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Del perché tutti camuffano la platform economy

Nei giorni scorsi Giacomo Lev Mannheimer ha spiegato per quale motivo tutti difendono, sotto le mentite spoglie della sharing economy, la platform economy e con essa Uber e Airbnb, offrendo in un colpo solo la risposta ad una serie di mie domande.

Perché i consumatori e le loro relative associazioni hanno pressato i governi e reso i mercati tradizionali ingestibili con infinite sacrosante regolamentazioni igienico sanitarie, salutistiche, di sicurezza e adesso appaiono sostanzialmente assenti nel cercare di rendere sicure le affittanze di appartamenti e le corse in auto?

Semplice, perché in questo caso sono proprio i cosumatori che da utenti diventano fornitori e, lo sappiamo tutti che, se le regolamentazioni mi tutelano ben vengano, ma se una qualsiasi norma finisce per ledere i miei interessi e mi limita nel distribuire la mia offerta e ottenere il mio reddito… guai. Diventa una lotta di chiaro stampo lobbystico, proprio come quella delle associazioni di categoria come, per esempio, quelle di Federalberghi.

Ecco perché difendere la platform economy fa figo e perché deve essere, il più possibile, paludata sotto il grande e ormai privo di significato cappello della sharing economy, ché di tutt’altra cosa si tratta. Anche i comuni hanno tutto l’interesse a farla apparire tale e i giornalisti gli fanno sponda anche nell’agire da sostituto d’imposta.

Parliamoci chiaro, quella storia che gli hotel stanno vivendo un periodo di crisi perché non hanno saputo conoscere e adeguarsi ai nuovi bisogni/desideri dei turisti è una strepitosa supercazzola. Nel 1970 e per una ventina d’anni, la signora Bianciardi, affittava camere proprio nell’appartamento sotto a quello dove abitavo, e in una città di provincia riusciva, senza internet e munifiche piattaforme online, ad affittare a ricchi neri americani che arrivavano con spettacolari decappottabili, sulle quali noi bambini aspiravamo a fare il giro del vicinato. E mille e più volte, negli ultimi 30 anni, scendendo alle stazioni di Roma, Napoli, Milano e anche all’aeroporto di Parigi, tassisti abusivi mi hanno avvicinato e offerto corse scontate verso il centro. L’unica diversità con la storia di 40 anni fa è che queste piattaforme hanno portato tutto alla luce del sole. Era ora e che Dio o chi per esso gliene renda merito.

Studi recenti dimostrano che, sia per impatto, sia per modalità e organizzazione dell’offerta gli host, nel caso di Airbnb, non sono assolutamente piccoli, privati cittadini che mettono a reddito e riutilizzano una loro abitazione, o una porzione di essa come nel caso del B&B.

Platform business models come in different types including transactioninnovationintegrated and investment platforms. While the survey found that transaction platforms are largest in number, integrated platforms have the highest market valuations.
The Rise of the Platform Enterprise: A Global Survey
By Peter C. Evans and Annabelle Gawer

Che la platform economy abbia preso una piega ben precisa lo si comprende dal post con il quale Skift riassume lo studio commissionato alla Pennsylvania State University da un’associazione di albergatori, la American Hotel & Lodging Association (AH&LA), una lobby per intenderci:

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  • I Super Hosts, quelli che lo fanno a tempo pieno sono il 3.3% dei gestori ma ottengono il 28.5% dei ricavi
  • Il 40% del revenue generato è rappresentato da host che hanno più appartamenti
  • I Super Hosts incassano $500 milioni sugli $1,3 miliardi incassati nei 12 top markets USA
  • Gli hosts che affittano 3 o più appartamenti sono il 7% degli hosts e generano il 25% dei ricavi
  • Gli host che affittano più di un appartamento sono il segmento che cresce più velocemente sulla piattaforma.

Platform companies create new regulatory challenges across a wide spectrum of issue areas including tax policy, competition policy, data residency, privacy, insurance, finance and employment. The Rise of the Platform Enterprise: A Global Survey
By Peter C. Evans and Annabelle Gawer

Dunque sono le piattaforme che hanno cambiato il panorama e l’economia del settore e gli albergatori, volenti o nolenti, in tutto questo non c’entrano proprio niente, smettete di sbandierare la loro debole vision come motivo del successo dei venditori di appartamenti che, a dire il vero, li vedo più impegnati a emulare le gestioni alberghiere e il relativo revenue piuttosto che proporre prodotti innovativi.

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Suvvia, mi pare evidente che si tratti di imprese o gruppi immobiliari che stanno agendo su piattaforme che facilitano l’accelerazione dei redditi degli investimenti immobiliari, spesso – ma non lo dite a nessuno – sono proprio gli albergatori che, a fianco dei loro alberghi, gestiscono decine e decine di appartamenti, anche queste cose nelle destinazioni leisure sono sempre accadute. Altre volte non sono cittadini che riallocano la casa per le vacanze ma sono cittadini – che magari prima speculavano in borsa – che adesso vanno a comprare un appartamento nuovo e speculando – e fanno bene – con Airbnb ci ripagano più velocemente il mutuo.

E c’è da dire che questi hosts sono bravi ad emulare gli albergatori. Ricordo che uno dei primi proclami dei sostenitori della sharing economy fasulla era quello di non preoccuparsi, erano segmenti diversi e per esempio, gli uomini d’affari avrebbero preferito sempre di più l’hotel all’appartamento. E allora perché, secondo uno studio condotto da CWT Solutions, in sei mesi, più di 50.000 dipendenti di 5000 diverse aziende hanno prenotato un viaggio d’affari su Airbnb?

Secondo CWT Solutions, oltre il 35 % delle prenotazioni Airbnb relative ai viaggi di lavoro sono per 2 o più persone. Il 45% delle prenotazioni di imprese effettuate sulla piattaforma è per viaggi internazionali in più di 2.000 città e 120 paesi . Infine, le aziende che utilizzano Airbnb per i loro viaggi di lavoro farebbe risparmiare in media il 30% in più rispetto a coloro che prenotano un alloggio tradizionale per i loro dipendenti. Il paese, contando i viaggiatori d’affari che utilizzano la piattaforma sono gli Stati Uniti, con San Francisco numero 1 della classifica delle 10 città più visitate. Le altre nove città sono: Londra, New York, Parigi, Los Angeles, Milano, Mountain View, Austin, Seattle e Tokyo .

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Altra chicca, il 31 dicembre 2015 Airbnb ha “mosso” un milione di pernottamenti in un colpo solo, la maggior parte a New York, Londra e Parigi.

Dunque procediamo per gradi:

Airbnb secondo CWT Solution batte gli alberghi tradizionali per una questione di prezzo mentre su Booking.com la scelta degli alberghi si basa per l’80% delle volte sul prezzo;

Su Airbnb coloro che “quagliano” di più hanno più unità abitative, gli albergatori invece hanno più unità abitative;

Gli host confidano in una costante deregolamentazione del settore, le associazioni di categoria degli albergatori invece anche;

Airbnb muove la maggior parte dei pernottamenti a capodanno a New York, Londra e Parigi, succede per gli alberghi almeno dalla notte dei tempi;

Airbnb ha finito per far conoscere al mondo che Londra, New York, Parigi, Los Angeles, Milano, Mountain View, Austin, Seattle e Tokyo sono destinazioni da segmento business, gli albergatori invece anche.

Il lavoro negli hotel, non certo a causa della platform economy, è sempre più precario e lo sta diventando ancor di più, mentre la platform economy o come dicono in Francia l’ubérisation del mercato rende il lavoro sempre più precario.

E quindi cosa ci sarebbe di assolutamente nuovo in tutto ciò? L’unica cosa che tutta questa storia mi ha insegnato è che la signora che affittava camere sotto il mio appartamento era un’illuminata economista e innovatrice del turismo, che seppe prevedere il futuro con 50 anni d’anticipo, e io che credevo facesse i salti mortali per sbarcare il lunario.

Immagine di copertina MaxPixel (1)

Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

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Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

2 Comments

  • Vincenzo Sangiorgio ha detto:

    Mi soffermo su questa sua frase “Perché i consumatori e le loro relative associazioni hanno pressato i governi e reso i mercati tradizionali ingestibili con infinite sacrosante regolamentazioni igienico sanitarie, salutistiche, di sicurezza e adesso appaiono sostanzialmente assenti nel cercare di rendere sicure le affittanze di appartamenti e le corse in auto?”.
    E’ proprio così sicuro che le relative associazioni siano effettivamente associazioni di consumatori? No, perché a me da consumatore di tutta una serie di norme me ne importa meno di nulla.
    Io ho più l’impressione che si tratti di associazioni create ad arte dalle varie lobby sia per piantare paletti che impediscano l’ingesso di nuovi concorrenti sia per generare opportunità di finto lavoro (i vari certificatori) in combutta con la burocrazia che non perde occasione di aumentare il proprio potere arbitrario ed erogare multe.
    Mio figlio è cuoco, ha da poco aperto un suo locale, una birreria con cucina, dopo aver lavorato per quasi dieci anni nella squadra di uno degli chef più famosi, anche televisivamente, a livello nazionale.
    Dato il suo percorso professionale ama servire ai propri clienti prodotti di prima qualità che si va a scegliere personalmente. Ebbene, secondo le varie normative in atto, una volta scelto il prodotto lui non può farselo incartare e portarselo in macchina al locale. Si immagina la risposta di un verduraro del mercato rionale se per caso gli chiedesse di farsi consegnare al locale, con apposito camion a temperatura controllata, una cinquantina di fiori di zucca?

    • Robi Veltroni ha detto:

      Caro Vincenzo, è proprio così. Tuo figlio avrebbe fatto meglio ad aprire un home restaurant. In ogni caso, un grande in bocca al lupo a tuo figlio. La qualità alla fine premia sempre e io adoro i fiori di zucca fritti 🙂

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