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Pil del turismo italiano: per capire quanto vale bisogna andare oltre i titoli e le sintesi

A metà dicembre (2018) si è tenuto un convegno sul turismo in Italia presso la Banca d’Italia i cui atti contengono moltissime informazioni interessanti. Nel riassunto fatto dai media di settore che hanno seguito l’evento, viene riportato un dato tratto dal paragrafo di sintesi degli atti che copiamo e incolliamo
Alle attività turistiche sono direttamente riconducibili oltre il 5 per cento del PIL e oltre il 6 per cento degli occupati del Paese , un peso economico comparabile al dato della Spagna e superiore a quello di Francia e Germania (l’incidenza del turismo è maggiore in Portogallo e Grecia, anche in seguito alla debolezza degli altri comparti produttivi).
Il fondatore di questo blog mi ha scritto: “ma come, il peso del turismo sull’economia italiana non era del 10 o 12 per cento”? Ho subito risposto che dipende da come si calcola. Mi ha incoraggiato a fare uno spiegone non solo a lui, ma a tutti i nostri affezionati lettori.

Sintesi del post

Per chi non ha tempo di leggere per intero il post, il dato di oltre il 5 percento del PIL (5,5 per l’esattezza) si riferisce al cosiddetto  impatto diretto della spesa dei turisti sull’economia di un paese, stimato con la metodologia del conto satellite del turismo dal WTTC per il 2017. In aggiunta a questo contributo “diretto” fornito a PIL e occupazione, il WTTC, che è utile ricordarlo è l’associazione che rappresenta l’industria turistica globale, stima l’impatto complessivo del turismo, che ingloba anche gli effetti “indiretti” e “indotti”.  Il contributo indiretto misura le ricadute sugli altri settori della spesa sostenuta dai comparti turistici per investimenti (ad esempio l’acquisto di un nuovo aereo, la costruzione di un nuovo hotel, l’acquisto di arredi per le strutture ricettive, ecc.) o per acquisti di materie prime e servizi. Il contributo indotto misura il PIL e l’occupazione attivati dalla spesa delle persone occupate direttamente o indirettamente dal comparto turistico. Ad esempio l’impatto sull’economia della spesa originata stipendi del personale di un hotel, delle hostess, dei consultanti turistici, ecc. Secondo queste stime, l’impatto complessivo del turismo sul PIL per il nostro Paese nel 2017 è stato pari al 13 per cento, quindi più elevato del fatidico 10 per cento che spesso si cita. Ritengo opportuno segnalare che queste stime sono il risultato finale dell’applicazione di modelli econometrici costruiti con molte semplificazioni e, in generale, tendono a sovrastimare il risultato finale. Le stesse “esagerazioni” le trovate nei rapporti dell’impatto di altri settori economici. Ognuno ha chiaramente l’interesse a fare vedere che “conta” più degli altri.

Il Conto Satellite del turismo

Partiamo da  un fatto. Rilevare l’impatto economico  del turismo è impresa ardua, considerata l’eterogeneità della produzione turistica. Il turismo in quanto tale non è contemplato dalle nomenclature della statistica e dei conti economici nazionali. Pertanto, le informazioni necessarie devono essere ricavate dai settori economici aventi delle componenti in relazione al turismo e ricapitolate in un conto separato, il cosiddetto Conto Satellite del Turismo. In altre parole, il settore del turismo si definisce sulla base degli acquisti fatti dai visitatori. Compito della contabilità satellite è quindi stimare quanta parte del “fatturato” di ogni settore economico è attribuibile al turismo.  Il risultato di questo esercizio è rappresentato nella figura 2 qui sotto, tratta dal Conto Satellite del Turismo per l’Italia (pubblicato da Istat nella collana report il 13 dicembre 2017).   Essa riporta per ognuno dei principali settori economici che soddisfano la domanda turistica, il cosiddetto coefficiente di prodotto. Ad esempio, il fatturato di agenzie di viaggio, alberghi e trasporto aereo è quasi per intero sostenuto dalla spesa dei turisti. E’ opportuno ricordare che per turista, ai fini turistici, non si intende solo chi viaggia per motivi di vacanza, bensì  chi dorme almeno una notte fuori dal proprio luogo di domicilio. Nel caso dei servizi di ristorazione, si calcola che solo il 23,5 per cento (del fatturato) sia attribuibile alla domanda turistica. E cosi via. Va da se che si tratta di dati aggregati stimati a livello nazionale, che non possono essere presi come riferimento per descrivere situazioni locali. Il fatturato di un ristorante nel centro di Roma dipenderà certamente più del 23 per cento dalla domanda turistica.  Nella voce altro sono compresi  i consumi di carburante, l’acquisto di assicurazioni, e servizi vari.

A quanto ammonta la spesa turistica in Italia?

La tabella sotto (prospetto 4), anch’essa tratta dal documento citato in precedenza, risponde esattamente a questa domanda per il 2015.
Al fine di spiegare i dati della tabella, abbiamo copiato e parzialmente modificato il testo dell’Istat.
  • Nel 2015 i “turisti” stranieri (turismo inbound)  hanno speso più di 48 miliardi di euro in Italia. Di questi, 45 sono stati spesi  dai turisti veri e propri, 3 dagli escursionisti. Quasi il 50% di questo importo è stato destinato all’alloggio e alla ristorazione, mentre circa il 40% ha riguardato l’acquisto di prodotti non tipicamente turistici, inclusi quelli relativi allo shopping
  • Il turismo domestico, con i circa 64 miliardi di spesa del 2015, costituisce il 57,2% della spesa interna turistica . Anche per gli italiani la spesa maggiore è quella per l’alloggio e la ristorazione (37,7%), ma l’incidenza del solo servizio ricettivo è inferiore di quasi 10 punti percentuali rispetto a quanto rilevato per il turismo straniero. Nel complesso il 12,3% della spesa domestica per turismo è sostenuta dagli escursionisti, ovvero colore che effettuano un viaggio senza pernottamento; all’interno di questa componente le quote più consistenti di spesa riguardano lo shopping e le spese varie che insieme raggiungono il 67,2%.
  • Sommando la spesa degli stranieri a quanto speso dagli italiani in Italia si giunge ad un totale di circa 112 miliardi di euro.
  • A questo ammontare, nelle regole seguite per la compilazione del CST, occorre, però, aggiungere anche quanto speso non direttamente dai turisti ma che si riferisce a viaggi per affari, servizi resi dall’utilizzo per vacanza delle seconde case di proprietà, consumi turistici collettivi sostenuti dalle amministrazioni pubbliche (ad esempio spese in promozione, spese per vacanze sociali, ecc.). Considerando anche queste componenti, si giunge a un totale del consumo turistico interno (cioè in Italia) pari, nel 2015, a più di 146 miliardi di euro. La spesa per consumi turistici concorre per il 76,8% (32,9% quella inbound e 43,9% quella domestica), mentre il restante 23,2% è costituito da consumi che vengono sostenuti dalle aziende per i viaggi d’affari dei loro dipendenti, da servizi abitativi figurativi e da servizi forniti gratuitamente.

Il valore del contributo del turismo all’economia

Per comprendere il peso del turismo nell’economia italiana bisogna stimare il valore aggiunto del turismo (VAT) attivato direttamente dai circa 146 miliardi consumi turistici stimati. Nel 2015 il valore aggiunto determinato dal turismo è stato di 87.823 milioni di euro, pari a quasi il 6% del valore aggiunto dell’Italia (dalla Tavola 1.1 sotto, si evince che il dato preciso è 5,9%). Quasi un terzo di tale importo è riconducibile all’utilizzo della casa di proprietà per motivi turistici, il cui valore viene imputato in sede di compilazione della contabilità satellite. Le altre attività economiche che contribuiscono maggiormente alla formazione del valore aggiunto turistico sono quelle dei comparti alberghiero, della ristorazione, dei trasporti e, soprattutto, del commercio al dettaglio. I settori che presentano una più elevata incidenza del turismo sono i servizi di alloggio, il trasporto aereo e le agenzie di viaggio.

Il World Trade and Tourism Council utilizzando una metodologia coerente con la contabilità satellite, stima la dimensione del comparto turistico per una varietà di paesi, In base a questi dati, in Italia nel 2016 il turismo vale il 5,3 per cento del PIL. Nel 2017 il 5,5% del PIL e il 6,5 dell’occupazione (pari a quasi 1,5 milioni di posti di lavoro) sono riconducibili al turismo, collocandosi al di sopra della media OCSE (Figura 1.1a, sotto).
In aggiunta a questo contributo “diretto” fornito a PIL e occupazione, il WTTC stima l’impatto complessivo del turismo, che ingloba anche gli effetti “indiretti”– che originano cioè dalle forniture di beni e servizi attivate dalle imprese dei comparti turistici – e quelli “indotti” – che invece sono generati dai consumi dei lavoratori del turismo. Il contributo indiretto misura cioè le interconnessioni con altri settori: in particolare, si tiene conto delle ricadute sugli altri settori della spesa sostenuta dai comparti turistici per investimenti (ad esempio l’acquisto di un nuovo aeroplano, la costruzione di un nuovo hotel, l’acquisto di mobilio per arredare la struttura ricettiva, ecc.) o per acquisti di materie prime e servizi, nonché la spesa pubblica sostenuta per la promozione delle località turistiche in ciascun paese. Il contributo indotto misura il PIL e l’occupazione attivati dalla spesa delle persone occupate direttamente o indirettamente dalcomparto turistico
 Secondo queste stime, l’impatto complessivo del turismo sul PIL per il nostro Paese nel 2017 è pari al 13 per cento, un valore superiore alla media dei paesi UE e dell’economia mondiale nel suo complesso (Figura 1.1b). Anche l’impatto complessivo sull’occupazione è molto rilevante nel nostro Paese: al settore erano complessivamente riconducibili quasi 3,4 milioni di posti di lavoro, pari al 15 per cento del totale (circa il 10 per cento in media nel mondo).
La Tavola 1.1 e la Figura 1.1 sono copiate e incollate dagli atti del convengo Turismo in Italia, numeri e potenziale di sviluppo, dicembre 2018.

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

One Comment

  • jerome ha detto:

    Ottimo portare un po di chiarezza su questo tema. Grazie.
    Attenzione tuttavia non possiamo concludere, come alcuni fanno, che se non ci fosse il turismo il PIL sarebbe ridotto del 13%. In particolare per gli effetti di sostituzione nei consumi delle famiglie.

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