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Non è una novità che il Covid abbia generato notevoli conseguenze, non solo dal punto di vista sanitario ed economico, ma anche nei comportamenti dei cittadini, sia durante le fasi di lockdown che sono state previste da differenti Paesi, tra i quali la nostra Italia, sia dopo che queste fasi sono state dichiarate (temporaneamente?) concluse.

Allo stesso modo, non è una novità che l’impatto di questi cambiamenti abbia influenzato in modo significativo il comparto turistico.

Secondo un recente comunicato di Eurostat, il settore turistico comunitario è calato del 75% tra gennaio e giugno del 2020, rappresentando, probabilmente, la più brusca frenata di un settore che negli ultimi tempi ha mostrato tendenziali molto positivi e, sicuramente, il settore tra quello dei servizi più colpito.

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Questi dati, però, se visti in controluce, forniscono, oltre a una drammatica rappresentazione del settore, anche spunti per delle riflessioni che vale forse la pena approfondire. In primo luogo va notato il comportamento aggregato dei cittadini UE, con riferimento ai singoli settori di cui il più generale comparto dei servizi turistici si compone.

In questo senso, infatti, nel bimestre maggio-giugno, si sono registrati forti incrementi (rispetto al mese precedente) nel trasporto aereo e nelle strutture ricettive, mentre il settore dei tour operator e delle agenzie di viaggio ha beneficiato solo in parte di questo trend positivo.

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Il grande balzo avanti, tuttavia, è stato registrato soprattutto nella ristorazione, che ha contribuito più di tutti ad un lieve rialzo del settore nel suo complesso. Sebbene le motivazioni alla base di questo comportamento aggregato siano ben note e già state in larga misura approfondite, forse meno immediato è il legame che questi consumi hanno con il cosiddetto turismo di prossimità.

L’incremento di tali tipologie di consumi, infatti, può essere soltanto in parte motivato dal consumo intra-territoriale, vale a dire le persone che, non muovendosi dalla propria città o comune di residenza, si concedono un pasto al ristorante. Accanto a questo tipo di consumo, è infatti possibile ipotizzare che questi incrementi siano anche in parte derivanti da consumi turistici prossimali, attribuibili a piccoli spostamenti intra o interregionali, presso destinazioni turistiche raggiungibili attraverso il trasporto privato.

In linea con questa interpretazione sono anche i dati relativi al consumo di petrolio pubblicati dal MISE, che hanno registrato, per il mese di Agosto 2020, un calo dei consumi petroliferi pari a circa l’11,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, che rappresenta, in questo scenario, una condizione (paradossalmente) positiva, come comunicato dalla stessa Unione Petrolifera Italiana, che ha interpretato tale evidenza come un segnale di “progressivo recupero dei consumi legato in particolare al turismo interno”.

Questi consumi, quindi, permettono di porre ancora una volta in luce un aspetto che, dopo questi dati, non possiamo più ignorare: l’importanza dei flussi turistici interni. Questo segmento di domanda, che spesso nel nostro Paese non viene valorizzato sufficientemente, può avere degli impatti molto significativi sul settore nel suo complesso. Considerazioni che acquisiscono ancora maggiore importanza se si guarda alla struttura delle nostre imprese attive nel comparto con riferimento alla loro dimensione. I dati sulla demografia d’impresa, infatti, mostrano che il nostro Paese, nel contesto comunitario, è quello maggiormente composto da piccole e medie imprese (99,7% dell’intero segmento).

 

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Certo. Nessuna di queste considerazioni giunge nuova. Così come non giungerebbe nuovo un accorato invito agli operatori del settore a creare percorsi di crescita che, attraverso anche la creazione di servizi aggiuntivi (come la connessione con le esperienze culturali del territorio) mirino a creare un’offerta sempre più vicina alle esigenze del turismo interno. Sono cose che diciamo da sempre.

È vero. Ora, però, i dati dimostrano che queste intuizioni sono vere.

Adesso, nessun alibi sarà più accettato.

Photo by Bartek Zielnik on Unsplash

Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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