Il congierge chi era costui?
Una delle figure più prestigiose dell’ospitalità, se si eccettuano le case di gran lusso, sta scomparendo. In poche strutture esiste ancora il portiere d’albergo o che dir si voglia concierge.
I più carismatici sono sempre stati quelli iscritti all’associazione delle “Chiavi d’Oro“, nei tempi passati venivano considerate un’associazione molto influente che, nell’intento di assecondare i desideri dei clienti, ottenevano “accessi” privilegiati a diversi servizi.
Trovavano posto all’ultimo momento alle prime teatrali andate sold out mesi prima, prenotavano ristoranti inaccessibili, se volevi il biglietto per il derby, oppure quei rarissimi sigari si innescava una rete che riusciva a scovare e ottenere tutto.
Tra loro, i concierge delle Chiavi d’Oro, si sono sempre aiutati. Io, figlio di un associato alle Chiavi d’Oro, ricordo l’annuale festa della befana a Firenze, ricordo l’anticipo in denaro che il portiere di un hotel di Ancona, quando ero lì militare, mi concesse solo per aver detto che mio babbo era un collega, ricordo la catena Spingardi che raccoglieva risparmi per le famiglie dei portieri che se ne andavano, l’arrivo del mensile con la copertina blu nella quale si leggevano le cronache dalle varie delegazioni regionali.
Figure maestose e orgogliose di far parte di una categoria importante, ricordo ancora un congresso a Sorrento – avrò avuto si e no 14 anni – tutti eleganti, composti, educati, fra loro un gran rispetto. Lo stesso rispetto che gli ospiti degli alberghi dove lavoravano usavano nei loro confronti, un rispetto ricco di riconoscenza, i concierge custodivano i segreti e i desiderata che avrebbero reso la vacanza o il viaggio di lavoro un momento di felicità. Si, quando c’erano i concierge i clienti erano sempre felici.
Immaginate la mia felicità quando mi sono reso conto che, nel preparare BTO, è apparso un panel inatteso quanto gradito dove ci si pone una domanda: Dove sono finiti i grandi racconti che hanno reso leggendaria la nostra ospitalità nel mondo? Un incontro con gli ultimi cantastorie del nostro settore, per scoprire che è ancora possibile un turismo vicino all’individuo, dove le relazioni vincono sulle recensioni. Un panel di Paolo Iabichino che parla con alcuni portieri d’albergo.Cantastorie?! Si, erano anche degli eccezionali giocolieri, ricordo un racconto di mia mamma nel quale tutti gli ospiti lasciavano l’hotel di Punta Ala salutando mio babbo. Roberto (si lui si chiama Roberto e io Robi): “anche quest’anno non siamo riusciti a battere il suo punteggio sulle 18 buche“. Roberto non ha mai giocato al golf e penso che i clienti lo sapessero anche.
Ma perché Paolo Iabichino porta in BTO, tempio delle tecnologie applicate al turismo, un panel così “human 2 human” con le storie dei pconcierge? Ho deciso di chiederglielo.
Ho notato che spesso, persone anche molto qualificate che parlano di turismo non conoscono il significato della parola “concierge“, una figura di grande tradizione alberghiera che aveva un ruolo importante nel rapporto e nella cura del cliente. Come è nata l’idea di portare in BTO alcuni portieri d’albergo?
È nata qualche mese fa dopo aver condiviso con Giancarlo Carniani la notizia di una manciata di alberghi che avevano introdotto il check-in automatizzato. Nonostante la tecnofilia di entrambi, quella ci è sembrata una pessima notizia per il settore e allora ho proposto una provocazione, quella di un movimento per la salvaguardia del Concierge. Ne ho parlato con Michele Paonessa, il presidente delle Chiavi D’Oro, e il buon Michele mi è sembrato molto divertito all’idea di essere trattato come un panda in via d’estinzione. Ne ha parlato con qualche collega e abbiamo deciso di invitare il pubblico della BTO a una riflessione condivisa, quella di un settore che ha straordinariamente bisogno del contatto umano, perché l’ospitalità non può essere disintermediata al punto da rinunciare all’ospite. È un ossimoro pericolosissimo. Il turista ha bisogno dell’ospite per vivere il viaggio in maniera più intensa, profonda, per vivere realmente la sua destinazione. Altrimenti diventiamo come dei Fast Food, in cui perdiamo il sapore delle cose, il gusto per quello che facciamo e l’amore per un mestiere – quello dell’ospitalità – che ha il privilegio dell’emozione e del contatto tra individui.
La figura del concierge, strutture di lusso a parte, è ormai in dismissione e internet li sta sostituendo: concierge service su twitter, Room Concierge in qualche OTA, check in meccanizzati senza più contatto umano. Le chiavi d’oro sono ormai sempre più rare, perché?
Perché il marketing ha bruciato l’esperienza. Le clusterizzazioni sono diventate più importanti degli stili individuali. Il consumo ha travalicato gli argini e anche l’ospitalità si è trasformata in merce.
Allora diventa più importante brutalizzare la tecnologia, anziché metterla al servizio del viaggio. Ridurre ai minimi termini la mediazione tra individui, perché questa assorbe tempo, denari, risorse, energie e il nostro mondo deve viaggiare sempre più veloce, possibilmente in economia, per poter vincere la concorrenza di chi vende al ribasso.
La qualità ha smesso di essere un asset su cui costruire la relazione con i nostri interlocutori. Vince l’efficienza, la velocità, la riduzione di prezzo, la recensione strappata con lo sconto. Con buona pace delle relazioni. Il customer care passa sui database di crm, e va benissimo, ma solo se non affida all’algoritmo anche la passione per un mestiere nobile e straordinario che diventa purtroppo sempre più raro.
Credi che si possa tornare, nei prossimi anni, a quel clima “human to human” di volti professionali e preparati dietro il banco degli hotel? Valori e fiducia possono esistere senza questo rapporto umano che il più delle volte portava con se la storia di una casa presso la quale si “scendeva” non si arrivava?
Giuro che non lo so. Si parla molto di H2H, ma di questi tempi slogan e hashtag sembrano funzionare meglio della volontà di affrontare realmente le problematiche. Quello di cui parliamo all’interno del mio panel è un tema serissimo, che però affrontiamo con leggerezza e disincanto, grazie all’incredibile portato narrativo della nostra tradizione alberghiera. Ora, se questa deve diventare una commodity e i nostri alberghi solo dormitori tra un centro commerciale e un altro, andrà benissimo lasciare che i Concierge scompaiano come animali in via di estinzione, ma se il turismo, specialmente nel nostro Paese, vuole recuperare ricchezza culturale, esperienze memorabili e amore per il viaggio, allora deve saper riportare al centro l’ospitalità come driver fondamentale dell’intera industria e questo non può essere fatto disintermediando all’estremo la professione, delegando a bot e a lettori di codici a barre un momento magico come quello di una notte dentro una città diversa dalla tua.
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