Le classificazioni alberghiere hanno ancora importanza?
In realtà, credo che dall’avvento delle recensioni online, coincidente con la nascita e la proliferazione di TripAdvisor nel 2004, la classificazione standard degli hotel abbia perso via via sempre più importanza. L’unica eccezione rimane l’extra lusso, ma anche in questo caso ci sono stati diversi cambiamenti nella percezione di questo segmento e nelle reali esigenze degli ospiti che possono permettersi questo tipo di vacanza.
Da sempre c’è chi sceglie l’hotel in base alle stelle, spesso per uno status quo, molti, come ad esempio mio padre, sin dagli anni 80, sempre stato molto pragmatico, nonostante l’azienda per trasferte di lavoro gli pagasse strutture 4 stelle, lui sceglieva in base ai servizi (parcheggio in primis) e alla vicinanza da dove si doveva recare. Gli capitava dunque di dormire in alberghi tre stelle o addirittura 2, ma dove si trovava benissimo e, a detta sua, pure meglio della concorrenza con stellaggio maggiore.
Io faccio lo stesso, ma al contrario di mio padre, oltre ai servizi scelgo in base alle recensioni, al prezzo, alla location e solo dopo questi indicatori faccio caso alle stelle. Sui vari siti di prenotazione uno dei filtri più usati è quello per punteggio di recensioni, ma anche servizi.
Nel 2014, quindi 11 anni fa, l’Organizzazione Mondiale del Turismo, riportava che il 75% dei potenziali clienti considerava importante la classificazione in stelle ma ben l’84% si concentrava solo sui commenti online. In tutto il mondo sono stati condotti diversi test di classificazione. Uno di questi prevedeva sistemi che permettessero a un hotel di guadagnare o perdere stelle in base alla qualità percepita online. Un altro sistema prevedeva l’integrazione tra le stelle ufficiali e i rating social, fornendo una classificazione per la struttura e una per elementi più soggettivi. Attualmente, questi sistemi di classificazione sono stati testati in paesi come Norvegia, Svizzera, Australia e Abu Dhabi. Da allora sembra non sia ancora stato sviluppato un modello strutturato.
Tuttavia, tornando ai giorni nostri, il mercato è ancora determinato dagli ospiti, ma la domanda è decisamente cambiata, così come l’offerta. Inoltre, le persone hanno perso fiducia nella classificazione degli hotel, a causa della scarsa corrispondenza tra il numero di stelle e la reputazione effettiva. In Italia poi, le stelle vengono assegnate a livello regionale, in base ai servizi offerti dalla struttura, e spesso accade che un tre stelle in una zona può corrispondere a un quattro stelle in un’altra. Per fare alcuni esempi: Puglia, Umbria, Veneto e Val d’Aosta prevedono come requisito obbligatorio il servizio di colazione in camera, a richiesta del cliente, anche nelle 3 stelle (oltre che nelle 4 e 5 stelle come le altre regioni).
In Umbria il riassetto pomeridiano delle camere è obbligatorio anche negli alberghi a 3 stelle…
Negli ultimi dieci anni, sono emerse nuove tipologie di strutture nel nostro paese, ma basti pensare semplicemente all’extra alberghiero e, più recentemente, a tutte quelle strutture ibride che danno poca importanza alla classificazione, ma strizzano l’occhio a nuovi spazi e servizi, vedi TSH, Moxi, CX Place, Jo & Joe, Motto, Yellowsquare ma anche CitizenM (solo per fare alcuni esempi) e che sono ormai apprezzate da molti, non solo dalla generazione Z, la quale probabilmente sarà l’ultima generazione a considerare la classificazione come siamo abituati, a mio avviso superata. Ci sono poi ospiti che prenotano in base al brand, senza nemmeno mai essersi preoccupati di quante stelle avesse quella determinata struttura. Tutto questo cambiamento mi porta a ragionare su quanto e perché le stelle assegnate ad una struttura siano ancora importanti.
Credo che la giusta conclusione sia quella che mi ha confidato un’amica: più che di stelle, ormai parlerei di “Polvere di Stelle”.