Creatività vo cercando, ch’è sì cara… soprattutto nel campo del marketing turistico.
Dopo mesi particolarmente bui la macchina del turismo sembra essersi rimessa in moto e ci si ripresenta il problema di come promuovere destinazioni e attirare visitatori, magari in modo un po’ più “smart” che nel passato.
Come sanno bene i miei quindici lettori, di solito non mi occupo di questioni di promozione, marketing turistico e simili, non è il mio mestiere. Ma non posso fare a meno di riflettere su alcune delle cose che si vedono in giro. E, per moltissime di queste, non mi pare di veder tante iniziative particolarmente attraenti o “nuove”. Video di concezione datata (quando non francamente imbarazzanti), immagini che sembrano venire da cartoline degli anni ’50, slogan fatiscenti, le solite millantate sagre paesane, o mega-eventi dalla dubbia efficacia quanto a risultati (soprattutto economici).
Eppure, una certa vena creativa dovrebbe essere una delle caratteristiche di questo Paese, o almeno è una che molti, fuori da qui, associano alle nostre genti. Di “creatività” si parla tanto e tante sono le declinazioni del concetto, ma forse la più sintetica ed efficace viene dal buon Jules Henri Poincaré (non a caso matematico e fisico teorico insigne) secondo cui creatività è la capacità di unire elementi già esistenti, “fino ad allora sparsi e in apparenza estranei gli uni agli altri”, in combinazioni nuove, che siano utili, dove uno dei criteri per riconoscere l’utilità della nuova combinazione è “che sia bella” (in Scienza e metodo, 1908).
Ora, elementi da noi ce ne sono quanti se ne vuole, ma evidentemente qualcosa manca.
Due esempi di creatività in termini di marketing turistico
In generale, perché a volte ci si imbatte in casi (purtroppo pochi) di assoluto rilievo. Un paio di esempi nei quali mi sono imbattuto di recente vengono da un piccolo imprenditore modenese, Alessio Bardelli, proprietario di una piccola lambruscheria, ma dotato di una grande fantasia.
La ricetta sembra facile: si prhttp://(https://www.facebook.com/lambruscheria.modenaende un luogo affascinante (per esempio il centro storico di una delle nostre città), un prodotto di alta qualità e prestigio, si aggiunge qualche aspetto culturale, si condisce con un nome preso da un famoso evento sportivo, si agita il tutto (shaken, not stirred, avrebbe detto qualcuno) e si produce la Lambruscolonga.
Una specie di “marcia non competitiva” nel centro storico di Modena, la notte di San Lorenzo, che vede una mezza dozzina di “tappe” con degustazione di alcuni fra i migliori Lambruschi del territorio (incidentalmente il vino italiano più venduto al mondo) accompagnati da stuzzichini bene abbinati, inframmezzate dalla presentazione di un paio di libri e che si chiude con un film in piazza e una bella chiacchierata su stelle e meteoriti fatta dai giovani conferenzieri del locale planetario (per via della notte scelta). Grande partecipazione di pubblico (non solo locale) e grande apprezzamento.
Sembra facile.
Il personaggio in questione ne ha anche inventata un’altra: “I predatori della tigella perduta”. Nome preso da un noto film e, anche qui, prodotti eccellenti, luoghi affascinanti e una bella caccia al tesoro con quiz storico-artistici per scoprire i monumenti sotto o presso i quali son nascoste tigelle dorate da portare nei luoghi scelti per assaggiare quelle vere (bell’esempio di “gamification” si direbbe oggi).
Invece di mega-eventi poco replicabili, e, come si diceva spesso dai dubbi risultati economici, qui abbiamo iniziative che si possono imitare e, modificando un po’ la formula, ripetere quando si vuole, perché non sono legate a condizioni, tempi o luoghi specifici. In compenso il risultato è proprio quello voluto di far incontrare persone, conoscere territori e risorse culturali e promuovere prodotti eccellenti in un mix ben equilibrato che soddisfa tutti i sensi, diverte e produce reddito (cosa non secondaria di questi tempi), presenze e così via.
Credo che molte delle nostre amministrazioni (spesso un po’ troppo ingessate) debbano riflettere bene su queste cose. E favorire iniziative di questo tipo invece di frapporre indifferenza (quando non ostacoli veri e propri, burocratici e non).
Perché è vero, come ho già scritto da altre parti con l’amico Vincenzo Moretti che le bellezze che abbiamo possono portare grandi risultati in termini di sviluppo economico e sociale, ma bisogna saperle sfruttare bene e soprattutto in maniera creativa e innovativa, cosa che (non da oggi) dovrebbe essere l’obiettivo principale a cui tendere.
E questo soprattutto in una fase di ripartenza come quella che stiamo vivendo, se non vogliamo poi ritrovarci a cercar di capire come mai con tante risorse pregiate (paesaggistiche, culturali ecc.) e famose non si riescono (tranne pochi casi) ad attirare visitatori, o li si attira solo in certe condizioni e in certi periodi.
* Immagine di copertina di Ross Findon su Unsplash