Il turismo che vorrei…
Dalla villeggiatura al week end potrebbe essere il titolo perfetto per descrivere il modo in cui sono cambiante le nostre abitudini di vacanza negli ultimi cento anni. Le vacanze brevi sono diventate la forma prevalente di viaggio leisure. Per chi vuole capire, numeri alla mano, l’importanza del viaggio breve, statisticamente definito come quello che prevede da una a tre notti di pernottamento, ho copiato e incollato una efficace tabella di Eurostat.
Data la dimensione del fenomeno, ne segue che qualsiasi località turistica ha a che fare con turisti che soggiornano per brevi periodi. Tuttavia, le città sono la tipologia di destinazione dove si trova la maggiore concentrazione di questa modalità di vacanza. In Europa, nel 2019 il 40% dei viaggi brevi era localizzato nei grandi centri urbani. Un dato in calo (nel 2012 il dato era al 43%), ma sufficiente per affermare che nella maggior parte delle città europee ci aspettiamo di trovare turisti che soggiornano prevalentemente da uno a tre notti.
Questa è la realtà descritta da numeri. Tuttavia, osservatori ed esperti del turismo italico dibattono sul turismo che vorrei. Un tipico esempio è descrivere il nostro bel paese caratterizzato, da un turismo mordi e fuggi. Ad esempio, questo paragrafo tratto da un articolo che ho trovato su Avvenire recita:
Associato a questo fenomeno (quello dei turisti di giornata, ndr) c’è quello della durata media troppo breve del soggiorno nelle nostre città d’arte, uniche al mondo per offerta di bellezze e di esperienze da vivere, rispetto a quanto accade a Parigi, Londra o Barcellona. Sono entrambe spie dell’inesistenza in Italia di una regia strategica per la gestione del turismo, che coordini gli sforzi di Stato, Regioni e città interessate, e della mancanza di coraggio nella regolazione e qualificazione dei flussi turistici che approdano nel nostro Paese.
Ma è davvero cosi? A rigor di logica, vista la premessa iniziale, no (!), ma approfondiamo e passiamo in rassegna i dati della permanenza media nelle città citate nell’articolo.
Per Barcellona ho trovato il dato relativo alla permanenza negli hotel. La permanenza media è di due notti, con un trend al ribasso. Il dato mette insieme turismo domestico e internazionale.
Il dato di Parigi è simile a quello di Barcellona, sia nella dimensione, sia nel trend. Per Parigi abbiamo anche una serie storica più lunga e la differenza tra turismo domestico e quello internazionale.
Non ho trovato grafici per Londra. Ma ho i dati. A Londra la permanenza media dei turisti stranieri è decisamente più elevata ( da 4 a sei notti, a seconda del metodo di calcolo) ed è costante. Il turisti inglesi rimangono in media nella capitale per meno di due notti (data tra 1,2 e 1,5).
https://data.london.gov.uk/dataset/number-international-visitors-london
Prima di darvi i dati di Roma, permettermi un’altra citazione tratta da un articolo apparso sul sito Osservatorio Cultura e lavoro:
Il turismo romano è diventato anch’esso, come quello veneziano e fiorentino, un turismo “mordi e fuggi”. 2,4 notti, tanto vale il soggiorno medio nella capitale, e sappiamo bene che non basta per apprezzare “la grande bellezza”.
Tutto vero, ma il dato è simile a quello delle altre grandi capitali (esclusa Londra) e c’è una notizia positiva: la permanenza media a Roma sembra sia aumentata (sotto in tabella i dati di circa trenta anni fa).
Perché vi parlo di queste amenità? Ritengo che il dibattito pubblico sul turismo sia caratterizzato da molta fantasia (il turismo che vorrei) e poca attinenza alla realtà. Non ci sarebbe nulla di male se non fosse che questo dibattito influenza decisioni che mobilitano sostanziosi investimenti pubblici e i sogni di piccoli imprenditori. Per i primi, paga il contribuente (ma fino a quando?), per i secondi, ci pensa la realtà a riscuotere dopo pochi mesi.
*© immagine di copertina “The Grand Budapest Hotel”, di Philip Morton