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Il turismo non si governa come un condominio, parrebbe ovvio.

Torna ciclicamente la proposta di “un nuovo modello di turismo”.
Più sostenibile, più lento, più consapevole. Più… aggiungere a piacere.
Perfetto sulla carta. Peccato che parta da un equivoco: che esista un modello governabile.

Tutto quello che, ex post, identifichiamo come “modello” è, alle nostre latitudini, raramente il frutto di un piano. Il turismo che vediamo oggi non è stato “scelto”. È semplicemente successo. È il risultato di milioni di decisioni prese ogni giorno da persone e imprese, tutte in libertà.
Una miriade di scelte razionali – o dettate dalla passione, dall’abitudine, dall’algoritmo – che danno forma a un sistema complesso, dinamico, a tratti ingestibile.

Pensare di sostituirlo con un altro modello – etico, giusto, “virtuoso” – è nobile.
Ma anche un’illusione tecnocratica. Non siamo in laboratorio. Siamo nel mercato libero. E nel mercato vince ciò che viene scelto, non ciò che viene auspicato.

Va tutto bene? No. Ma per cambiare qualcosa serve realismo.
Si cambia – semmai – con gli incentivi, le regole (poche e chiare), i prezzi, e la fatica di costruire alternative reali.

Questo vale soprattutto per chi si lamenta del turismo tout court.
È vero: sta fagocitando i centri storici di molte città. Ma qual è l’alternativa praticabile, senza mettere mano al portafoglio pubblico – ammesso che ci siano le risorse?

Per esempio. Vogliamo più abitazioni? Allora servono politiche abitative serie, non post indignati.
Vogliamo più turismo lento? Perfetto. Ma chi lo rende competitivo, comodo, attraente? Chi lo paga?

Vogliamo attrazioni meno affollate? Benissimo. Ma allora dobbiamo poter gestire i flussi, non solo sperare che la gente cambi gusti. Serve la possibilità di fare politiche di prezzo dinamico, gestione dei tempi di accesso, la possibilità di contingentare accesso in alcuni luoghi. Perché nessuno si alza la mattina dicendo: “oggi voglio andare dove non va nessuno o suggerisce il piano del turismo numero x”

Serve meno ideologia e più economia.
Meno visioni morali, più capacità di leggere i dati e farsi le domande giuste:
Perché i turisti fanno certe scelte? Perché le imprese offrono certe cose? Quali condizioni rendono sostenibile un comportamento diverso?
E soprattutto: siamo sicuri che i turisti paghino davvero il costo intero della loro visita, o li stiamo sussidiando in qualche modo?

Il turismo che ci piacerebbe non basta.
Serve capire quello che c’è. Solo da lì si può (forse) fare qualcosa di meglio.

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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