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Scontrino turistico, un suggerimento, follow the money!

Secondo il Piano Strategico per il Turismo, cultura e paesaggio sono le chiavi dello sviluppo turistico perché consentirebbero di incrementare allo stesso tempo la spesa media giornaliera dei turisti internazionali e la loro permanenza in Italia.

Abbiamo già scritto che la durata del soggiorno dei turisti stranieri in Italia non è poi così breve. Inoltre, il dato italiano è in linea con quello di altri paesi concorrenti, ad eccezione della Spagna dove prevale il turismo balneare. Infine, permanenza e spesa media per pernottamento sono due variabili  che è difficile fare crescere insieme. Infatti, ad eccezione di alcuni mercati di lungo raggio, più brevi sono le vacanze in Italia, maggiore è la spesa per notte. Al contrario, più lunghe sono le vacanza, minore è la spesa per notte. Con il post di oggi vorremmo mettere in discussione la tesi (del PST) per la quale il turismo culturale (o del paesaggio) sarebbe da preferire perché  più ricco. Ci permettiamo di affermare che si si vuole incrementare il fatturato turistico – a parità di permanenza sul territorio italiano – sono necessarie due condizioni. Primo, aumentare il numero di turisti con buona capacità di spesa. Secondo, assecondare la propensione alla spesa, cioè offrire un ambiente bello piacevole e servizi di alto livello per fare shopping (meglio se di prodotti italiani).

La tesi del PST si basa sulle elaborazioni del CISET dei dati della Banca d’Italia; chi si trova in Italia per una vacanza motivata principalmente dalla cultura o dall’enogastronomia ha una spesa media giornaliera più alta di chi è in vacanza per altri motivi. Questo è vero; ma è solo la superficie. Vediamo perché partendo dalla lettura scientifica.
Marcussen (2011), fa una analisi della letteratura esistente e, utilizzando dati dei turisti stranieri in Danimarca, testa quale di 18 fattori possa incidere sulla spesa media. Il risultato è quanto ci si aspetta utilizzando il buon senso. Semplificando e banalizzando; si spende di più se si visita una grande città  (a prescindere dal motivo), se si è ricchi, se il soggiorno dura di meno, se si alloggia in hotel a 5 stelle e, se si viaggia per affari.

Continuiamo il nostro viaggio oltre la superficie. Vi propongo alcune osservazioni utilizzando i dati sul turismo internazionale (in Italia) della Banca d’Italia.

  • Il 67% dei viaggi con motivazioni culturali si concentra in città di grandi e medie dimensioni, capoluoghi di provincia e hub amministrativi e finanziari: Roma, Venezia, Firenze, Milano, Verona, Torino e Napoli. Non vi viene il dubbio che la maggior parte dei turisti culturali deve spendere di più perché deve contendersi la camera non solo con altri turisti con la stessa motivazione, ma anche con altre persone che visitano le città  per tanti altri motivi?
  • I tedeschi, tra il 2012 e il 2015, hanno speso approssimativamente 4 miliardi di euro per vacanze culturali (e città d’arte), 4 miliardi per vacanze al mare e circa 3 miliardi per vacanze ai laghi. E’ vero che hanno speso ogni giorno di più per una vacanza culturale rispetto al mare ( 99 EUR contro 72 EUR), tuttavia per ogni viaggio al mare in media hanno speso molto di più che un viaggio nelle città d’arte (662 EUR contro 576 EUR). Chi visita le città d’arte tende soggiornare la metà del tempo chi si reca al mare. Qui i dati.
  • Nello stesso periodo, gli americani che sono venuti in Italia hanno speso euro prevalentemente per vacanza culturali; tuttavia i pochi che sono venuti per il mare hanno speso in media per ogni viaggio poco di più che per vacanze culturali. Qui i dati.

In altre parole; considerare la motivazione di vacanza come determinante per della spesa giornaliera è molto azzardato. Quel dato è determinato da altri fattori quali la durata media del soggiorno, tipo di destinazione visitate, periodo della stagione, tipo di alloggio utilizzato.

Tra il 2011 e il 2015, i turisti inglesi hanno speso in media in Spagna 6 miliardi di sterline all’anno, in Grecia circa 1,2 miliardi, in Italia 1,6 miliardi (fonte dei dati  è l’ufficio statistico inglese). L’indizio della durata del soggiorno (10 giorni in Grecia, 9 in Spagna), mi spinge a credere che i viaggi in Grecia e Spagna siano giustificati prevalentemente da motivazioni legate al clima e al mare. Per l’Italia, invece, la principale motivazione di viaggio è la cultura (la fonte è l’indagine della Banca d’Italia). Anche in questo caso, se si guarda alla spesa media per giorno verrebbe da pensare che per la cultura si spende di più. Tuttavia, la spesa per viaggio è di poco più alta in Grecia che in Italia. Perché? Non dimentichiamo che parliamo di medie e che un peso molto rilevante nel caso greco è giocato dai flussi dei turisti inglesi nei resort e nelle ville del segmento lusso. Gli stessi modelli di ospitalità proposti da Briatore in  Puglia, ma che sono stati respinti con “orrore” (con la erre moscia) dal pensiero turistico mainstream italico.

Nel 2016, il 67,2% dei tedeschi benestanti con un reddito superiore ai 100.000 EUR ha fatto almeno un viaggio all’estero. Il 14,5% dei tedeschi benestanti è andato in Spagna, mentre l’8,1% è venuto in Italia. Percentuali molto simili per ceto medio tedesco. Poiché nella stessa ricerca dove ho tratto i dati precedenti (Ulrich Reinhardt, Tourismusanalyse 2017 ) si mette in risalto che l’80% dei viaggi (lunghi) tedeschi  in Spagna sono verso le isole Canarie e Baleari, si può concludere che ai benestanti tedeschi piace il mare. Inoltre, secondo la stessa ricerca, c’è veramente poca differenza tra quanto i tedeschi (in aggregato) spendono per viaggio e per pernottamento tra Spagna e Italia.

La spesa per pernottamento è una determinante del fatturato turistico; porsi l’obiettivo di aumentarla è indubbiamente un merito del PST. E’ opportuno però analizzare bene su quali leve agire. In Spagna, ad esempio, hanno una precisa strategia sullo shopping. Consci del fatto che le statistiche ufficiali – che si basano su indagini campionarie – tendono a sottostimare la componente per la spesa retail, gli spagnoli hanno avviato una strategia per invitare i turisti nello vie dello shopping di Madrid, Barcellona e delle loro località glamour. Perché  lo shopping? Come ricorda Visa Europe 2016 in un comunicato stampa dello scorso anno, le top 5 delle categorie merceologiche della spesa degli stranieri in Italia nel 2015 (con la carta VISA) sono: 1) settore alberghiero e ricettivo con un totale di spesa che si attesta su €3,2 miliardi; 2) moda e abbigliamento (€ 2,4 miliardi); 3) i prodotti e i servizi assicurativi con € 1,4 miliardi; 4)  l’intrattenimento (€ 1,2 milioni) e 5) l’elettronica di consumo (657 mila euro). In altre parole, al netto delle spese in contanti, per ogni euro speso in hotel, se ne spende un’altro per lo shopping.

Ora, è evidente che la bellezza del paesaggio italiano, l’arte, i borghi più glamour, i nostri centri storici, ecc. sono alla base di un prodotto che già in questo momento attira flussi consistenti di big spenders. Ma cultura e paesaggio da solo non bastano e soprattutto, ai big spenders non dispiacerebbe affatto venire in Italia (magari al Sud) per rilassarsi al mare.  Un suggerimento agli strateghi mainstream del turismo italico. Se l’obiettivo è aumentare lo scontrino turistico, follow the money, not your ideas.

Questo che hai appena letto è il terzo post dedicato al PST, ecco i precedenti:

Immagine MaxPixel (1)

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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