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Parliamo del grande errore di WizzAir e l’opportunità dell’all you can travel.

Con una scelta inedita nel panorama europeo, la compagnia low-cost ha sviluppato un’offerta commerciale espressamente dedicata ai cosiddetti frequent flyers, vale a dire coloro che l’aereo, lo prendono spesso. 

L’offerta è semplice fai un abbonamento annuale all’aereo. Paghi quindi un prezzo maggiore nel momento in cui ti “iscrivi” all’abbonamento, e poi, per ogni tratta, devi pagare un piccolissimo costo. 

Per quanto si tratti di un’operazione molto interessante, la compagnia low-cost ha, in realtà, fornito un assist alle altre compagnie competitor, più che sfruttare il vantaggio da “prima mossa”. 

Il motivo è semplice la formula ha troppi limiti e condizioni. Sia per chi è realmente un frequent flyer, sia per chi avrebbe potuto diventarlo. 

Dal punto di vista economico, per chi viaggia in aereo tutte le settimane in formula AR, è chiaro che la proposta low-cost è fenomenale. Chi viaggia con tale frequenza, tuttavia, richiede anche una serie di “comfort” che la dotazione e l’organizzazione low-cost difficilmente possono offrire. 

D’altro lato, escludere dall’abbonamento viaggi last-minute e i viaggi verso le destinazioni italiane, riduce anche la possibilità di acquirenti che, attratti dalla formula economica, pur non essendo tecnicamente dei frequent flyers avrebbero potuto acquistare l’abbonamento per “provare”, e quindi, un po’ alla volta, abituarsi a fare vacanze o week-end con maggiore frequenza, magari riducendo il periodo di viaggio estivo (quando tutto è più caro), e investendo tale risparmio in viaggi più brevi, più “freddi”, ma più “frequenti”. 

Certo, non mancheranno sicuramente persone che non si lasceranno scappare quest’opportunità ad esempio coloro che viaggiano spesso in aereo per mete estere e per motivi personali (familiari)  o quei professionisti che pur viaggiando spesso per lavoro non hanno grandi pretese o acquistano in modo indipendente i propri viaggi. 

Un segmento di mercato che avrebbe potuto tuttavia essere molto più esteso, e che probabilmente sarà un assist per le altre compagnie low-cost che, superando alcune limitazioni, punteranno proprio ai “grandi numeri”, contando sul fatto che, tra tutti gli abbonati, ci saranno sicuramente persone che prenderanno meno di 10 aerei (tra andata e ritorno) durante l’anno, e che quindi copriranno le spese di coloro che viaggeranno di più. 

Se la promozione, in se, avrà quindi meno abbonati di quanto si possa pensare, l’introduzione della formula all you can travel nel mercato italiano è veramente interessante. 

Si pensi, ad esempio, ad un’azione che punti a favorire il turismo “destagionalizzato” in località differenti da quelle più gettonate.  

Prevedere una promozione annuale (sostenuta anche da un intervento pubblico), che punti a favorire la permanenza in zone del nostro Paese che sono meno battute dal turismo internazionale potrebbe indurre gli italiani a viaggiare più spesso, anche senza spostarsi di molto dal proprio luogo di residenza, e incrementare le entrate per quei territori (anche interni) che non hanno una vocazione squisitamente turistica. 

Si pensi, ad esempio, al grande numero di immobili detenuti dal settore pubblico e che non hanno una reale destinazione d’uso. Si pensi ad un privato che prenda in gestione tali immobili per trasformarli in attività turistico-ricettive. Si pensi ad un abbonamento che consegnata agli italiani di poter prenotare, anche senza anticipo, una qualunque struttura presente nel “catalogo” di questo soggetto. 

Il risultato è una potenziale rivoluzione dei consumi turistici degli italiani, soprattutto in termini di trasformazione di quelle gite fuori porta che non prevedono ad oggi un pernottamento, e che potrebbero invece trasformarsi in “viaggi-fuori-porta” con tutto ciò che ne consegue in termini di incremento dei consumi, e diversificazione delle attrazioni visitate. 

Sfruttando l’assist che Wizz-Air ha introdotto, e che ha inteso utilizzare più come una campagna di comunicazione più che come modello di business, alcuni soggetti potrebbero davvero trasformare una domanda ad oggi tacita in “consumi reali”.  

Una domanda che implicherebbe anche una serie di sviluppi territoriali tutt’altro che banali. 

Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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