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Caro Marsilio, il problema dell’overtourism non riguarda affatto il turismo…

A margine della plenaria del Comitato europeo delle Regioni a Bruxelles, il Presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, ha mosso un’osservazione lucida e di buonsenso sulla questione dell’overtourism.

In breve, la questione sollevata dal Presidente della Regione Abruzzo punta l’attenzione sul fatto che l’overtourism non dipende soltanto dall’attrattività specifica di un luogo, ma anche dalle connessioni e dalle infrastrutture di quello specifico territorio si dota.

Detto in termini banali, se arrivare da Roma a Napoli è estremamente facile, arrivare da Roma a Villa Santa Maria, o a Villetta Barrea, lo è un po’ meno.

Mentre le riflessioni teoriche sulle dimensioni turistiche incontrano vette di erudizione incredibilmente elevate e stimolanti, c’è poi un’altra dimensione, che è quella del turismo praticato, che invece aderisce in modo più profondo alla realtà più strettamente materiale: quanto ci metto ad arrivare? Quanto costa? Che cosa posso vedere? Ne vale la pena?

Ci sono i trend, ci sono gli investimenti strategici pluriennali (leggasi Dubai), ci sono anche misure volte a migliorare la connessione tra il flusso turistico e la cittadinanza, ma queste domande sono alla base della scelta di un potenziale visitatore.

Per stimolare un afflusso turistico è quindi necessario in primo luogo agevolare la raggiungibilità di un determinato territorio, per far sì che il costo in ore (perché in viaggio una delle risorse più scarse non è il denaro, ma il tempo), sia giustificato da un beneficio maggiore. Un piccolo borgo raggiungibile da Roma con soli 20 minuti di treno veloce sarà sicuramente più visitato di un borgo ancor più bello, per il quale è però necessario trascorrere circa due ore su un treno regionale.

Partendo da questo assunto è quindi corretta la sua domanda: perché non investiamo in infrastrutture per quelle aree del Paese che potrebbero, tra le altre cose, fornire anche una soluzione al problema dell’overtourism?

È semplice. In primo luogo l’overtourism è solo un falso problema. È una condizione che sicuramente crea disagi, ma che potrebbe essere risolta con semplicità, utilizzando tecnologie e criteri gestionali neanche troppo evoluti. Non si risolve perché nessuno vuole rinunciare all’afflusso di capitali che un visitatore in più può potenzialmente portare. Testimoniando, tra l’altro, una certa miopia concettuale, in termini di conoscenza del comportamento dei visitatori, ed in termini di effetti di lungo periodo che il disagio (tra turisti e cittadini) può generare sui futuri flussi turistici.

Ovviamente non è solo questo il punto. Il punto è che viviamo in un Paese in cui la pianificazione delle risorse è incentrata sul breve periodo. E così, mentre la strategia per le aree interne ammette che ci sono territori che sono inevitabilmente destinati a morire, nessuna strategia (settoriale o generale) pensa di realizzare davvero delle infrastrutture d’alta velocità che punti a valorizzare in modo alternativo e non presepiale o di nicchia i piccoli comuni.

Troppo diseconomico, dicono i ragionieri. Dimenticando gli effetti economici che si potrebbero generare attraverso la costruzione di centri abitati ben serviti e a vocazione non urbana ma facilmente raggiungibili dai grandi centri urbani.

E questo tipo di logica, ovviamente, non consentirà mai e poi mai di valorizzare, in termini di dotazione infrastrutturale, luoghi che non siano sufficientemente popolati. Questa logica porterà sempre e soltanto ad un sovraffollamento, non solo turistico, ma anche residenziale, di pochi grandi centri, perché un investimento da 1 milione per 100.000 abitanti è sicuramente più congruo di un investimento da 1 milione per un territorio che di abitanti ne ha 10.000.

Eppure questa logica dimentica una cosa semplicissima: non è affatto detto che le persone vogliano davvero vivere a Roma o a Milano. Magari vogliono poterci andare, poterci trascorrere parte della propria giornata, ma forse non vogliono davvero imbottigliarsi nel traffico per andare a lavoro.

Soprattutto guardando al futuro delle nuove generazioni, non è affatto impossibile pensare che possa risultare per loro molto piacevole vivere in una comunità in cui le persone si conoscono tra loro, e poi andare a lavorare in un centro abitato spendendo pochissimo tempo di commuting time.

SI tratta però di una visione politica del nostro Paese. Che ha smesso del tutto l’idea di poter essere un luogo in cui si sperimentano nuove forme dell’abitare, nuove modalità di socialità, nuovi servizi post-urbanistici.

Pur essendo lucida e pienamente condivisibile la sua osservazione, va a scontrarsi con un’Italia, e un’Europa, gestita da burocrati e non da persone in grado di trasformare una visione in realtà. Un sistema in cui contano i conticini dei voti, i cuoricini sui social, gli slogan semplici, non è un sistema in cui si possono immaginare grandi cose e metterle in pratica.

Non si tratta di overtourism. Si tratta di intendere il mondo come una condizione da accettare, piuttosto che come un insieme infinito di opportunità.

Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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