Le cancellazioni sono costantemente in aumento. Gli albergatori cercano di far fronte al problema, ma il fenomeno sembra incontrollabile.
Le cancellazioni sono in aumento perché negli ultimi anni si va diffondendo sempre di più, tra i turisti, la pratica della prenotazione multipla, o a cuor leggero, di tutti quei servizi che prevedono cancellation policy blande o praticamente nulle sulle piattaforme internet. Il fenomeno è diventato importante, in particolare dopo la massiccia campagna di Booking.com che si basava proprio sulla semplicità della cancellazione gratuita: “prenota pure, la cancellazione è quasi sempre gratuita“. Molte catene alberghiere hanno affrontato il problema in maniera diversa me sempre riscontrando pochi benefici nel modificare le loro cancellation policy.
Il problema più rilevante è quello delle cancellazioni in alta stagione e a poche ore dall’arrivo, queste sono proprio le cancellazioni che fanno male.
Anche se si possono inasprire le politiche di cancellazione, c’è da tenere conto che ogni giro di vite riduce drasticamente le potenzialità di acquisizione di prenotazioni da parte della struttura. Gli hotel medio piccoli, in particolare in Italia, rischiano grosso se una camera viene annullata all’ultimo momento in periodi di punta, ma ancor di più se non ricevono per tempo prenotazioni a causa del fatto che i competitor offrono maggiori opportunità ai viaggiatori.
Ecco perché bisogna da una parte non essere vessatori con i termini di cancellazione e dall’altra adottare una serie di buone pratiche affinché si possa gestire questo fenomeno.
Innanzitutto è importante monitorare i tassi di cancellazione per singolo canale: OTA, booking engine proprietario, tour operator, prenotazioni telefoniche. Una volta presa coscienza del tasso generale di cancellazione e di quello per canale, possiamo comprendere qual è il rischio effettivo al quale ci sottoponiamo nel gestire un eventuale overbooking. Magari un overbooking di una sola camera potrebbe rivelarsi un rischio praticamente nullo. Tale consapevolezza non solo ci consentirà di difendere la redditività dell’impesa ma anche di evitare qualche notte insonne. Basta uno schema come quello proposto da Mirai.
L’overbooking gestito con attenzione non è una pratica poco etica, bensì una sacrosanta difesa della redditività aziendale. Pensate quante volte abbiamo chiuso le vendite in date sulle quali riceviamo regolarmente cancellazioni.
Il coraggio di non chiudere i canali di vendita appena esaurite le camere è fondamentale. Prima di chiudere un canale, in una precisa data, è bene avere coscienza di quali tipi di prenotazioni insistono in quel periodo. Prima di chiudere un canale è bene controllare l’entità delle opzioni e la qualità delle prenotazioni: quelle non rimborsabili, quelle entrate già in penalità se verranno cancellate, quelle ancora in cancellazione gratuita, quelle di clienti abituali dei quali conoscete le abitudini di conferma del soggiorno, se attendete qualche caparra su prenotazioni effettuate qualche mese indietro, se qualche cliente ha effettuato erroneamente una doppia prenotazione. Solo dopo aver effettuato questo esame potremo prendere una decisione logica e capire se è il caso di chiudere un canale, tutti o nessuno.
Se abbiamo chiuso i canali di vendita troppo avventatamente e riceviamo una cancellazione, magari non abbiamo un channel manager bidirezionale, ricordiamoci di riaprire le vendite tempestivamente non solo alle OTA ma anche sul nostro booking engine e allertiamo e aggiorniamo sempre i collaboratori circa queste manovre.
Non proponiamo solo prenotazioni non cancellabili. Il rischio, a meno che non vi siano condizioni eccezionali in determinati periodi dell’anno e in destinazioni particolari, è quello di uscire dal mercato e ricevere prenotazioni solo all’ultimo minuto.
Evitiamo dissennate riduzioni tariffarie sulle OTA quando si è ancora in cancellation free. Sistemi di comparazione come Tingo funzionano molto bene e automaticamente annullano la prenotazione e la ripropongono sfruttando il ribasso tariffario. Tingo ha già restituito ai viaggiatori che hanno prenotato sulla piattaforma quasi 1,6 milioni di dollari.
Inoltre per ridurre i danni e giocare in difesa mai scordare le vecchie buone pratiche dell’hôtellerie più tradizionale.
Almeno per quanto riguarda le richieste telefoniche organizziamo la vecchia e tanto cara lista d’attesa: se un cliente vi chiede una data nella quale siete al completo, e non è disponibile a cambiare data del soggiorno, tenetene traccia e se la camera si dovesse liberare a causa di una cancellazione ricontattatelo, male che vada potrebbe aver prenotato altrove ma faremo comunque una gran bella figura.
Intratteniamo una corrispondenza con il cliente prenotante. Tutti i clienti delle OTA sono raggiungibili con sistemi di messaggistica implementati nelle piattaforme. Chiedere ai futuri ospiti conferma circa l’orario d’arrivo, informarli su quanto posso fare in albergo una volta arrivati, cercare di avviare un discorso con l’utente ci farà capire il “peso effettivo” di quella prenotazione. Se un utente partecipa, chiede e accetta di proseguire una corrispondenza con voi è molto probabile che arrivi. Se il rapporto si mantiene freddo un semplice messaggio di richiesta di conferma dell’arrivo come da prenotazione potrebbe far desistere il cliente dal mantenere in vita una prenotazione che difficilmente potrà onorare cancellandola per tempo e non all’ultimo minuto.
Inoltre è importante comprendere le nuove dinamiche del mercato e interrogarsi sul perché organizzazioni del calibro di Booking.com – con il sistema Prenotazioni zero rischi – stanno cercando, pur di garantire la cancellazione gratuita ai loro utenti, di farsi carico di sostituire il viaggiatore o comunque rifondere direttamente l’albergatore nel caso di mancato soggiorno dell’ospite. Il motivo potrebbe essere quello che il rischio dei danni derivanti dalla cancellazione è sempre inferiore alle mancate opportunità create da una cancellation policy troppo restrittiva.
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