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Le leggi che regoleranno il libero mercato tra i fattori distruttivi individuati dalla LSE

Vi consiglio di leggere lo studio della London School of Economics and Political Science curato da Graham Floater e Lisa Mackie e commissionato da Amadeus. E’ uscito lo scorso mese di ottobre e si intitola “Travel distribution. The end of the world as we know it?

Una domanda importante per un settore, quello del travel, che almeno ogni dieci anni nell’ultimo secolo, ha cambiato spesso il modo di scegliere, acquistare, vivere un viaggio. Quindi nessun problema e niente paura. Proviamo a capire cosa cambierà, perché e come reagire a questi cambiamenti.

Lo studio individua in prima battuta i fattori “distruttivi” del sistema travel, suddivide le aree di distribuzione e i possibili percorsi per restare indenni o migliorare la propria presenza sul mercato nel prossimo futuro.

Per la verità, come vedete nella tabella (Figure 1) i fattori distruttivi sono quelli che viviamo già oggi: le aspettative del consumatore, il mobile, i big data e l’intelligenza artificiale, le regole, e i rischi.

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Se si analizzano tutti questi fattori si comprende come, qualsiasi fase della distribuzione è presidiata dai grandi operatori, siano essi OTA (Priceline, Expedia), OTA-Aggregatori-comparatori (Tripadvisor, Kayak, Trivago), oppure gatekeepers (Facebook, Google, Apple).

In the future, consumers will demand more comparison and more convenience.

Greg Shulze, Expedia, July 2016

Non solo questi grandi operatori controlleranno sempre più il flusso di dati e contenuti ma in particolare controlleranno e forse gestiranno anche i flussi finanziari. (Figure 2)

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Se si osserva la tabella sotto (Table 1) si noterà, nel settore degli hotel, un mercato diviso tra catene e hotel indipendenti, un’alta frammentazione con poche grandi catene alberghiere e un’alta competizione con il settore della sharing economy platforms.

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Ovviamente il buon albergatore italiano avrà già creato il suo bel sito con un bel motore di prenotazioni proprietario, lo avrà commissionato a una web agency che avrà messo in piedi una struttura mobile friendly con un sistema che rende la prenotazione un’esperienza semplice e veloce all’ospite online. Ma come potrà reagire a questi fattori? Secondo la tabella 1, i nuovi modelli di business nel settore degli hotel e dei rent a car saranno quelli che prevedono percorsi di adattamento alla sharing economy e il consolidamento di grandi alberghi.

Diciamocelo pure, per la distribuzione indipendente italiana sarà molto dura: oltre a fare un buon sito, a destinare un grande budget per “fare amicizia” con i gatekeepers, a pagare commissioni alle OTA e quindi anche un po’ ai metamotori,  a portare avanti una costante formazione del titolare e dei sui collaboratori, cosa potrà fare un albergatore, un venditore di camere?

Ben poco, anche perché uno dei fattori individuati da Amadeus è proprio quello delle regole. Specialmente in America le lobby degli albergatori si stanno confrontando aspramente con le lobby degli “affittacamere” professionisti questi ultimi che, non solo caratterizzano la maggior parte delle transazioni sulle piattaforme di “falsa sharing“, ma godono di regimi fiscali e regole che in pratica mettono fuori combattimento l’offerta alberghiera.

Un recente studio di alltherooms.com dal titolo 440 Million Reasons to Tax Airbnb Vacation Rentalsha messo in evidenza il fatto che, nel mercato Usa, tra la tassazione alberghiera e quella applicata agli host vi è una sensibile differenza dalla quale potrebbe derivare un mancato gettito di circa il 60%.

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In sostanza molto del futuro degli alberghi potrebbe dipendere dalle leggi che verranno studiate per regolare un mercato, quello degli affitti ai turisti, che crea divari impressionanti tra operatori che, come la tabella della LSE dimostra, insistono sullo stesso segmento, sugli stessi canali distributivi, sugli stessi identici device degli utenti, e negli stessi luoghi. Non sarà semplice, in Toscana ci hanno provato e si sono alzate, come prevedibile, molte critiche e proteste.

Allora mi chiedo, quali sarebbero le novità? Se la sharing economy funziona perché sfrutta un vuoto fiscale e quindi sostanzialmente un vantaggio, se Uber viola secondo i giudici inglesi le norme del lavoro, se per sopravvivere un albergatore dovrà “incastellarsi” con un franchising a una catena alberghiera, a una OTA o a un gatekeeper, cos’è cambiato? Se nelle start up che cercano di scardinare vecchi equilibri viaggiano soldi di grandi società che sdoganano incubatori quasi come miracolosi enti benefici, dove ci si basa sul cottimo di ragazzi che per emergere forse pagano ogni mese con i loro sacrifici il rischio aziendale degli azionisti di “gran” maggioranza, non me ne vogliano i più etici e i più corretti, ma mi pare più un ritorno al passato.

Aziende che ormai hanno raggiunto il controllo del mercato mondiale e che si lamentano per dover sottostare a diversi regimi fiscali (gli farei leggere il regolamento regionale che norma la gestione di una piscina in una struttura alberghiera) e auspicano un turismo senza regole assomigliano molto a quelle aziende americane old style che, una volta conquistata la vetta del mercato, alzavano barriere protettive per eliminare ogni tipo di concorrenza. Concorrenza che non piace a queste piattaforme, mai! E quando c’è disparità di regole anche Uber fugge a gambe levate. Tutti aspirano a un mercato libero, ma non si sa a quale libertà.

Questa “distruption” del mercato mi pare più una via di mezzo tra una restaurazione 2.0, con il relativo consolidamento dei poteri forti (piattaforme) e una sorta di ristabilimento delle signorie territoriali con le curtis digitali (OTA, Metamotori) che faranno il bello e cattivo tempo magari usurpando ogni possibilità d’azione a chi dovrebbe arginare i rischi di oligopolio, rischio probabile visto che, nonostante il grande fermento pochi restano i player del mercato e praticamente in linea sono i livelli commisisonali.

Un moderno vassallaggio, un sistema feudale, dove un operatore si assoggetta a una OTA promettendogli fedeltà e ricevendone in cambio visibilità online.

Ovviamente l’ho messa giù un po’ dura, ma sono anche convinto che gli operatori del turismo, ormai avvezzi ai fattori di rischio e al cambiamento sapranno reagire e dominare il mercato come sempre. Ora più che mai c’è bisogno di una spinta nuova, di un nuovo rinascimento come ha ipotizzato un mio caro amico nel Why! della prossima BTO di Firenze.

La vignetta in copertina è di Mauro Biani – www.mariobiani.it

Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

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Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

4 Comments

  • ” Specialmente in America le lobby degli albergatori si stanno confrontando aspramente con le lobby degli “affittacamere” professionisti questi ultimi che, non solo caratterizzano la maggior parte delle transazioni sulle piattaforme di “falsa sharing“, ma godono di regimi fiscali e regole che in pratica mettono fuori combattimento l’offerta alberghiera.”

    Ancora 20 anni fa il settore extra-alberghiero non avrebbe potuto esistere. Non per questioni di leggi e regolamenti ma semplicemente perché io viaggiatore non avrei mai potuto trovare una micro-struttura utilizzando gli strumenti classici che si usavano allora: agenzie di viaggio, cataloghi, telefono, fax. Non parliamo di 40 anni fa quando manco ci stava il fax. Poche grandi strutture potevano essere cercate, trovate e selezionate. Apro parentesi, in Italia le grandi strutture praticamente non esistono e ciò è un male per l’economia di scala.

    Internet, e le OTA, hanno reso possibile lo sviluppo dell’extra-alberghiero. Ma questo sviluppo non sarebbe avvenuto se non vi fosse stato un altro fenomeno, che è stato mondiale, ovvero la bolla immobiliare del primi anni del XXI secolo. Si sono costruite moltissime case che poi sono rimaste vuote. Inoltre la crisi finanziaria iniziata nel 2008, riducendo il reddito di molti, ha fatto sì che persone che abitavano nei centri cittadini, o comunque nelle aree più pregiate, si siano spostate in zone più periferiche dove i costi sono più bassi così lasciando disponibili per uso turistico molte unità immobiliari.

    Nel contempo comunque il turismo è cresciuto perché si sono affacciati sul mercato popoli come quello cinese o indiano che fanno numeri enormi ma che ancora non hanno disponibilità economiche tali da permettersi soggiorni in hotel alto-stellati.

    • Robi Veltroni ha detto:

      Salve Vincenzo, potrei raccontarti di come l’extra-alberghiero sia sempre esistito, in particolare nelle destinazioni di vacanza. Già nel dopo guerra i militari che avevano combattuto in Europa tornavano in tempo di pace nei luoghi che avevano liberato e i contadini affittavano loro rimesse, garage e quanto potesse essere trasformato in camere.
      Poi contadini e pescatori compresero che affittando l’appartamento e andando in estate a vivere nel garage avrebbero incassato di più.
      L’extra alberghiero italiano è nato così, in particolare nelle destinazioni marine è sempre andato a gonfie vele.
      In città, quando ero piccolo, la signora vedova che abitava nell’appartamento sotto al mio affittava camere a commessi viaggiatori, ai giocatori della locale squadra di baseball e a qualche militare della vicina base dell’aeronautica.
      Continuo a pensare che non è cambiato nulla e che queste piattaforme, siano esse benvenute e glorificate, hanno solo il pregio di aver portato in chiaro un bubbone di sommerso impressionante.
      E detto tra me e te, chi ha due appartamenti da affittare a Roma e magari in centro, secondo la mia percezione non appartiene a quelle classi che hanno visto il loro reddito diminuire dopo la crisi del 2008.
      Per quanto riguarda la grave mancanza di grandi catene o gruppi d’hotel , la penso come te, è un problema drammatico che rischia di mettere fuori mercato non solo il settore dell’hotellerie ma tutta la destinazione Italia.
      Continua a commentare e a leggere Officina, è sempre un piacere leggere i tuoi commenti.

  • Buongiorno signor Veltroni,
    La ringrazio per avere letto il mio intervento e per la risposta. Non dubito affatto che nelle località di vacanza, ma non solo, l’extra-alberghiero esistesse anche 50 anni fa. Io stesso, nel 1986 quando avevo i figli piccoli, affittai una villetta al mare in Puglia. Lo feci tramite agenzia immobiliare, era il canale principale. Allo stesso tempo, però, le dimensioni del fenomeno non erano certo tali da scatenare l’ira funesta di Federalberghi nonostante all’epoca il fenomeno fosse ancor più “sommerso” di oggi. Faccio peraltro notare che Federalberghi più che chiedere più regole per l’extra-alberghiero farebbe meglio a chiedere meno regole per sé.
    Le OTA hanno fatto crescere a dismisura il fenomeno.
    Chi è stato colpito dalla crisi non è stato probabilmente il proprietario degli appartamenti in centro, ma il suo inquilino che se ne è andato in periferia lasciando libera la casa che è diventata così disponibile per l’uso extra-alberghiero.
    Il provincialismo della maggior parte di coloro che fanno l’albergatore in Italia si osserva anche nel fatto di non avere saputo cogliere le opportunità che ne nascevano.
    Sette o otto anni fa mi proposero un investimento a Praga, città che allora frequentavo spesso per motivi di lavoro. Chi me lo propose era tra l’altro un italiano. Questo signore aveva acquistato un intero stabile, lo aveva ristrutturato ricavandone in una porzione un albergo. Nell’altra porzione, la più grande, aveva ricavato tanti mini-appartamenti, mono e bilocali, che stava rivendendo e io ero appunto uno a cui aveva proposto l’acquisto. Chi li acquistava non lo faceva di certo per abitarci, anche se forse qualcuno lo ha fatto, ma per affittarli in modalità che in Italia chiameremmo “locazione turistica”. L’albergatore a quel punto agiva da agente immobiliare per conto del proprietario dell’appartamento che lo delegava per firmare il contratto, trattenendosi come commissione d’agenzia una quota dell’affitto, e al turista vendeva, tramite la società che gestiva l’albergo, i servizi alberghieri. Avrà notato che un fenomeno simile sta avvenendo anche in Italia dove sono nate società che gestiscono per conto dei proprietari degli immobili molteplici appartamenti dati in locazione turistica. Sono queste società di gestione che poi vendono i servizi aggiuntivi. Mi domando perché non siano stati gli albergatori che avrebbero già avuto la struttura necessaria a gestire il business ad entrare su questo mercato. E’ quindi forse l’invidia nei confonti di chi ci ha pensato ad avere scatenato la loro ira?
    P.S. Fossi un albergatore di una certa dimensione mi proverei a vendere i servizi di pulizia e lavaggio biancheria anche a chi abita nei palazzi accanto.

    • Robi Veltroni ha detto:

      Caro Vincenzo, le conversioni di parte di hotel in appartamenti sono avvenute anche in Italia, molti appartamenti sul mercato sono di albergatori e di ex alberghieri e così via. Sul fatto che deregolare sia meglio che iper regolare sono in pieno accordo con te. Non sottovaluterei gli albergatori italiani, molti di loro sono capaci e quasi tutti hanno ancora buoni margini.
      Il problema delle strutture alberghiere, per la maggior parte delle volte, risiede nella gestione di tipo familiare che non è economicamente vantaggiosa quando qualcuno della famiglia invecchia o vuol cambiare stile di vita e spesso le nuove generazioni non sono attratte dal lavoro dell’ospitalità.
      Due cose mi sembrano strane. La prima è lo sport nazionale del “tiro all’albergatore”, tutti a insegnargli il lavoro. La seconda è la stranezza che le associazioni in difesa dei consumatori, che per anni, hanno preteso giustamente tracciabilità dei prodotti, livelli igienici, qualità e controlli dei costi, adesso sono silenti nei confronti di un fenomeno che, converrai con me, non è più volto alla tutela del compratore ma alla salvaguardia dell’agire del venditore (perché ognuno di noi un po’ host lo è, e anche un po’ furbetto).
      In fine posso assicurare che se l’albergatore di una certa dimensione dovesse gestire un’impresa di pulizie e di lavaggio biancheria in house e per conto terzi (magari piccoli) non riuscirebbe a ottenere quelle economie che gli consentirebbero di essere in linea tariffaria con il mercato.
      Per il resto torno a benedire le piattaforme come Airbnb, che servono a portare alla luce il sommerso, e abbandonerei questo costante inno contro l’albergatore che, ti posso assicurare, è impegnato molto a districarsi in regolamenti (in particolare sanitari e del lavoro) mentre la concorrenza, ma la chiamerei “altro contesto” più che concorrenza, viene messa nelle migliori condizioni per agire in regime fiscale più leggero, assenza di normative e con salvifiche vie di fuga. Lo Stato dovrebbe consentire a tutti di “gareggiare” in condizioni di parità, poi che vinca il più bravo, e gli albergatori italiani spesso e volentieri sono veramente bravi, più di quanto si creda.
      Continua a seguire il blog e a commentare, la tua partecipazione alla discussione è utile e sempre interessante.

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