Il Turismo italiano è un turismo over 50? E se così è, come scardinare questo sistema obsoleto e attrarre nuove fasce di turisti giovani.
È un cane che si morde la coda: il nostro sistema decisionale è composto per lo più da persone over 50. Anche in ambito turistico. Ciò significa che le “azioni” che si intendono attivare vengono decise da Over 50 e il fattore anagrafico non può non influire.
Il risultato è dunque una serie di iniziative e campagne promozionali di turismo “over50” che, ovviamente, anche se pensate per essere “rivolte a tutti”, finiscono con il raggiungere principalmente gli “over50”.
Da qui, poi, si genera di conseguenza un flusso di turismo “over 50” internazionale, il cui risultato non fa che consolidare l’idea che l’Italia abbia un target di età medio-alta sul versante turistico, dimenticando che tuttavia, tale dato, è una conseguenza e non una causa delle nostre attività.
E così, inevitabilmente, ci dirigiamo ad essere un Paese di vecchi e per vecchi.
Un chiaro risultato di questa differenza è visibile nelle “campagne di comunicazione” che il nostro Paese produce (un esempio a questo link: https://youtu.be/of5DPT2wDHk).
Il plot è quello classico: una carrellata di luoghi di incanto, con borghi, cibo, vino, ecc. In pratica, il modello “regione Liguria” al Festival di Sanremo.
Un tipo di comunicazione che i millennial cambierebbero subito se fosse un video su YouTube.
Certo, c’è un motivo: la comunicazione è rivolta ad uno specifico target, e quel target è tendenzialmente alto-spendente, e va quindi posta attenzione al concetto di esclusività del nostro Paese nel mondo.
Ma siamo sicuri che il turismo ad alta propensione di spesa sia rappresentato esclusivamente dagli over50?
Se guardiamo all’anello più alto della distribuzione del reddito, questo è vero solo in parte: negli UHNWI, vale a dire le persone che hanno almeno 30 milioni di euro, c’è una percentuale crescente di under40 e, anche se la maggior parte degli individui che rientrano in questa categoria sono over70, è anche vero che per cicli demografici questa ricchezza è destinata ad essere ereditata da altri soggetti.
Ma di questo nessuno pare tenerne conto.
Così, mentre nel mondo piccole località anche “poco turistiche”, come Mount Town (cittadina canadese di poco più di 20 mila abitanti), si promuovono in modo diverso (producendo, ad esempio video come questi) il nostro Paese continua a riproporsi sui mercati come ha fatto negli ultimi 20 anni, celebrando in ogni momento la “nostalgia”: dall’Antica Roma al Rinascimento, dalla Dolce Vita al turismo delle origini.
Non si tratta soltanto di comunicazione o di posizionamento sul mercato turistico: si tratta anche del ruolo che il turismo deve avere “per” e “nel” nostro Paese.
Per essere più chiari: in un Paese come il nostro, caratterizzato, per fortuna, da grandi flussi turistici, gli operatori privati tenderanno necessariamente a creare “esperienze” che possano essere “vendute” ai turisti.
Offerta turistica (vale a dire l’offerta in termini di beni e servizi progettati, realizzati e distribuiti soprattutto ad un mercato turistico) e Offerta Territoriale (vale a dire l’offerta in termini di beni e servizi progettati, realizzati e distribuiti a un pubblico eterogeneo, che può ricomprendere anche i turisti ma la cui domanda non si esaurisce con essi), dovrebbero coincidere: se genero servizi che possono essere venduti tanto ai turisti quanto ai residenti moltiplico le mie potenziali entrate, e, nel frattempo, contribuisco a generare un clima culturale ed “esperienziale” vitale e vivace nel territorio in cui opero.
Se attraiamo turisti over 50, la principale componente dell’offerta sarà composta da turismo over 50 e questo escluderà una buona parte di potenziale domanda, costituita da generazioni più giovani in cui compaiono anche individui con alta propensione all’acquisto.
Uscire dalla trappola demografica che blocca lo sviluppo del nostro Paese su molti ambiti non è certo un’operazione facile.
Quello che possiamo fare, però, è almeno provare ad attrarre “esterni” giovani, e fare così in modo che si possano generare “nuove forme” di turismo culturale.
C’è stato un tempo in cui i nostri territori “minori” erano un continuo pullulare di festival musicali: concerti in luoghi disabitati, come Apice Vecchia in Campania, o cittadine, come Pordenone, che si sono affermate negli anni come centri di produzione di musica elettronica.
Fenomeni che nel mondo generano flussi turistici internazionali (si pensi ai grandi festival a Barcellona o in Ungheria) e che noi trattiamo come “avanzi di bilancio” a fine mandato.
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