Negli ultimi anni gli ostelli hanno vissuto un cambio di passo e sempre più hotel “cool” e catene lungimiranti hanno iniziato a strizzare l’occhio al loro stile, design e gestione, creando vere e proprie strutture ricettive ibride.
Dal Motto di Hilton, “the most affordable urban lifestyle brand” o “urban microhotel”, al Moxy di Marriott, che personalmente prediligo al brand principale, al Public di Ian Schrager, Generator (che ha tolto “hostel”), Pod Hotels o ancora Jo & Joe di Accor.
Il tradizionale modello di business alberghiero sta facendo spazio a nuovi prototipi ibridi, in cui la struttura cambia modalità di accoglienza a seconda dell’esigenza del cliente: hotel, unità di appartamenti, persino ostello.
Soluzioni variegate in quanto all’alloggio quindi, ma sempre e comunque inserite in hub sociali ben progettati, con spazi comuni super smart e conviviali, con le fantomatiche esperienze collaudate da tempo e sempre ben in target, con eventi organizzati in loco, con bar e ristoranti alla moda sempre più spesso aperti al pubblico, ma anche cinema, piscina, zona BBQ e picnic, sala giochi e via dicendo.
Il futuro dell’ospitalità e le strutture ricettive ibride
Qualche tempo fa ho affrontato l’argomento con due esperti del settore: Fabrizia Calda, Marketing Manager di Combo, e Michele Forchini, Chief Operating Officer di Arkè Hostels.
Nello specifico abbiamo parlato di:
- Quali ospiti e quale mercato
- Il design
- La socialità
- Le potenzialità e il revenue
Non potevamo poi non affrontare i punti critici della gestione di una struttura ricettiva ibrida nel nostro paese, partedo dal gap tra normative nazionali e regionali.
Strutture ricettive ibride: la giungla normativa
Un tema caldo e problematiche oggettive e ho quindi chiesto a Michele Forchini un contributo in questo senso.
Quando si parla di strutture ricettive ibride si tende generalmente a evidenziarne gli aspetti di grande innovazione. Questo è certamente vero, perchè il concetto di “ibridazione” come per altri settori (pensiamo all’automotive) è a mio modo di vedere uno dei grandi trend dell’immediato futuro.
Progettare oggi un hotel in senso classico può avere dei rischi, non solo collegati alle vicende degli ultimi due anni. La clientela, in continuo cambiamento, potrebbe prima o poi “stufarsi” di strutture che offrono solo servizi base come pernottamento e “prima colazione” andando sempre di più a scegliere sistemazioni non in base al numero di stelle ma al numero di servizi e al palinsesto degli eventi.
Questo può sembrare un futuro lontano ma è già qua, e a parer mio si tratta di un cambiamento irreversibile, perchè le nuove generazioni vanno proprio in questa direzione.
La giungla normativa
In questo panorama di grande e costante cambiamento l’operatore che vuole proporre un prodotto nuovo e “ibrido” in Italia si scontra con una giungla normativa.
Ogni Regione infatti legifera in materia ed è purtroppo usuale notare grandi discrepanze nella normativa passando da una Regione all’altra. Per esempio, un ostello in Lombardia può offrire massimo 10 posti letto per camera (indipendentemente da quanti metri quadrati questa abbia) mentre in Toscana o in Veneto questa regola non esiste.
Un altro aspetto complesso e complicato è quello collegato alla SCIA (la segnalazione certificata di inizio attività) che certifica oltretutto la “natura commerciale” della struttura. Una struttura “ibrida” non è contemplata, e se si vogliono inserire al proprio interno diverse tipologie ricettive bisogna ricorrere all’apertura di più SCIA, dividendo virtualmente la struttura ricettiva in più micro unità ricettive autonome (con relative problematiche poi collegate alla sicurezza etc..).
Un altro grande capitolo è collegato al soggiorno massimo, tema che talvolta tendiamo a dimenticare, ma che diventa qui un vero ostacolo, soprattutto quando si vuole intercettare il target degli studenti o dei giovani lavoratori. Anche in questo caso ogni Regione ha la propria regola, anche se generalmente quasi tutte si attestano sui 30 giorni. Una regola vecchia, assurda e facilmente aggirabile. Una regola nata in un’altra epoca, quando i bisogni erano altri. Oggi di fronte alla necessità di soggiorni brevi (massimo 8-9 mesi) in molti casi non arrivano risposte adeguate dall’Ente Pubblico e girando lo stesso problema gli studentati (strutture in grossissima espansione) si ritrovano a dover fare i salti mortali per poter vendere i letti fuori stagione quando non hanno studenti in casa.
Una vera giungla insomma.
La soluzione? L’ostello
Lavoro con gli ostelli da oltre dieci anni e sin da subito ho capito la grande potenzialità di questa tipologia ricettiva che può essere davvero identificata come una piattaforma base su cui innestare le varie modifiche. Non è un caso che sempre più strutture di nuova generazione nascano dalla “piattaforma ostello” o la prendano a modello.
L’ostello ha una normativa snella, che permette la creazione di tutte le tipologie ricettive al suo interno, dal dormitorio condiviso fino alla camera con angolo cottura.
È possibile creare al suo interno bar, ristoranti, spazi per eventi rivolti sia alla clientela interna sia a quella esterna.
L’ostello può gestire soluzioni di ospitalità diverse, per target anche molto diversi tra loro ed è per questo che all’estero sono sempre più diffuse: Freehand, Generator, Meininger, Selina per citarne alcune.
Le catene che nascono dall’ostello e si evolvono sono sempre di più e ogni anno ne nascono di nuove. Il futuro dell’ospitalità è ibrido ed è già presente e torneremo puntualmente su questo argomento.
Da fine mese, con la messe online del mio nuovo website, il mio piccolo Hotel Annunziata diventerà il primo H.H.H.
Hospitality Hub Hotel ovvero finalmente renderò “permeabile” il concetto chiuso di hotel anche ai local e ai turisti, che non alloggiano nel mio hotel, fornendo sia ai miei ospiti che agli esterni tutta una serie di servizi utili e necessari rendendo così l’hotel permeabile a qualsiasi tipo di turista e local.