Alle azioni dell’Enit devono seguire azioni dei privati
Negli ultimi giorni, molto è stato detto circa la ripartenza del turismo italiano ed europeo. Dalla riapertura del Sito Re-Open EU da parte dell’Unione Europea, che intende informare i cittadini e i potenziali turisti sugli spostamenti tra e negli Stati Membri, alla piattaforma New Italian Books, che vorrebbe essere un modo per promuovere la nostra produzione editoriale.
Questi interventi, sebbene meritevoli, rischiano di non avere alcun impatto (se non quello dei costi sulla collettività) se non associati a serie attività di promozione, divulgazione e comunicazione.
Ciò che occorre è una strategia di rilancio del nostro Paese, sia dal punto di vista strutturale (ma questo non è il tema di quest’articolo), sia dal punto di vista della comunicazione, che punti sui nostri asset più di appeal a livello globale.
Tali asset, come noto, sono il turismo e la cultura.
Certo, l’Italia è un Paese anche industriale, con un grande capitale umano sul versante scientifico. Ma quanti cittadini dell’Iowa, secondo voi, conoscono la Olivetti e quanti la Cappella Sistina?
Bene. Di strategie per rilanciare il nostro Paese attraverso la Cultura e il Turismo (messi sempre in maiuscolo nei comunicati stampa) ne sono state prodotte tantissime negli ultimi anni, e, come ovvio, sono molte le intenzioni espresse in questo senso da parte dei nostri decisori politici.
Pur senza entrare nel dettaglio, preme però precisare che la lettura di tali documenti lascia a volte un po’ disorientati: obiettivi generici, target solo accennati, azioni un po’ confuse, al punto che più che di fronte ad un “piano di lavoro” il lettore ha spesso l’impressione di trovarsi di fronte ad uno “studio”.
Basti ricordare il “piano di azione 2020” dell’ENIT, e le sue Azioni di marketing digitale, con un budget di più di 1 milione di euro: Digital PR, Motori di Ricerca e canali video digitali, OTA, Campagne social global, Open Library, Laboratorio Social e Twitter Plurale. Non meno generici sono gli obiettivi di ciascuna azione, come nel caso, ad esempio, delle Digital PR. Obiettivi di tale azione, si legge nel piano, sono: Ottimizzazione della reputazione del brand Italia; Supporto alle campagne di comunicazione tradizionali; Sviluppo di uno storytelling attraverso l’endorsement; Glocalizzazione più efficace della comunicazione; Supporto alla Strategia digital social media; Supporto alla crescita del traffico verso italia.it e verso i social B2C.
Quanto riportato non è a beneficio di polemica: chiunque sia abituato a lavorare sui documenti di natura politica e para-politica sa bene che nel nostro Paese esiste una vasta tradizione di questo tipo di letteratura.
Di fronte a tale distanza tra “le analisi” e la “realtà”, è necessario, tuttavia, che gli attori privati, che sono parte fondamentale del settore turistico, si dotino di strumenti per poter valutare in modo autonomo gli obiettivi, e le strategie più efficaci da adottare per favorire il fenomeno turistico, definendo il proprio target tenendo conto dei trend in atto (e qui la lettura dei documenti citati è molto utile) per poter sviluppare un proprio piano di azione, tanto meglio se condiviso con gli altri operatori territoriali.
Si potrebbe, ad esempio, partire dall’analisi dei volumi di ricerca di Google per individuare interessi e potenziali Paesi target, comparando tali dati anche con gli arrivi, le presenze e altre ricerche disponibili.
Di seguito, ad esempio, il trend di ricerche Google, dal 2004 ad oggi, sul nostro Paese
Come ovvio, il picco delle ricerche riguarda l’ultimo anno, ed è correlato con l’emergenza Covid che ha sicuramente incrementato l’interesse nel nostro Paese a livello globale.
La conferma avviene anche comparando le ricerche relative al nostro Paese con il volume di ricerche rivolte ai principali Paesi UE: Spagna, Francia e Germania.
Il grafico riesce a mostrare con una certa evidenza come, tra i quattro Paesi, ci sia un “gradino” di scostamento a coppie: da un lato Francia e Germania, dall’altro l’Italia con la Spagna, che dal 2004 ad oggi hanno mostrato sempre un livello inferiore fino all’emergenza.
Non si tratta, ovviamente, di criteri scientifici, ma di evidenze parziali che devono essere coniugate con indagini presenti sia online gratuitamente, che con approfondimenti che riguardino la propria zona specifica, il proprio settore, il segmento, e così via.
Fatta questa premessa doverosa, ritornando ai dati, è però interessante valutare quali siano i “nuovi” Paesi che hanno mostrato interesse nel nostro Paese. Di seguito, due tabelle: la prima riguarda la ripartizione per Paese delle ricerche legate al nostro Paese dal 2004 ad oggi; la seconda ha invece un focus sugli ultimi 12 mesi.
Quanto sinora riportato è soltanto un esempio di “analisi di dati” che è possibile adottare per avere una potenziale visione (interpretativa) dei trend in atto. Tale visione va sicuramente confermata, anche attraverso altri strumenti, più o meno sofisticati, attraverso i quali i privati possono avviare delle proprie attività di branding che possano poi ripercuotersi positivamente anche sul branding complessivo del nostro Paese.
Senza voler giudicare il lavoro sinora condotto dall’amministrazione, è evidente che tale intervento non basti. È necessario che tali strategie vengano anche “tradotte” in azioni, non solo dal “pubblico”, ma anche dal segmento privato, che ha, dalla sua, anche la possibilità di “testare” con molta più rapidità, la validità delle proprie interpretazioni.
Funzionale, in questo senso, potrebbe essere la creazione di “cluster” territoriali che, possono strutturare delle proprie campagne promozionali.
Anche se per motivi purtroppo non positivi, il livello di attenzione verso il nostro Paese non è mai stato così alto. Non possiamo cambiare ciò che è stato, ma possiamo cercare di cogliere da questo momento un’opportunità, sfruttando quello che viene definito il nostro livello di brand awareness, per cercare di raggiungere con più efficacia nuovi potenziali target.
Photo by Alex Vasey on Unsplash