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Che si sia giunti alla fine dei programmi frequent flyer? La scorsa settimana, Delta Air Lines ha annunciato modifiche fondamentali al suo programma SkyMiles, il tutto per ridurre le opportunità di accumulo di punti, ottenimento di status e utilizzo dei relativi vantaggi. 

Non si tratta più in fatti di corrispondenza miglia percorse in volo e quindi accumulate, ma di dollari spesi, con scaglioni di accumulo più restrittivi. In breve, SkyMiles non è più un programma per frequent flyer, ma un programma ad alta spesa. 

Storia e dinamiche dei programmi frequent flyer

Ma come aveva avuto inizio la pratica dei sistemi di fidelity, basati sul calcolo del chilometraggio per attribuire vantaggi specifici? 

Dalla fine degli anni ’30 fino agli anni ’70, il governo federale statunitense ha regolamentato le compagnie aeree come servizi di pubblica utilità. Il Civil Aeronautics Board ha deciso quali compagnie aeree potevano volare, su quali rotte e in quali fasce di prezzo. L’obiettivo era fissare prezzi equi per i viaggiatori e garantire alle compagnie aeree un profitto congruo. 

In seguito, nel 1978, il Congresso approvò una legge che deregolamentava il settore aereo e, infine, abolì il CAB. Svincolate dalla regolamentazione, le compagnie aeree hanno ideato nuove tattiche per conquistare il mercato. 

American Airlines è stata una delle più aggressive. Nel periodo precedente alle leggi di deregolamentazione, ha infatti creato tariffe scontate per vendere gli ultimi posti rimasti sugli aerei. Ciò significava prezzi più bassi per i viaggiatori last minute e maggiori entrate per American, dato che gli aerei decollano indipendentemente dal tasso di occupazione dei sedili… 

Questa pratica però iniziò a scontentare molto rapidamente i viaggiatori d’affari, che tendevano ad acquistare i biglietti con maggiore anticipo e quindi a prezzi più alti. Così, nel 1981, American sviluppò AAdvantage, il suo programma frequent flyer, per offrire loro ulteriori vantaggi. Altre compagnie aeree hanno seguito l’esempio.

Nei primi anni questi programmi erano semplici, come la scheda perforata in un centro estetico, dove la ventesima manicure è gratis. Ma tre grandi cambiamenti li hanno trasformati nei sistemi che conosciamo oggi:

  • nel 1987, American collaborò con Citibank per offrire una carta di credito brandizzata, che offriva punti riscattabili per i voli della compagnia aerea;
  • negli anni ’90, le compagnie aeree hanno moltiplicato esponenzialmente il numero di classi tariffarie, applicando prezzi differenziati per i biglietti e iniziando a offrire vantaggi non congrui ai propri clienti;
  • nel 2007, Virgin America si è resa conto che l’importo che le persone spendono per un volo, in base alla classe tariffaria, è più importante per i suoi profitti rispetto al numero di miglia volate e ha quindi introdotto un programma fedeltà che premia il denaro speso anziché il chilometraggio accumulato.

Questi tre cambiamenti hanno radicalmente trasformato il settore aereo, ma soprattutto hanno reso le compagnie aeree simili a istituzioni finanziarie, che fanno anche volare aerei.

Come funziona quindi il sistema frequent flyer attuale? Le compagnie aeree attribuiscono punti in base ai soldi spesi dai loro clienti e li vendono agli istituiti bancari tramite emissione di carte di credito co-branded.

Le banche assegnano quindi i punti ai titolari della carta e sia le banche che le società di carte di credito guadagnano dalle commissioni. I titolari della carta possono riscattare punti per voli, o per l’acquisto di altri beni e servizi venduti attraverso i portali di e-commerce proprietari delle compagnie aeree.

Per le compagnie aeree questo procedimento non comporta alcun costo fino al momento del riscatto dei punti. Questa configurazione ha reso i programmi fedeltà altamente redditizi con i consumatori che attualmente addebitano quasi l’1% del PIL degli Stati Uniti solo sulle carte di credito American Express di Delta. 

Un’analisi del 2020 del Financial Times ha rilevato che gli istituti di credito di Wall Street valutavano i programmi frequent flyer delle principali compagnie aeree più delle compagnie aeree stesse. Il programma MileagePlus di United, per esempio, era valutato a 22 miliardi di dollari, mentre la capitalizzazione di mercato della società era di soli 10,6 miliardi di dollari.

Come la Federal Reserve, le compagnie aeree emettono valuta – punti – dal nulla. Possono anche decidere quanto vale quella valuta e come può essere spesa. Gli analisti online cercano di offrire stime del valore in contanti dei punti, ma le compagnie aeree possono ridurre questi valori successivamente e modificare il modo in cui i punti possono essere riscattati. Le compagnie aeree vendono addirittura punti a un valore superiore al loro tasso di cambio, il che significa che le persone pagano per qualcosa che vale meno del denaro con cui lo acquistano.

In questo contesto, è facile capire perché Delta sta apportando dei cambiamenti: il passaggio all’attenzione alla spesa, piuttosto che al chilometraggio, è avvenuto da tempo, a causa dell’aumento delle classi tariffarie e del disaccoppiamento tra chilometraggio e fatturato. Limitare i benefici e aumentare i requisiti per ottenere punti, nel frattempo, sembra un modo per ripartire i costi.

American Airlines ha recentemente apportato una modifica simile al suo programma di miglia. 

Sta per succedere anche a queste latitudine o la concorrenza delle low cost ci mantiene in una sorta di bolla? Per quanto ancora? 

Silvia Moggia

Italo-argentina cresciuta alle Cinque Terre, laureata in Conservazione dei Beni Culturali e specializzata in Francia in Mediazione Culturale e Gestione dello Spettacolo, dopo un anno presso l’agenzia internazionale IMG, ha iniziato a lavorare alla direzione della programmazione e artistica dell’Opéra di Parigi nel 1998 per poi essere nominata direttrice di produzione e programmazione al Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia nel 2005. Dal 2011 è tornata in Italia per motivi familiari riconvertendosi nel settore turistico e ha da poco ultimato il master in Hospitality 360 presso la Cornell University, dopo il corso in Tourism Management presso la stessa università. Gestisce il boutique hotel di famiglia a Levanto, si occupa di promozione e sviluppo per altre strutture ricettive e destinazioni, è Data Storyteller & Strategist per The Data Appeal Company e per Vertical Media è incaricata delle strategie di marketing e comunicazione di Destination Florence. Nel tempo libero viaggia ed è web writer nel settore travel e scrive un proprio blog di viaggi indipendenti in solitaria.

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Italo-argentina cresciuta alle Cinque Terre, laureata in Conservazione dei Beni Culturali e specializzata in Francia in Mediazione Culturale e Gestione dello Spettacolo, dopo un anno presso l’agenzia internazionale IMG, ha iniziato a lavorare alla direzione della programmazione e artistica dell’Opéra di Parigi nel 1998 per poi essere nominata direttrice di produzione e programmazione al Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia nel 2005. Dal 2011 è tornata in Italia per motivi familiari riconvertendosi nel settore turistico e ha da poco ultimato il master in Hospitality 360 presso la Cornell University, dopo il corso in Tourism Management presso la stessa università. Gestisce il boutique hotel di famiglia a Levanto, si occupa di promozione e sviluppo per altre strutture ricettive e destinazioni, è Data Storyteller & Strategist per The Data Appeal Company e per Vertical Media è incaricata delle strategie di marketing e comunicazione di Destination Florence. Nel tempo libero viaggia ed è web writer nel settore travel e scrive un proprio blog di viaggi indipendenti in solitaria.

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