Tursimo spaziale, sono passati quasi sessant’anni dalle promesse del Lunar Hilton ma adesso sembra proprio che manchino pochi anni al primo hotel spaziale: da Aurora a Marina due nomi femminili dietro ai quali si muovono due progetti molto interessanti.
Il turismo spaziale sembra ancora un sogno o un progetto a lungo termine ma la ricerca, i progetti e i test stanno marciando a ritmi sempre più serrati e da un po’ di tempo sembra essere tornati alla corsa spaziale degli anni sessanta. Se allora erano USA e URSS a lottare per la supremazia spaziale, adesso sono agenzie spaziali di tutto il mondo e in collaborazione o in concorrenza con loro una serie di aziende più o meno piccole che offrono servizi, laboratori per esperimenti, test e in alcuni casi vere e proprie spedizioni spaziali.
Non è solo una partita tra Bezos, Musk e Branson quella del turismo spaziale. Mentre i tre illuminati imprenditori si dedicano alle comunicazioni (razzi e voli spaziali) una serie di compagnie e università stanno progettando l’hotel nello spazio, proprio quello che sognava Hilton.
La base Aurora sarà il primo hotel spaziale?
Il progetto più recente, che segue una serie di “false promesse” come per esempio quelle di Galactic Suite (ne abbiamo parlato nel post precedente), è quello di Aurora, il progetto annunciato da Orion Span promette di effettuare una vacanza spaziale. L’azienda americana offre in vendita soggiorni in quello che sarà il primo hotel di lusso nello spazio.
A 322 chilometri sopra la superficie della terra, i sei passeggeri potranno beneficiare di una vista incredibile sul nostro pianeta. Orion Span ha già messo in vendita un pacchetto di 12 giorni per 7,92 milioni di euro e una certificazione di astronauta. Aurora farà un giro della terra ogni 90 minuti consentendo di ammirare 16 albe e tramonti ogni 24 ore.
Per chi fosse interessato, il primo deposito completamente rimborsabile è di 66.686 euro, e i primi clienti a passare la vacanza tra le stelle sono attesi nel 2022, il viaggio costerà, alla fine, poco meno di 8 milioni di euro.
C’è un po’ di Italia nel progetto MARINA, l’hotel spaziale della NASA
Nel giugno 2017 un team interdisciplinare di studenti laureati del MIT in rappresentanza di cinque dipartimenti in tutto l’Istituto è stato premiato al NASA’s Revolutionary Aerospace Systems Concepts-Academic Linkage Design Competition Forum. La sfida consisteva nella progettazione di un modulo abitabile commercialmente abilitato per l’uso in bassa orbita terrestre che sarebbe espandibile per un uso futuro come veicolo di transito. La squadra del MIT ha vinto progettando MARINA.
Marina è una specie di Condo Hotel Spaziale una sorta di base spaziale dove diversi moduli in transito possono sostare e rifornirsi, per esempio, di energia, di acqua e aria. Può anche offrire manutenzione in orbita. Marina è uno di quei progetti che la NASA sta studiando per poter sostituire la Stazione Spaziale Internazionale ormai in servizio da molti anni.
La costruzione della ISS è iniziata a partire dal 1998, ed era stato previsto il completamento entro il 2017; dovrebbe restare in funzione fino al 2024, data prevista per il raggiungimento degli obiettivi scientifici, per poi essere smantellata, distrutta o riutilizzata parzialmente entro il 2028.
La validità del progetto MARINA è rappresentata dal suo “basso” costo di gestione. I costi di Marina sarebbero di circa 360 milioni di dollari l’anno. La Nasa risparmierebbe rispetto ai costi della ISS 3 miliardi di dollari l’anno, circa il 15% del budget annuale dell’agenzia spaziale americana.
Come Orion Span, anche MARINA ha all’interno del progetto uno spazio dedicato all’hotel spaziale: forse un modo per ridurre i costi di gestione potrebbe essere quello di vendere viaggi orbitali grazie a questo modulo alberghiero formato da una decina di camere, bar e palestra. Ovviamente il tutto sarebbe riservato a facoltosi turisti non certo alla totalità dei viaggiatori. Il progetto, aspetto molto importante, prevede che gli spazi dell’hotel tra le stelle siano molto meno angusti di quelli attualmente disponibili e gestibili sulla ISS.
Ma c’è un aspetto importante in questo progetto che riguarda noi italiani. Di questo gruppo interdisciplinare del Massachusetts Institute of Technology fa parte l’italiana Valentina Sumini 31 anni di Alessandria. La storia di Valentina che si è laureata in ingegneria al Politecnico di Torino, ha quindi fatto un master in Olanda e ha vinto una borsa di studio grazie alla quale sta trascorrendo un anno al MIT, l’ha raccontata Riccardo Luna sul sito dell’AGI. Nel progetto Valentina si occupa dell’aspetto architettonico e strutturale curando anche lo sviluppo degli arredi dell’astronave che dovranno enfatizzare l’esperienza dell’assenza di gravità e che in qualche modo ricorderanno quelli di uno yacht ma con scelte cromatiche e tecnologiche che daranno la sensazione di fluttuare fra le stelle. Sarebbe una storia bellissima ma come ha scoperto Riccardo Luna: Valentina ha vinto una borsa di studio del Politecnico di Milano, che prevedeva un anno al MIT e uno a Milano. E che il MIT ha pagato mentre pare che il Politecnico abbia finito i soldi. “Mi hanno detto che non riescono a finanziarmi la continuità del progetto che ho vinto. E se non trovano le risorse dovrò rimettere in discussione tutta la mia vita”. Parliamo di appena 24 mila euro per un anno. Ecco ci accaloriamo tanto per la ricerca scientifica, i giovani, il futuro. Per la fuga dei cervelli da contrastare. E allora per favore che qualcuno trovi subito i soldi di questa borsa di studio che una ragazza italiana di talento ha vinto.
Il prossimo post dedicato al turismo spaziale sarà pubblicato dopo le vacanze estive. Se non hai letto le puntate precedenti ecco la home dedicata al turismo spaziale.
Immagini: Albergo spaziale Marina MIT (1), OrionSpan.com (2), Valentina Sumini (1)