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Sono passate poche settimane dalla BTO 2020 ma molte delle cose che conoscevamo sono profondamente cambiate a causa del Covid-19. Due considerazioni preliminari: il virus ha consentito a tutti di comprendere quanto conti davvero il settore dell’ospitalità (nel suo complesso) per l’economia del paese. Noi che ci lavoriamo l’abbiamo sempre saputo, ma questa consapevolezza non ha spesso trovato un’adeguata attenzione nella collettività. Inoltre si conferma la carenza di dati affidabili, non abbiamo nessuna analisi profonda del fenomeno, tanto meno predittiva. Abbiamo scelto, come paese, una raccolta “censuaria” delle presenze e arrivi turistici che registra tutti coloro che dormono in un comune (attraverso la preziosa collaborazione dei gestori delle strutture), e che presenta, nella sua complessità di gestione, numerose criticità e un dato che fotografa sempre e necessariamente il passato. Tanto ci sarebbe da dire sulla assoluta necessità d’informazioni e dati real-time di quanto accade nei nostri territori permettendo una governance consapevole. Ne abbiamo parlato in molte occasioni durante le scorse BTO, portando casi studio interessantissimi, forse è arrivato il momento di una riflessione seria su questa indiscutibile necessità per una paese moderno che si pregia di essere una delle destinazioni più importanti al mondo.

Ho immaginato queste settimane di lockdown come un susseguirsi di grandi quesiti:
il primo è stato QUANDO. Nei primi giorni tutti si domandavano quanto tempo sarebbe durato il blocco totale di tutte le attività economiche. Avendo come sottofondo musicale le celebri parole della canzone di Tony Renis “ dimmi quando, quando, quando“ la nostra vita quotidiana è stata cadenzata dalle conferenze stampa della protezione civile e dai messaggi televisivi del premier. L’attesa e la conseguente faticosa decifrazione dei DPCM sono stati descritte magistralmente da Diego Bianchi di Propaganda Live e resteranno momenti indimenticabili della nostra storia recente. Alla complessità della situazione si sono accompagnate contrasti tra amministrazioni, tra ricorsi, modelli del Ministero dell’Interno, interviste a scienziati spesso in contraddizione tra loro. Tutto questo ha generato una grande incertezza per molti cittadini e viaggiatori, ma, alla fine, siamo arrivati al 3 giugno, “ festa della Liberazione“ , come è stata ridefinita da qualcuno, con la riapertura delle frontiere e la liberalizzazione dei viaggi tra le regioni.

Il secondo quesito è stato COME declinato in tre significati diversi:
Come far sopravvivere le imprese
Come riaprire
Come promuoverci

Nella selezione delle misure per sostenere il settore (strutture ricettive, ristoranti, agenzie di viaggio, professioni turistiche, musei , trasporti) hanno avuto un ruolo importante tutti coloro che hanno segnalato necessità e proposte di senso. Come sempre, qualcuno ha esagerato, provando a trarre un vantaggio dalla situazione, chi ha individuato l’inizio della crisi antecedendo di alcuni mesi il Covid, chi ha chiesto risorse fino alla primavera 2021 , e che ha individuato soluzioni del tutto innovative, come il prestito a fondo perduto, una forma di prestito che non si deve restituire.
Alla domanda “come riaprire” il paese ha risposto con i celebri “protocolli di sicurezza” o linee guida. È stato un susseguirsi di pubblicazioni di documenti con le modalità che regolamentano la cosiddetta “Fase 2“ , difficile prevedere quando questa fase possa dirsi conclusa, ad ogni linea guida emergono moltissimi dubbi sulla operatività delle scelte messe in campo e la conseguente necessità di rivedere quanto determinato.

Infine, sul come promuoverci, sono iniziate le prima campagne di comunicazione rivolte al mercato domestico (per non equivocare quello delle colf ma quello di italiani che restano in Italia). Preme dire che sarà molto difficile andare all’estero (massima incertezza su regole, trasporti, corridoi internazionali ), e che l’interesse verso il mercato interno ha avuto due declinazioni principali: dal condivisibile invito al sostegno dei nostri imprenditori si è arrivati rapidamente al “prima l’Italia per gli italiani “, turismo tricolore e altre amenità del genere che oltre a richiamare payoff di storica memoria, potrebbero non essere particolarmente graditi al mercato estero, magari meno presente nel 2020, ma tutti ci auguriamo ritorni importante già nei prossimi mesi.

Poi il delicato passaggio dall’overtourism all’undertourism: basta le folle incalcolabili e indisciplinate nelle città d’arte principali e invece privilegiare la riscoperta dell’Italia meno conosciuta magari con un pizzico di destagionalizzazione. In questo modo si sono rimessi al centro dell’attenzione i borghi e i cammini, ritenuti, da alcuni, mete turistiche già oggi perfettamente organizzate, in grado di presentarsi efficacemente sul mercato già nell’estate 2020 . Vedremo nelle prossime settimane il successo di questi percorsi o luoghi “minori” (più sicuri perché meno frequentati), l’efficacia del Bonus Vacanza, per sostenere le vacanze della popolazione italiana che resti nel nostro paese e gli effetti delle varie campagne di comunicazione che molte destinazioni hanno già messo in atto.

In queste riflessioni manca però la “domanda” come ha ben sottolineato Sergio Cagol nel suo articolo “ il turismo della fiducia” . E questo ci permette di affrontare l’ultimo quesito, “ perché “ si dovrebbe andare in vacanza con il Covid-19?

Una recentissima ricerca ha individuato nuove 7 “personas” o identità degli italiani durante la pandemia: prevalgono i Protector ( il 28,8 ) e i Defender ( 23% ), mettendo in chiaro che oltre il 50% della popolazione ha scelto la garanzia della sicurezza personale come primo obiettivo da perseguire. D’altra parte, secondo Tripadvisor, il 97% dichiara di sentirsi sicuro dopo 6 mesi dalla fine dell’emergenza, l’82% desidera pianificare un viaggio post Covid_19, il 53% lo farà con una ricerca molto più complessa, cambiando l’itinerario che aveva scelto (il 40%) prevalentemente a causa delle sue preoccupazioni (38%). In un quadro complessivo che sembra privilegiare la ricerca dell’essenzialità, eliminando tutto ciò che si ritiene superfluo, diviene determinante provare a comprendere i cambiamenti dei modelli comportamentali dei viaggiatori .

Condivido qualche riflessione in ordine sparso : ritornando alle basi degli studi turistici gli effetti del covid saranno gli stessi nel turismo leisure e in quello business? Ovviamente la risposta è no, e le differenze sono rilevanti. Ogni viaggio di lavoro, ogni evento, meeting , fiera dovrà confrontarsi non solo con i timori degli assembramenti, ma soprattutto con gli effetti della iper-digitalizzazione di queste settimane. Abbiamo partecipato a tantissime di conference, webinar, milioni di persone in smart-working, e ogni riunione che abbiamo fatto è stata virtuale. Un simile cambiamento che ha coinvolto sia la domanda che l’offerta turistica non potrà che avere conseguenze importanti in tutto il settore MICE e nei viaggi di lavoro. La sfida al “reshape“, alla ri-modellizzazione dei processi organizzativi, a cui abbiamo dedicato una intera giornata BTO in versione digitale, diviene centrale nell’individuare soluzioni innovative per gli incontri BtoB. In ogni caso si deciderà di muoversi per lavoro operando scelte “razionali”, connotate da una precisa analisi di costi/ benefici per l’impresa, compresi quindi anche i rischi organizzativi e sanitari per lo staff.

Nel settore leisure penso invece che nelle prossime settimane dovremo confrontarci con una decisione del tutto emotiva, e sarà centrale il confronto tra due spinte motivazionali forti e contrapposte presenti nel “customer journey, il percorso decisionale che conduce alla prenotazione :
la prima forza in campo riguarda il concetto stesso di “vacanza”, ( tra i significati della parola latina forse quello più rappresentativo è “ libero da”), il termine si associa al desidero si staccare dalla solita routine, di passare del tempo per allontanarsi fisicamente e mentalmente dal quotidiano, sia che si cerchi semplicemente relax e riposo, sia che si scelga un viaggio di conoscenza. Nell’estate 2020 viene rafforzata l’idea stessa di evasione (focus del successo di un brand come Club Med), una sorta di catarsi dalla detenzione domestica che per 70 giorni ha visto milioni di italiani sognare online e uscire solo per “comprovate urgenze“. Una voglia di riprendersi la normalità della vita ben evidente già dalle prime ore del 4 maggio, con la soddisfazione, per molti, di poter riprendere il primo caffè al bar.

Dobbiamo poi considerare che il viaggio (sia esso di conoscenza che di svago) vede al centro della propria esperienza le relazioni sociali. Nella travel experience i rapporti con le persone (altri turisti, il personale, i residenti) sono essenziali . Ne abbiamo parlato nell’ultima BTO riflettendo sulla parola ONLIFE e sull’apparente contraddizione tra un mondo sempre più digitale e la centralità dei rapporti human to human nel settore turistico. Le relazioni sono anche quanto di più viene raccontato e condiviso negli UGC (User Generated Content), siano essi siti di recensioni che blog e diari di viaggi. Ma se sono proprio le relazioni sociali quelle che sono penalizzate da questa pandemia cosa resta di questo desiderio di viaggiare anche per incontrare altre persone?

Quanto peserà questa distanza forzata, soprattutto in quelle destinazioni che hanno fatto dell’incontro con gli altri il principale motivo del loro successo? Come affronteranno la sfida del virus quei luoghi che hanno costruito modelli gestionali di ottimizzazione dei costi grazie a grandi strutture e a economie di scala? Siamo così sicuri che il bello sarà affittare una casa con piscina e stare, da soli, per due settimane, con le stesse persone con cui abbiamo condiviso il lockdown? O che la massima aspirazione sarà di camminare per ore in luoghi semi disabitati?

Questo desiderio di viaggiare che ha spinto già in questi giorni tante persone a chiamare gli hotel, a visitare siti online, a pianificare l’estate si scontra con la seconda forza in campo: la paura del contagio. Secondo Phocuwsright la preoccupazione è diversa da paese in paese, per i Tedeschi il primo timore è la quarantena (nella destinazione o al rientro), per gli Inglesi ammalarsi nella destinazione, per i francesi ammalarsi durante il trasferimento, ma anche trovare un destinazione con molte strutture chiuse. Un sentimento d’incertezza rafforzato dalla comunicazione sull’evoluzione del virus di queste settimane, ovviamente rivolta a renderci tutti responsabili della lotta alla diffusione della pandemia, ma che ha contribuito al senso di preoccupazione generale che si percepisce nelle domande e richieste dei potenziali ospiti: quali misure avete preso per farmi sentire sicuro?

Con un ulteriore paradosso: gli strumenti per combattere il Covid-19 alla fine sono soltanto la distanza, le mascherine, i guanti e i termometri, quindi ogni “touch point” dell’esperienza turistica che vede ben presenti questi simboli della lotta al virus non fa che ricordarci la complessità della situazione. Dal rischio di medicalizzazione degli hotel, alla cancellazione di ogni evento pubblico gremito di folla, il messaggio inequivocabile è sempre lo stesso: stai lontano da tutti e proteggiti. Nell’estate 2020 sarà difficile organizzare sagre, feste, concerti, balli , spettacoli, e soprattutto, visto i nuovi limiti di legge (1000 persone per un evento all’aperto e 200 per uno al chiuso) abbiamo la certezza che questo basterà a convincere il pubblico a partecipare? Tutto sembra un costante richiamo al timore di “incontrare“ gli altri, difficilmente contrastabile con le prime promesse, ben poco credibili a dire il vero, di strutture o destinazioni “covid free”.

Anche la comunicazione turistica (delle strutture, delle destinazioni, dei singoli operatori ) dovrà cercare di rassicurare senza rafforzare la percezione del rischio, un vero esercizio da funambolo del marketing. Certo che sarà necessario avere la massima trasparenza nello spiegare cosa un luogo può mettere in campo, per accogliere al meglio i propri ospiti, eliminando ogni promessa impossibile o continuando con retorici richiami al bello.

Due parole sugli effetti economici del covid-19: ci sono molte persone con redditi fortemente ridotti o addirittura azzerati, noi però stiamo correndo il rischio che in una situazione già critica qualcuno pensi ad un aumento dei prezzi per compensare i mancati guadagni o far ricadere sui clienti i nuovi costi gestionali per la sicurezza. Speriamo che prevalga il senso di responsabilità di tutti. Scegliere infatti di penalizzare i clienti che restano in l’Italia con un’impennata delle tariffe sarebbe il peggior esito di una stagione complicata, che potrebbe lasciare effetti duraturi nelle scelte future delle destinazioni per molti anni a venire, allontanando definitivamente chi ha deciso di restare non avendo le consuete alternative.

In conclusione ognuno di noi, di fronte al normale comparative set che individua la fase del pianificazione nel percorso decisionale, dovrà trovate una soluzione equilibrata tra motivazioni del viaggio e i timori del contagio, e lo farà usando quasi esclusivamente la parte emotiva (molto lontana dalla razionalità), legata alla individuale percezione della situazione, perché la scelta del se e dove andare quest’estate tocca la prima e vera motivazione della vacanza: vivere, per qualche giorno, senza pensieri, nella leggerezza di qualcosa di diverso dal quotidiano.

In questi ultimi mesi ogni momento è stato connotato dal timore, dall’incertezza , ma proprio questa insicurezza non potrà restare a casa, ci seguirà anche nelle destinazioni che avremo scelto. Un’estate profondamente diversa, con impatti sulla domanda in larga misura ancora da scoprire, ma con la speranza che, alla fine, prevarrà l’infungibilità dell’ombrellone ( da intendersi come simbolo della vacanza estiva) , un’esperienza che non possiamo barattare o sostituire con nulla, e che , proprio nel 2020, si rafforza come momento non cancellabile, per la sua straordinaria forza di rispondere alla voglia di evasione e alla simbolica lotta al virus come potente modificatore della vita di ognuno di noi, confermando il desiderio irrefrenabile di contrapporre al “io resto a casa” una riscoperta del senso più profondo e autentico di vacanza.

Photo by Malhar Garud on Unsplash

Francesco Tapinassi

Francesco Tapinassi è il direttore scientifico di Buy Tourism online, segue da anni il tema dell’innovazione nel turismo è attualmente dirigente della Regione Toscana. Ha lavorato come dirigente al MiBACT, come Marketing strategist in Fondazione Sistema Toscana, è stato direttore dell’Apt della Maremma.

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Francesco Tapinassi

Francesco Tapinassi è il direttore scientifico di Buy Tourism online, segue da anni il tema dell’innovazione nel turismo è attualmente dirigente della Regione Toscana. Ha lavorato come dirigente al MiBACT, come Marketing strategist in Fondazione Sistema Toscana, è stato direttore dell’Apt della Maremma.

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