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Il Piano Strategico sul Turismo sarebbe in via di approvazione.

La lettura attenta della bozza del Piano strategico presentata a fine luglio conferma le nostre previsioni: il Piano è contraddistinto da obiettivi vaghi al punto giusto per fare contenti tutti. Non c’è da scandalizzarsi; è così che funziona nelle democrazie. Il valore dei piani non sta tanto nella lista della spesa, quanto nel processo che ha partorito la lista. Le decisioni di politica pubblica (anche nel turismo) sono il frutto di una mediazione tra gruppi di interesse. In questi gruppi ci siamo tutti; gli operatori turistici, i loro rappresentati, i manager pubblici e i loro consulenti (io per primo). Pertanto, la domanda che mi sono posto leggendo la bozza è quanta parte dell’analisi e delle soluzioni proposte sono le posizioni di partenza di questi interessi, e quanta parte è, invece, il frutto di una maturazione che c’è stata nel confronto (Pietrarsa e le varie riunioni che sono seguite sia in veste ufficiale, sia nei corridoi). Non si tratta di una domanda banale; se le posizioni cambiano, e quindi i processi sono costruttivi, allora significa che quando si arriva alle decisioni (che sono cosa molto diversa da quanto scritto nei documenti di piano) c’è spazio per considerare proposte nuove, diverse e, forse, utili.

La lettura della bozza del Piano strategico pubblicata a luglio è confortante; ci sono molti elementi di novità rispetto ai documenti iniziali. Mi riferisco in particolare alle misure sulla competitività delle imprese. Tuttavia, non posso fare a meno di notare e sottolineare come il documento nel suo insieme sia intriso di dirigismo e pregiudizi. Il dirigismo consiste nel vedere bisogno di governance, fare sistema e intervento pubblico dappertutto. Il dirigismo consiste anche nell’assumere che i visitatori (guai a chiamarli turisti) abbiano preferenze e agende (dove andare, quanti giorni soggiornare, quali attività fare) modificabili a piacimento dai pianificatori. Per cui da una parte si auspica di avere successo nei mercati emergenti (long-haul) dove ci sono visitatori ricchi, che stanno a lungo in Italia e hanno voglia di spendere, dall’altra si afferma che bisogna uscire dalla logica del sovra sfruttamento delle città più note. Più che una strategia, un ossimoro strategico, visto che nella realtà (che è cosa diversa dai documenti) la crescita nei mercati emergenti implica un afflusso ulteriore verso le nostre città più turistiche.

E veniamo ai pregiudizi, anzi alla fonte dei pregiudizi dei professionisti del turismo: l’assumere che le proprie preferenze e convinzioni, siano anche quelle del mercato. È per questo motivo che molti credono nell’identità tra cultura e turismo. Per lo stesso motivo si pensa che l’identità dei luoghi sia un fattore di vantaggio comparato e la standardizzazione sia invece uno svantaggio. E probabilmente l’equazione le mie preferenze sono le tue preferenze, è alla base dello slogan Italia un paese per viaggiatori che sembra un messaggio “esistenziale”: tu che sei interessato a paesaggio, arte, cultura, buon cibo, prenoti da solo e sei sui social, esisti; tu invece che vorresti rilassarti al mare, affidarti ad un tour operator e farti i “cavoli” tuoi senza “socializzare” le tue esperienze, non esisti. O forse, l’orgoglio di essere eredi e depositari di tanta arte e bellezza ci fa credere che non sia possibile avere altre motivazioni di vacanza per venire in Italia.

In attesa di conoscere i dettagli della versione definitiva del Piano strategico, partiamo dallo spirito di confronto che ha animato finora il processo di costruzione del piano e vediamo se è possibile proporre analisi più oggettive (senza pregiudizi) e soluzioni meno dirigistiche. A tal fine, nel personale piano editoriale che mi sono dato su Officina Turistica, cercherò di approfondire il tema delle politiche pubbliche nel turismo. L’intento è di analizzare i problemi del turismo in Italia a partire dal punto di vista di chi deve prendere decisioni su un particolare settore, soprattutto quelli vitali per lo sviluppo turistico come i trasporti, urbanistica e attrazione degli investimenti. Un’anticipazione su uno dei prossimi post: se l’ENIT investisse il proprio budget del 2017 con lo stesso ritorno di quello realizzato da SvizzeraTurismo o BrandUSA, quanto fatturato turistico aggiuntivo attiverebbe nell’ipotesi che ora operi ad efficienza zero? La risposta è meno di 500 milioni di EUR. Voi capite bene che se lo spread con la Spagna è di circa 20 miliardi di EUR, la promozione e l’ENIT sono un fattore non molto rilevante per riaffermare la leadership nel mercato turistico (ovvero l’ambizioso obiettivo del Piano).

Immagine MaxPixel (1)

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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