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Ripensare il turismo in tempo di Covid: ridare un senso al turismo e agli operatori turistici, quando non è possibile viaggiare.

“Il PIL misura tutto, eccetto ciò che rende
la vita veramente degna di essere vissuta”
(Bob Kennedy 18/03/1968)

Siamo tutti più preparati. I corsi di aggiornamento durano ormai da un anno, un un anno in cui si è aggiornato soltanto l’uno sugli orologi digitali. Un anno in cui ci siamo imbottiti di corsi on line, lezioni online, confronti online per ritrovare la stessa frenesia cui eravamo abituati. Rivolti verso lo stesso scorcio di mondo, abbiamo accumulato nozioni per evadere dalla monotonia, ci siamo sforzati di apprendere per combattere quella insidiosa inerzia mentale complice dell’isolamento. Chi è all’interno delle associazioni o degli organi professionali del turismo si è attivato per ottenere ciò che sarebbe spettato alla propria categoria di riferimento. E in alcuni casi qualcosa è stato ottenuto. Insomma, abbiamo agito. Abbiamo imparato a fare pizze, dolci, sport da salotto, giardinaggio per i più fortunati, ci siamo sentiti arredatori e abbiamo avviato piccoli lavori di ristrutturazione fai da te. Ci siamo nutriti con il Fare.

Dopo 365 giorni impegnati a riempire vuoti temporali ma più spesso emotivi, la nostra mente sta chiedendo un nutrimento di senso:

  • Che senso ha continuare ad apprendere nuove strategie di vendita on line per il turismo, se non si può viaggiare?
  • Che senso ha aggiornare il sito dell’hotel, se i clienti non possono raggiungermi?
  • Che senso ha investire nella sicurezza Covid, se non mi viene consentito di aprire?

Pare che un aggiornamento ci sia e riguardi le domande esistenziali. Dobbiamo allora riabilitare il Pensiero, quello con la P maiuscola cioè la forma più pura ed essenziale dell’attività mentale: intellettiva ma non intellettuale, immaginifica ma non elucubrativa. Una capacità tutta umana che unisce ogni individuo a prescindere dalla condizione che sta vivendo, a volerla dire con Nietzsche: permettere a “chi ha un perché per vivere, di sopportare quasi ogni come”.

A tale concetto si è aggrappato Viktor Frankl, neurologo e psichiatra austriaco sopravvissuto a quattro diversi campi di concentramento, primo esponente della Psicoterapia Esistenzialista e autore nel 1946 di “Uno psicologo nei lager”. Nel suo libro Frankl si oppone fortemente al destino di morte che condivide con gli altri internati e insiste sulla preziosità di ogni vita, che ha un senso e un suo scopo. Dunque ogni professione e ogni ruolo sociale hanno un loro senso e un loro scopo anche quando sembrano non averne. L’esperienza di vivere costretti in uno spazio e con una libertà limitati produce pensieri che imprigionano, impediscono di trovare motivazioni interne e rimuginano su ciò che di negativo stiamo vivendo, senza consentire alle idee di legarsi a pensieri di ampio respiro. Questo ci introduce ad Alekos Panagulis, il rivoluzionario e poeta greco, eroe nazionale protagonista di “Un uomo” (1979) della Fallaci, sopravvissuto ad anni di prigionia e torture, grazie alla forza di trasformare le ferite dell’anima in futuri pensabili. Ha fatto emergere creatività, possibilità, nuovi incontri e progetti, evitando così di alimentare pensieri invasivi e opprimenti.

“E tuttavia esisteva qualcosa che l’abitudine al buio, alla mancanza di spazio,
alla monotonia non avevano spento: la tua capacità di sognare, di fantasticare, e di tradurre in versi il dolore, la rabbia in pensieri.” ( Un Uomo, pg. 121, Rizzoli 1980)

Dunque nonostante in alcuni periodi storici l’essere umano abbia subìto espropriazioni di libertà, sia stato dimenticato come individuo singolo e considerato come appartenente ad una massa informe priva di caratteristiche personali, oppure come una cosa senza bisogni e desideri, ciò che ha favorito la sopravvivenza è stata la capacità della Psiche di elaborare altri mondi possibili.

Quando pensare alle ferie e alla loro organizzazione era un appuntamento in agenda tra il parrucchiere e il commercialista, si programmavano le tappe, i percorsi, le Wow Experiences ed era così necessario non perdersi niente che si correva il rischio che anche la vacanza prendesse lo stesso sapore impiegatizio. L’importante era fare.

Nella società attuale, che mai avremmo immaginato ma c’è, il ruolo degli operatori del turismo si fa essenziale: chi meglio di loro può proporre mondi ancora da immaginare e potenzialmente realizzabili, aperti a possibili incontri?
In questo senso possiamo dire che stiamo vivendo un’evoluzione, siamo tornati a rivalutare l’importanza dell’incontro con l’altro, l’essenza di uscire per costruire una relazione, non più e non solo per accumulare esperienze.

Dai loro social, gli agenti di viaggio e gli albergatori propongono mete, condividono foto luminose e appassionanti, partecipando all’evitamento di fenomeni di decadimento interiore e contribuendo alla tutela della Psiche. Fanno sognare le persone, le famiglie, i gruppi di amici, che spalancano sguardo e mente su altri orizzonti possibili e permettono di sognare qualcosa che va oltre le pareti e i divani ormai segnati dal nostro peso. Si possono immaginare opportunità, colori, leggerezza d’animo: una vita da poter continuare a cogliere. Liberare la mente e farle sognare spiagge, montagne, aurore boreali, castelli medievali, per allontanarla dalla concretezza mortifera del Covid-19.

Memo:
Pensare all’organizzazione di un viaggio, alimenta speranza nel futuro e conferisce senso al presente.

Foto di Rakicevic Nenad da Pexels

Cecilia Galligani

Cresciuta nel contesto turistico, ha iniziato a "dare una mano" alla famiglia sin da piccola. A 20 anni sceglie la psicologia che la porta prima a Padova e poi a Roma, dove si specializza in Psicologia Dinamica. Si forma in due strutture sanitarie romane e avvia la professione come psicologa, mantiene vivo l'impegno lavorativo in famiglia durante le stagioni estive e un costante aggiornamento nel settore turistico. Rientrata in Toscana nel 2017 si occupa attivamente della gestione della struttura alberghiera insieme al fratello continuando la professione di psicoterapeuta.

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Cecilia Galligani

Cresciuta nel contesto turistico, ha iniziato a "dare una mano" alla famiglia sin da piccola. A 20 anni sceglie la psicologia che la porta prima a Padova e poi a Roma, dove si specializza in Psicologia Dinamica. Si forma in due strutture sanitarie romane e avvia la professione come psicologa, mantiene vivo l'impegno lavorativo in famiglia durante le stagioni estive e un costante aggiornamento nel settore turistico. Rientrata in Toscana nel 2017 si occupa attivamente della gestione della struttura alberghiera insieme al fratello continuando la professione di psicoterapeuta.

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