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Con questo post mettiamo un punto sui conversion studies. In particolare, vi spiego perché i numeri delle campagne (soprattutto quelle digitali) sono esagerati e dovete dubitarne. Nell’ultimo post ho illustrato i criteri con i quali valutare i risultati degli studi. Mi sono soffermato sul primo di questi. Lo studio si basa su un esperimento controllato? In altre parole, prima di fare il trenino e cantare pepepepepepeepepeppe, chiedete a chi fa la valutazione se abbia nel panel un campione di controllo. Si tratta di valutare la risposta alla campagna in termini di differenza di comportamento tra chi è stato esposto alla stessa e chi no (il campione di controllo appunto). E’ quella differenza che fa tutta la differenza. Se questa accortezza metodologica è stata presa, potete formare il trenino, ma aspettate a festeggiare.

Ammesso di avere i dati stimati con un campione di controllo, fino a che punto chi visita una destinazione lo fa perché influenzato dalla campagna promozionale? Sempre nell’ultimo post ho illustrato uno studio dove si risolve questo problema ponendo agli intervistati due domande. La prima: quando avete visto la pubblicità, prima o dopo la decisione di viaggio? Seconda domanda: se l’avete vista prima della decisione, fino a che punto vi ha influenzato?  Applicando questi due filtri il tasso di conversione è davvero striminzito, circa 1,6% dei visitatori provenienti dai mercati focus. Il punto è che le ricerche che si basano sulla nostra memoria non sono attendibili. La nostra memoria funziona anche quando non ce ne accorgiamo. Il dato quindi potrebbe sottostimare l’impatto della pubblicità. Pertanto meglio risolvere il problema in altro modo.

Un buon punto di partenza, è depurare i dati del tasso di conversione da coloro che visitano la destinazione per lavoro, per trovare parenti e amici o perché hanno una seconda casa. Una seconda accortezza è valutare quanto pesano nel campione dei convertiti i turisti abituali,  cioè coloro che per un motivo o per un altro si trovano a passare le vacanze o a fare un viaggio in quella particolare destinazione. Questa strategia, se seguita, consente già di avere numeri più verosimili. C’è un ultimo criterio che vi invito a considerare e riguarda soprattutto le campagne digitali. Per farvelo apprezzare, devo però introdurre la Negative Binomial Distribution (NBD).

NBD non è un acronimo popolare nel nostro circolo, dove prevalgono santi, poeti e navigatori. Tuttavia, descrive quasi perfettamente i comportamenti di acquisto di qualsiasi prodotto e servizio. Il grafico che raffigura questa distribuzione statistica (che ha una forma di banana, come si nota sotto) ci dice che c’è una relazione inversa tra numero di acquirenti e la frequenza degli acquisti. In pratica, tutti i brand, in tutte le categorie, hanno un gran numero di light buyers (quelli che comprano solo una volta in un determinato periodo di tempo) e pochissimi heavy buyers (quelli che comprano tanto).

La figura è sta presa da questo post

Questa distribuzione è osservata anche nelle destinazioni turistiche? Sì e per definizione, se consideriamo come periodo di osservazione un anno (la maggior parte delle persone fa una sola vacanza in un anno). Non abbiamo dati con altre distribuzioni temporali. Tuttavia, se escludiamo dal computo i dati relativi al turismo di ritorno (visita a parenti e amici) e delle seconde case, il dato dovrebbe tenere fino a periodi di circa tre-cinque anni. La ragione è molto semplice. Anche nei viaggi e nel turismo, la maggior parte dei turisti fa poche vacanze all’anno, la minor parte fa molti viaggi e vacanze. Qui e qui qualche dato per supportare questi tesi.

Qual è l’implicazione di questa distribuzione? Molto semplice. Una destinazione che desidera crescere, nel senso di incrementare il numero di turisti in arrivo, deve pescare nello stagno più grosso, quello dei light buyers.  Purtroppo, le campagne di sales activation digitali, soprattutto quelle sofisticate (programmatic) sono disegnate per andare a pescare nello stagno piccolo degli heavy buyers. Attenzione, non sto dicendo che tali campagne non servono, sto solo elencando un altro motivo per il quale alla fine della fiera il dato strabiliante che vi verrà presentato deve essere ponderato. Festeggiate, ma con moderazione. Il disco samba risparmiatelo per un’altra volta.

Prima di chiudere un riepilogo di quanto ci siamo detti (finora) per non perdere il filo.

  1. Questa serie di post è rivolta ai destination manager che intendono valutare per capire cosa funziona o cosa no. La valutazione per fare contenti operatori turistici e politici è ricca di metodi e strumenti facilmente reperibili on-line. Data la scarsa familiarità degli uni e degli altri con la statistica e il marketing, nessuno vi contesterà i numeri favolosi che tirerete fuori, almeno finché le cose vano bene.
  2. Per valutare se una campagna di promozione è stata efficace, bisogna che ci sia un minimo di strategia dietro. Se faccio una campagna di brand building e pretendo di valutare in poche settimane o in un anno gli effetti in termini di incremento del numero di turisti, mi tiro la zappa sui piedi. Quindi, meglio utilizzare metodologie di brand tracking o di qualità di esecuzione delle campagne, piuttosto che gli studi di conversione (attribution, conversion studies).
  3. Se volete valutare una campagna di sales activation (magari digitale), prima accertatevi di avere qualcosa da vendere. Il referral al portalone di destinazione non è vendita. Se avete qualcosa da vendere (magari in CO-OP), fatevi fare uno studio fatto per bene. Mi raccomando, indispensabile la presenza di un campione di controllo. Meglio se scremate il dato dai visitatori non discrezionali (lavoro, amici e parenti).

Photo by Francesca Tirico on Unsplash

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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