Tre domande al Ministro (anche) del Turismo onorevole Dario Franceschini.
Nel fine settimana appena trascorso, complice la giornata mondiale del turismo, il Ministro (anche) del Turismo ha fatto molte dichiarazioni. Il nostro founder le ha riprese in alcuni post su Facebook innescando un vivace dibattito. Devo essere sincero, non è che ne abbia capito molto. Non è certo colpa di chi dibatte. I politici, anche quando governano, amano fare dichiarazioni con frasi e parole dolci per i loro elettori.
Le stesse parole all’atto pratico dicono tutto e il contrario di tutto. Quindi nulla. Questo modo di parlare è accettato supinamente da tutti. I giornalisti non fanno domande e non chiedono spiegazioni. Le associazioni di categoria giocano sul benaltrismo. Non resta che assumersi la responsabilità di farlo in prima persona. Il problema non sono i Ministri e i politici, siamo noi. La qualità della classe politica e delle loro decisioni dipendono anche (e forse soprattutto) dalla domanda di accountability e trasparenza che vengono dalla società.
Prima domanda: turismo e Recovery Fund
Quando si chiuderà questa parentesi – dice il ministro – il turismo in Italia tornerà più forte e impetuoso di prima. Cultura e turismo saranno centrali nell’utilizzo del Recovery Fund.
Il principale problema della nostra economia è, da oltre 20 anni, quello della bassa crescita, a sua volta riflesso della debole dinamica della produttività.
Seconda domanda: i progetti strategici per un turismo diverso da quello attuale.
Dalle crisi nascono grandi opportunità: stiamo lavorando a progetti strategici di lungo periodo in grado di ricostruire un turismo di grandi numeri, ma sostenibile e rispettoso della fragilità del nostro paesaggio, del patrimonio artistico. Non un turismo “mordi e fuggi”, ma colto e intelligente e attento alle specificità dei territori, a partire dalle tante opportunità del turismo rurale.
Terza domanda: il contributo del turismo esperienziale alla produttività
Penso che in Italia abbiamo quella che sembrava una debolezza e invece è una forza enorme. Se entri in un hotel di una grande catena alberghiera, quando sei dentro all’hotel con servizi efficienti e grande qualità, ma non ti ricordi più se sei a Berlino, Roma o Pechino. Il turismo diventerà sempre di più “esperienziale”, cioè quando vai in un Paese non vuoi solo vederlo, vuoi immergenti. Vivere all’italiana è una delle cose più desiderate nel mondo.
Il nostro founder ci riflette da un po’ e non si capacita. Abbiamo hotel e strutture ricettive nane perché alla base ci sono micro e piccole imprese.
Si tratta di imprese che vivono solo perché la passione sopperisce al rendimento del capitale e il cash non va sempre dove dovrebbe. Se la produttività (fatta eccezione di poche strutture di lusso o localizzate in luoghi particolari) dipende dalle dimensioni delle strutture e delle imprese (più grandi > più produttive), e nel medio lungo termine la redditività delle singole imprese turistiche e il contributo del settore all’economia dipende dalla produttività, come è che questa ENORME debolezza è una opportunità? Il Ministro o i suoi collaboratori possono spiegarci che cosa intendono con turismo esperienziale e come può questa forma di turismo superare le leggi dell’economia?
Avremo anche qualche domanda, a cominciare dal bonus vacanze, ma le teniamo per un’altra volta.