Officina Turistica indaga il sentiment di 400 operatori dell’ospitalità italiana.
Se nulla cambia, tra due/tre mesi potremmo perdere buona parte della nostra offerta.
Si è chiusa il lunedì di Pasqua la prima fase del sondaggio lanciato da Officina Turistica e Travel Appeal all’interno della più ampia attività denominata United for the Travel Industry. Obiettivo del sondaggio è capire come gli operatori del settore ospitalità stanno affrontando questo momento di grande difficoltà.
Dato il breve tempo a disposizione, oltre alla necessità di avere prima possibile dei riscontri, e l’accavallarsi incessante degli annunci del Governo, abbiamo deciso di fare un primo punto con un campione di 400 operatori distribuiti in tutta Italia. Diamo questi risultati dopo il primo periodo e continueremo a raccogliere informazioni aggiornandole mensilmente.
Le regioni maggiormente rappresentate sono la Toscana (27,6%), la Liguria (13%), la Lombardia (10%), il Veneto (8,4%) e l’Emilia Romagna (7,3%).
Si tratta di strutture indipendenti per il 73%, solo il 7% delle aziende intervistate contano più di 50 dipendenti. Oltre la metà sono aziende che hanno iniziato la loro attività negli anni 2000. Poco meno del 30% supera il milione di fatturato. Il 60% di queste strutture è aperta tutto l’anno.
Tra gli stagionali alberga la speranza di poter aprire per il 60% dei gestori, il 34% è indeciso e il 5% sta già pensando al 2021 ritenendo questa estate ormai perduta.
Ma come si prospetta a livello economico il futuro di queste attività? Qual è il sentiment tra gli operatori?
Il 62% degli intervistati hanno già attivato misure di tutela per i dipendenti (Cassa integrazione o Fondo integrazione salari che dir si voglia). C’è da precisare che fino ad oggi i denari di questi ammortizzatori sociali che sono arrivati nelle tasche dei lavoratori sono stati anticipati dalle aziende in attesa di comprendere come e quando compensare questi esborsi. Per il 27% del campione preso in esame non sono previsti, fino a oggi, aiuti dedicati.
La maggior parte delle imprese vedrebbe la situazione economica compromessa e insostenibile già tra 2 mesi (43%), dopo tre mesi un altro 25% vedrebbe la sua attività a rischio. Solo il 15% potrebbe resistere per più di 5 mesi.
Ne viene fuori una fotografia che può far immaginare, a fine crisi, una drastica riduzione dell’offerta italiana. Stiamo attraversando questa situazione con aziende medio piccole e relativamente giovani, quindi ancora appesantite da costi iniziali molto importanti (mutui, investimenti, ammortamenti), che spesso si sostengono grazie all’intervento diretto della famiglia proprietaria che quasi sempre garantisce con tempo e sostanze private. Strutture con una cronica difficoltà distributiva: il 25% fattura oltre il 50% tramite le OTA, per un altro 13% le agenzie online rappresentano tra il 40 e il 50% del fatturato, un altro 17% produce con le OTA tra il 30 e il 40%. Solo un quarto di queste fattura meno del 10% con Booking, Expedia e soci.
Mentre ci chiediamo se sarà possibile ridiscutere gli equilibri tra OTA e albergatori, immagino la maggior parte degli operatori medio piccoli che non vedono l’ora di riaprire le disponibilità sulle OTA perché è da lì che arriva la maggior parte del loro business e sono certo che sarebbero disposti a farlo senza esitazioni e a qualsiasi costo.
In questo spaccato d’Italia non vanno dimenticati tutti i parvenu del turismo che hanno sottoscritto mutui immobiliari per offrire appartamenti sulle piattaforme di home rental come fosse un nuovo Eldorado, scevro da qualsiasi rischio imprenditoriale. Benvenuti nel Far West!
Spesso Officina Turistica ha criticato chi sbandierava l’eccezionale “resilienza” del nostro sistema dell’ospitalità, che le gestioni piccole e familiari avrebbero garantito una ripresa più veloce, che l’extra alberghiero e l’extra extra alberghiero avrebbero risposto più semplicemente ai canoni imposti dal new normal post covid-19.
Di recente ci siamo sperticati, anch’io che scrivo questo post, in ipotesi sul come riaprire, invece dovremmo immediatamente trovare soluzioni per sopravvivere nel durante, trovare le bombole con l’ossigeno giusto per resistere sott’acqua e non si sa per quanto.
Dobbiamo comprare il tempo e bisogna trovare il modo di reperire i fondi per comprarlo.
Non sarà semplice se, proprio mentre scrivo, si continua a litigare sugli aiuti europei, se su Facebook continuano le “sponsorizzate” di un manifesto del turismo raffazzonato e che lascia fuori due terzi della filiera, se il professor Giulio Maria Ricciuto, direttore di medicina d’emergenza della Asl Roma 3 e primario del pronto soccorso dell’ospedale Grassi di Ostia avverte che al mare se mai potremo andarci: “ Oltre alle corrette distanze, non si dovranno registrare file all’entrata degli stabilimenti e soprattutto bisognerà rispettare le opportune misure sulle spiagge libere dove ci sono meno controlli”.
Uno scenario difficile se si pensa che solo una pioggia di soldi a fondo perduto e senza rendicontazione possa salvare il turismo – storiella già vista spesso in Italia – mentre la Von der Leyen invita alla cautela gli europei: «Aspettate a prenotare le vacanze per luglio e agosto».
“Fare compromessi tra salute e economia”, garantire i flussi mancanti della tassa di soggiorno, sperare di risollevare l’economia turistica con borghi e treni storici (ancora!?), incentivare gli italiani a fare le vacanze in Italia nell’anno in cui non potranno andare all’estero. Ma per favore, sono tutte misure che negli anni non hanno funzionato in situazioni di normalità mi chiedo come possano funzionare in un caso straordinario come questo.
Smettiamo di pensare a quando tutto sarà finito. La priorità è sopravvivere adesso! Servono velocità, idee brillanti, nuove e al di fuori dei vecchi metodi clientelari, per una volta studiamo per creare e difendere posti di lavoro e aziende, il consenso – ditelo ai politici – arriverà automaticamente. Siamo noi del turismo che dobbiamo trovare le idee belle, utili e risolutive in questo casino devastante. Ai politici lasciamo il dovere di sostenerle economicamente.
In tutto questo “andrà tutto bene” e “nulla sarà come prima” mi ha colpito molto “andrà come andrà” scritto su Facebook da una mia amica e il “niente sarà più come dopo” di Actionaid. Forse è il momento di sparigliare le carte ed essere meno banali nell’analizzare e vivere questa crisi.
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