cerca e prenota un albergo nella destinazione” non può competere con la ricchezza dell’offerta delle OTA.
L’approccio deve essere ribaltato, partire dagli operatori e non dalla destinazione. Deve concentrarsi sulle eccellenze, sull’offerta peculiare che caratterizza le specifiche esperienze. Il legame con il territorio diviene saldo nel momento in cui il coinvolgimento avviene dal basso, e la destinazione diventa il collante delle singole esperienze, in un amalgama di esperienze integrate e coese. E poco importa se l’offerta presente sul portale di destinazione non è ampia e non è confrontabile (in numero) con quanto offrono le OTA, perché l’offerta è selezionata e legata direttamente all’esperienza, e comprende tutto quello che serve per vivere quanto proposto. La destinazione si deve concentrare sulla differenziazione dell’offerta e sull’integrazione di prodotto non intermediato dalle OTA. Puntare su qualità e unicità è l’unico modo per proporre una alternativa ragionevole.
Per quanto riguarda gli alberghi invece, lo scenario è diverso. Le logiche di “visibilità” dei siti degli alberghi stanno cambiando rapidamente, soprattutto in funzione dei cambiamenti in atto in Google, che tende sempre più a centralizzare l’informazione e dare meno spazio alle risorse esterne, con il SEO tradizionale in grossa crisi. Ne consegue che sempre più per gli alberghi la visibilità avverrà per “effetto Billboard”, riceveranno visite dirette da parte di utenti che vogliono verificare un hotel trovato su una OTA. È chiaro che questi flussi di visitatori avranno una propensione all’acquisto molto alta. Ed è evidente che l’hotel, per poter essere competitivo, dovrà essere in grado di offrire la stessa esperienza d’uso (semplicità, rapidità, chiarezza) e le stesse condizioni (di cancellazione, di prezzo ecc) delle OTA. Queste condizioni non sono banali ma sono raggiungibili da una gestione alberghiera accorta; nella maggior parte dei casi però non sono sufficienti. Gli alberghi dovranno trovare qualche elemento di unicità che permetta loro di “differenziarsi”. Le strategie possibili sono varie, già avere una strategia è buon viatico per il successo.
Un albergatore può giocare la leva economica ed usare il margine della commissione per abbassare il prezzo oppure per offrire a parità di prezzo un prodotto più ricco; oppure può usare leva del rapporto diretto lavorando su prodotti e soluzioni personalizzati che le OTA non possono gestire (per ovvie necessità di standardizzazione), lavorando anche sull’integrazione con prodotti territoriali che cementino l’unicità e la completezza della proposta.
Sia per le destinazioni che per gli operatori le dinamiche di booking online vanno progettate con attenzione. Non basta “integrare un sistema che funziona”, perché la tecnologia funziona solo se usata a dovere. I sistemi di prenotazione online funzionano se sono parte di una strategia complessiva. Per combattere il successo delle OTA l’unica strada percorribile è quella di una “alleanza territoriale”, in cui destinazioni e operatori condividono strategie di promozione e di commercializzazione, in un circolo virtuoso che nel tempo porta valore a tutti gli attori della filiera turistica. La prenotazione online è solo uno strumento, e non può essere lo spauracchio che condiziona le strategie di interi territori. Allo stesso tempo la straordinaria concorrenza messa in campo dalle OTA non può essere una ragione per rinunciare ad un servizio che, sempre più, sarà cruciale per la sostenibilità di politiche turistiche territoriali e per la marginalità delle imprese turistiche.
Immagine di copertina MaxPixel (1)