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Airbnb, ovunque vai, risparmiaci

La platform economy o per meglio dire la sharing economy, che va più di moda, è la più grande invenzione del secolo. Secondo alcuni la genialata sta nel far passare per sociale e addirittura comunista un sistema che macina utili con dinamiche esclusivamente capitalistiche. Attorno alle attività che spesso fanno capo a Airbnb e a Uber (si parla non a caso di uberizzazione dei servizi) c’è un sacco di gente che si affanna a passare pennellate di “condivisione”, di “experience”, di “like locals”,  di “è un mercato diverso da quello alberghiero” salvo poi scoprire che, nella maggior parte dei casi, le motivazioni della scelta sono quelle più classiche del turismo di massa, al quale voglio un gran bene.

Lo ha scoperto Daniel Guttentag assistant professor alla Ted Rogers School of Hospitality and Tourism Management che nel suo studio ha rilevato in particolare che:

  • Tourists are mostly motivated to book Airbnb accommodations because of their low cost, convenient location, and household amenities. They are generally less motivated by the opportunity to interact with the host or other locals, or by the promise of an authentic, local experience. This finding contrasts with Airbnb’s marketing efforts, which focus more on the service’s experiential side.
  • 61 percent chose Airbnb as a substitute for a budget or mid-range hotel.
  • 26 percent indicated that staying with Airbnb led them to increase the length of their trip.
  • 70 percent stayed in an “entire home” rather than in “shared accommodation” together with a host.
  • 89 percent were “satisfied” or “very satisfied” with their most recent Airbnb stay, and 91 per cent were “likely” or “very likely” to recommend Airbnb to others.
  • 62 percent indicated they were “very likely” to use Airbnb again within the following year, compared to just 26 percent who indicated it was “very likely” they book a hotel room within the following year.

Lo stesso Guttentag pone la questione mostrando stupore circa le strategie di marketing di Airbnb rivolte molto agli aspetti poetici del travel che, alla prova dei fatti, non rappresentano assolutamente il drive dominante degli utenti della piattaforma. Anche un’indagine molto superficiale che ho svolto su Facebook, usando come cavie una cinquantina di amici che si sono prestati con particolare premura, ha ottenuto risultati assolutamente in linea con le caratteristiche riassunte nello studio della Ted Rogers School. Tra l’altro, conoscendo personalmente coloro che hanno risposto su Facebook, posso assicurare che quelli che hanno risposto che hanno avuto interessanti esperienze con i locali sono persone portate a livello cromosomico all’amicizia e alla condivisione, riuscirebbero a comunicare e conoscere persone anche nel più sperduto dei deserti.

Motivo del post è comprendere come Airbnb sia riuscita a dar vita ad una lobby diffusa che – forse inconsapevolmente? – condivide un credo molto diverso da quello che è poi l’effettivo business dell’azienda. Un sacco di poesia per poi agire in maniera pesante a livello politico e amministrativo (emblematico il coinvolgimento di ex sindaci di grandi città nell’organigramma dell’azienda), un manto di sharing economy per un’azienda che ha, secondo uno studio commissionato alla Pennsylvania State University da un’associazione di albergatori, la American Hotel & Lodging Association (AH&LA) una serie di caratteristiche classiche di una industria turistica americana (industria alla quale voglio un gran bene):

  • I Super Hosts, quelli che lo fanno a tempo pieno sono il 3.3% dei gestori ma ottengono il 28.5% dei ricavi
  • Il 40% del revenue generato è rappresentato da host che hanno più appartamenti
  • I Super Hosts incassano $500 milioni sugli $1,3 miliardi incassati nei 12 top markets USA
  • Gli hosts che affittano 3 o più appartamenti sono il 7% degli hosts e generano il 25% dei ricavi
  • Gli host che affittano più di un appartamento sono il segmento che cresce più velocemente sulla piattaforma.

Persone a me care, specialisti del marketing e della pubblicità, stanno iniziando a spostare il focus dalla fedeltà alla fiducia. E’ molto bello parlare di fiducia ma vi posso assicurare che le piattaforme delle quali i turisti (o viaggiatori che dir si voglia) si fidano maggiormente sono quelle come Airbnb che si pubblicizza per la poetica del viaggio e molto spesso le chiavi degli appartamenti non vengono consegnate dal proprietario e  gli utenti invece usano la piattaforma per risparmiare o come sostitutiva degli hotel, oppure Booking.com che riscuote un sacco di fiducia dai consumatori salvo poi mettere in evidenza, non gli hotel più meritevoli, ma quelli che offrono più conversioni e maggiori tassi commissionali.

La cosa che non mi dà pace e che scrissi anche in un precedente post è che questa fiducia incondizionata nei confronti di queste piattaforme, era quella che i viaggiatori riponevano, fino agli ultimi anni del secolo scorso, nei tour operator old style e negli albergatori, quante ne abbiamo combinate vista la facilità con la quale Airbnb e Booking.com se la sono presa questa fiducia? Ecco, forse dobbiamo comprendere questo più che indagare su come Airbnb sia riuscita a costruire una lobby/tribù così importante.

Photo by Filios Sazeides on Unsplash

Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

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Robi Veltroni

Robi Veltroni è il fondatore di Officina Turistica. Venditore di camere, si occupa di marketing e pubblicità nel turismo da circa vent’anni. Ha iniziato a lavorare in albergo nel 1979: dopo aver vissuto nei viaggi degli altri per oltre trent’anni, si è trasferito in Maremma. Membro del comitato di programma di BTO – Buy Tourism Online. Attualmente è direttore d'albergo, consulente in direzione delle aziende turistiche e dell'ospitalità, formatore in management alberghiero, marketing turistico e web marketing.

2 Comments

  • Vincenzo Sangiorgio ha detto:

    Buongiorno,
    leggo questo articolo con qualche giorno di ritardo e forse è un bene perché, proprio nell’ultima settimana, ho avuto modo di discutere con altre persone sull’argomento e qualche idea diversa mi è venuta in mente. E queste idee le vorrei qui condividere.
    Iniziamo con il dire che Airbnb è una OTA, al pari di Booking o di Expedia. Essendo arrivata dopo Booking ed Expedia è ovvio che abbia avuto bisogno, per entrare in un mercato dominato da due colossi, di proporsi a host e guest in maniera differente. Ma, alla fine, fa lo stesso mestiere di Booking ed Expedia.
    Liquidiamo rapidamente il discorso dal lato guest. Attira i clienti, come scritto nell’articolo, con messaggi pubblicitari tipo “like locals” e poi li trattiene con la convenienza del prezzo. Nulla di strano in tutto ciò; da che mondo è mondo le automobili vengono pubblicizzate da belle ragazze scarsamente vestite ma sicuramente nessuno compra un’auto piuttosto che un’altra per quella ragione.
    Veniamo al lato host, che è il più complesso. Per una OTA è ovviamente fondamentale poter proporre molte strutture ricettive, altrimenti nessun cliente finale va a cercarsi alloggio là. All’inizio, quindi, Airbnb ha dovuto cercarsi host che più o meno si adattassero al suo messaggio pubblicitario, insomma mantenendo il paragone con il mercato delle auto, che fossero belle ragazze scarsamente vestite. E di questi host ha fatto i suoi promoter. Ma solo con le belle ragazze scarsamente vestite Airbnb non sarebbe andata lontano. Per fare numeri importanti aveva bisogno di altro. E dove cercarlo? Presso gli stessi host che già erano presenti su Booking ed Expedia? Non avrebbe funzionato.
    Fino a qui ho scritto cose abbastanza ovvie, da qui in avanti il discorso diventa differente, chiamiamolo una ipotesi di lavoro.
    Allora, Airbnb nasce nel 2007, come idea “poetica”. Ma è solo dal 2009 che inizia ad essere effettivamente operativa, a fare numeri insomma.
    La capacità del grande imprenditore è spesso quella di riuscire a cogliere, anche in maniera del tutto inconsapevole e magari vestendole in altro mmodo, chiamandole altrimenti, alcune esigenze del mercato.
    Cosa era successo tra il 2007 e il 2009? Beh, la crisi dei sub-prime, Lehmann, lo scoppio della bolla immobiliare. Insomma ci sono state un sacco di società finanziarie che si sono ritrovate in pancia centinaia di immobili perché chi li aveva acquistati aveva smesso di pagare il mutuo, tanti proprietari che cercavano di continuare a pagare il mutuo ma non ce la facevano. E in aggiunta, questo vale in particolare per il mercato italiano che è comunque uno dei più importanti per Airbnb, proprietari immobiliari anche importanti alle prese con inquilini morosi.
    Ecco a chi si è rivolta veramente Airbnb, ecco chi sono, con qualche eccezione, i super-host. E lo dimostra la storia, pubblicata pochi giorni fa sul Corriere della Sera, di Bettina che lavora per Halldis, società di gestione immobiliare con tutte le carte in regola, altro che abusivi. Certo, ogni 1000 annunci su Airbnb ce ne saranno pur’anche 500 della Sora Peppina di turno che pubblicizza abusivamente la stanza prima usata dal figlio. Ma che numeri fanno le 500 Sore Peppine? Numeri risibili. Le tante Sore Peppine sono le belle ragazze scarsamente vestite che permettono ad Airbnb di mantenere quell’aura un po’ alternativa che si è creata. Ma non sono loro che permettono ad Airbnb di fare i numeri.
    Non sono neanche quelli come me, che gestisco degli affittacamere e che ho i miei annunci su Airbnb. Sa quanti guest mi manda? Non più di 3 o 4 all’anno. I clienti a me li continuano a mandare Booking ed Expedia.
    Fare la guerra ad Airbnb per le Sore Peppine è totalmente inutile e fuorviante. Airbnb non avrà problemi, presto, a sbarazzarsene. Quelli che rimarranno saranno il 95 % del business e tutti perfettamente in regola.
    Solo comprendendo questo coloro che sono veri host sapranno come regolarsi per mantenere la clientela. Se un albergo o un b&b offrono un servizio che è pari a quello di Halldis, ovvero “ecco le chiavi e cerca di non disturbarmi”, è chiaro che la clientela andrà sempre di più verso gli alloggi pubblicizzati su Airbnb. Perché Halldis può proporre costi bassi grazie all’organizzazione, grazie alla storia degli immobili che gestisce e che garantisce scarsi costi di avviamento.
    Positivo? Negativo? Per me è sempre positivo ciò che va a favore del cliente finale e quindi attira più persone in una destinazione.
    Cordialmente,
    Vincenzo

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