Destagionalizzare è statistica. Allungare la stagione è turismo
Destagionalizzare? Questo secondo post sulla destagionalizzazione comincia dove abbiamo finito il primo, e cioè dai dati che riguardano l’Italia. La tabella (sotto) riporta la variazione di presenze turistiche articolate nelle macrostagioni e registrate negli ultimi venti anni in Italia nel suo complesso e nelle regioni italiane.
Come avrete notato, le presenze nei mesi non estivi sono aumentate in quasi tutte le regioni italiane. Fanno eccezione Liguria, Marche, Molise che però vedono una diminuzione delle presenze anche nella stagione estiva. Il dato è sicuramente incoraggiante, ma va contestualizzato. In primo luogo faccio notare che tale incremento non sposta gli equilibri tra stagioni se non superficialmente.
La stagione estiva rimane, da sola, la più importante per tutte le regioni italiane ad accezione di Lazio (cioè Roma), Lombardia (cioè Milano) e Trentino Alto Adige (cioè aree montane con due stagioni). Secondo, è utile osservare che il dato è influenzato dal cambiamento strutturale registrato dal 2009 e cioè la sostituzione di una fetta di flussi turistici italiani con quelli stranieri.
Fino al 2008 le presenze della stagione estiva sono incrementate a tassi simili a quelle della stagione non estiva. La differenza che registriamo oggi è da attribuire alla crisi economica della fine del primo decennio del nuovo millennio. La crisi economica non ha solo ridotto il numero di vacanze annue degli italiani, ma ha anche inciso sul numero di persone che vanno in vacanza.
La percentuale della popolazione che fa almeno una vacanza all’anno (quasi tutte in estate) si è ridotta dal 40% al 35%. Avete capito bene: solo 1 italiano su 3 va in vacanza negli ultimi anni. In pratica, il dato della stagione estiva risente di un minor contributo dei turisti italiani, mentre quello delle altre stagioni beneficia dell’incremento dei flussi turistici internazionali. Ma in generale cosa determina la stagionalità dei flussi di una destinazione turistica?
Cosa spiega le stagioni delle destinazioni turistiche?
Le ragioni sono essenzialmente tre. Primo, la tipologia di prodotti turistici offerti, che dipende dalle caratteristiche fisico-geografiche della destinazione. Secondo, la geografia, cioè la distanza dai mercati geografici di origine. Terzo, il mix di mercati di origine (che poi dipende molto dai primi due fattori). Le caratteristiche fisico-geografiche di una destinazione sono sicuramente il fattore più importante e intuitivo. Per comprendere meglio cosa intenda, vi invito a guardare il grafico qui sotto tratto da una recente ricerca che ha analizzato la stagionalità delle destinazioni.
In pratica, i ricercatori hanno tracciato gli schemi tipici di alcune tra le principali tipologie di destinazioni. Parigi (linea rossa), come tutte le metropoli, non ha stagioni. La capitale francese, oltre ai suoi monumenti ospita importanti istituzioni politiche, amministrative e finanziarie nazionali e internazionali. Siviglia (città di 700 mila abitanti, ricca di storia), ha una distribuzione piuttosto equilibrata, ma la primavera e l’autunno sono sicuramente le due stagioni dove i tassi di occupazione della città toccano i massimi. Il Tirolo (linea nera tratteggiata), come molte aeree di montagna dell’arco alpino, ha due stagioni. L’Algarve (linea nera), regione portoghese che offre prodotti di turismo balneare ha il classico andamento concentrato sull’estate con un gobba in corrispondenza delle vacanze pasquali. Le destinazioni italiane, come potete vedere dal grafico sotto, non fanno eccezione.
Tuttavia, la ricerca che ho richiamato prima offre un altro spunto interessante. Cito testualmente
Many parts in the centre and west of Europe, particularly the Netherlands, Germany, as well as Britain have typically very high tourist densities throughout the year. A possible explanation is the high population density of these countries, possibly combined with a high prevalence of business- and/or cultural-related tourism which are less affected by climate conditions.
Il destino stagionale di una destinazione dipende dalla sua geografia a meno che…..
Un decalogo per gestire la stagionalità del turismo: meglio parlare di allungare la stagione piuttosto che destagionalizzare
- La prima cosa è avere chiaro l’obiettivo. Una cosa è allungare la stagione, altro è non avere stagioni. Anche allungare la stagione deve essere qualificato. Ci sono destinazioni che hanno tassi di riempimento davvero bassi nei periodi di vacanza e nelle stagioni che fungono da spalla a quelle principali. Più l’obiettivo è ambizioso, maggiore sarà l’investimento necessario come singoli operatori e come destinazione. Mi permetto di suggerire ad assessori e pianificatori vari di abbassare il tiro e di non parlare più di destagionalizzare, ma di allungare la stagione. Magari identificando volta per volta che risultati attendersi in base agli investimenti che è possibile mettere in campo. Nella mia esperienza sul campo, non ho mai visto tutti gli imprenditori di una destinazione uniti per allungare la stagione. Per una struttura imprenditoriale come la nostra (basate sulle piccole imprese di famiglia) c’è bisogno di un periodo stagionale dove rifiatare, fare i lavori, o semplicemente formarsi. Quindi allungare la stagione – soprattutto quando implica investire – non è un obiettivo che unisce tutti sempre e comunque.
- E’ importante comprendere le cause della propria stagione turistica confrontandosi con destinazioni simili (anche per localizzazione geografica) che operano sugli stessi mercati e con la stessa struttura industrale. Le poche volte che sono riuscito a fare questo esercizio ho visto la sorpresa di apprendere che i casi positivi presentati nei convegni si distinguevano per posizione geografica e dimensione strutturale delle imprese operanti.
- Se si ha chiaro l’obiettivo (ad esempio avere un certo tasso di occupazione nelle vacanze di Pasqua), studiare bene la domanda (mercato geografico per mercato geografico), capire la sua dimensione, le destinazioni e i prodotti concorrenti. Ho letto piani (qualche volta attuati) di investimenti in strutture outdoor per le famose nicchie (soluzione a tutti i problemi turistici), quando tutto quello che ci voleva, prima di ogni altra cosa, erano strutture ricettive con le piscine riscaldate.
- Quando si hanno le idee chiare sui primi tre punti, valutare gli investimenti necessari e capire se conviene giocare la partita.
- Saper accogliere i grandi investitori stranieri anziché rifiutarli. Senza grandi resort, per molte località del sud Italia non c’è stagione al di fuori di agosto.
- Concordare un calendario di aperture di bar, ristoranti, hotel ed esercizi pubblici fuori stagione. Non è sempre facile, tanto che alcuni sindaci sono costretti a fare ordinanze con aperture invernali obbligatorie.
- Formare degli operatori turistici sui basics di finanza e marketing. Se aumenta la capacità di saper valutare gli investimenti in marketing e sviluppo dei nuovi prodotti, è più facile poi valutare il da farsi.
- Cambiare il modo di promuoversi fuori stagione, sempre che si abbia la possibilità di farlo e l’investimento abbia senso. Una volta, un operatore turistico durante un workshop mostrò la brochure di una destinazione (balneare) concorrente che si promuoveva come winter sun destination. Tutto vero, bello e interessante, fino a quando non abbiamo fatto i calcoli di quanto sarebbe costato integrare la comunicazione (foto, video, nuovi testi tradotti, ecc.)
- Investire negli eventi, ma essere coscienti che quelli che attraggono costano e hanno bisogno di anni prima di mostrare effetti positivi. Se siete lontani almeno due ore di macchina dai grandi centri urbani, fate bene i vostri calcoli. Dimenticavo: non è banale capire chi investe (pubblico, privato o misto) e come si investe.
- Investire in infrastrutture turistiche, come centri convegni e strutture per l’outdoor, valutando però non solo i costi necessari alla loro realizzazione, ma anche quelli di funzionamento, manutenzione e sostituzione. Questi ultimi sono quasi sempre maggiori dei primi, non vengono calcolati, e l’investimento è bruciato.
Immagine di copertina da Pixabay (1)