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Continuiamo il ciclo sulla valutazione dell’operato della propria DMO con la valutazione della branding strategy.

Nel 2013 lavoravo in Sicilia nell’ambito di un progetto di supporto alla programmazione degli investimenti pubblici a favore del turismo. Mentre ero diretto a Palermo, mi arrivò nella casella di posta elettronica la newsletter di Google alert sulle notizie riguardanti il turismo in Sicilia. La notizia è ancora online. La redazione di Skift aveva registrato, anche con una metodologia corretta, un’impennata di interesse verso la Sicilia dopo la fortunata trasmissione sulla CNN, Parts Unknown del compianto Anthony Bourdain. Ricordo che ne discutemmo con i colleghi come con i responsabili dell’Assessorato al Turismo. Una delle domande che ci ponemmo era quale potesse essere l’effetto di quella trasmissione sul brand turistico della Sicilia. Non avevamo risposte. La Sicilia, come le altre regioni italiane e il 95% delle DMO di questo globo, non sono attrezzate per dare una risposta a questa domanda. 

Purtroppo la maggioranza delle DMO non ha strumenti per valutare neppure le proprie campagne di comunicazione. Non è solo un problema di risorse, ma soprattutto culturale. Nella maggior parte dei casi, gli investimenti in pubblicità vengono effettuati da chi non ha né la cultura di marketing, né la cultura della valutazione dei risultati. La radice del problema risiede nel fatto che questa preparazione manca in modo diffuso anche tra gli operatori turistici, cioè tra chi dovrebbe beneficiare di queste campagne pubblicitarie.

Questa serie di post, di cui quello odierno è la quarta e, per ora, ultima puntata, nasce da questa constatazione. Se nella seconda puntata abbiamo introdotto una schema generale e nella terza abbiamo parlato della valutazione della strategia media, oggi invece andiamo al cuore delle valutazioni della campagne pubblicitarie, gli effetti sul brand. 

La valutazione della branding strategy di una DMO

Partiamo dalle basi: una campagna è efficace se è capace di spostare in modo sensibile la predisposizione di un potenziale turista verso la destinazione turistica reclamizzata o la probabilità di venire in mente di quella destinazione nelle diverse situazioni in cui si pensa di prenotare un viaggio o una vacanza.

Per misurare in modo appropriato queste variazioni ci sono apposite metodologie molto costose, che pertanto, visto il budget di molte DMO, sono fuori portata. Mettiamo da parte questi approcci e passiamo quindi a quelli più abbordabili, come l’Ad tracking. 

Queste due parole, ad tracking, sono diventate oramai famose. Molti di voi hanno nel browser un’app per bloccare i sistemi che seguono le loro tracce online. In realtà, il tracciamento delle pubblicità viene utilizzato nelle ricerche di mercato da decenni. C’è un modo, tutt’ora attuale, basato su un sondaggio, che si occupa di comprendere se la pubblicità è stata notata, se è piaciuta e, nei casi più raffinati, se è stato compreso il messaggio. 

Partiamo da un dato supportato da numerose ricerche scientifiche: le pubblicità che attirano l’attenzione hanno una elevata probabilità di rafforzare il brand (nel senso prima indicato) e di influenzare l’acquisto dei prodotti legati allo stesso. Questo non significa che tutti quelli che notano la pubblicità della vostra destinazione turistica poi vi visiteranno, si sta solo dicendo che la pubblicità ha una buona probabilità di essere efficace quando è notata.

Per capire se una pubblicità ha funzionato si prendono due campioni statistici di potenziali turisti uguali per dimensione e caratteristiche demografiche e socio-economiche. Hanno una sola differenza: uno è stato esposto alla pubblicità, l’altro no. A entrambi i campioni si fanno le stesse domande. Ad esempio: conosci questa pubblicità? Nelle ultime settimane hai visto pubblicità su dove andare in vacanza? Se si, ti ricordi per quale destinazione? Se il campione esposto alla pubblicità registra valori maggiori di risposte affermative rispetto a quello non esposto, allora la pubblicità funziona. Dal punto di vista tecnico si parla della valutazione del lift (spostamento) dell’ad recall. 

Ad esempio, supponiamo che la pubblicità della Calabria sia stata riconosciuta dal 15% degli intervistati esposti. Supponiamo anche che il 10% degli intervistati non esposti abbia dichiarato di averla comunque vista (succede, soprattutto quando abbiamo a che fare con brand o destinazioni turistiche molto famose).  In questo caso il lift, cioè lo spostamento, è dato da (15% Esposti – 10% non esposti) / 10% non esposti, che fa 0,5, cioè 50% di lift. Nei pochi casi di applicazioni alle pubblicità di destinazioni turistiche che ho visto, il lift è stato del 5% o del 15%. 

Notate bene però: non è detto che una pubblicità che non registri un lift non abbia funzionato. L’Ad recall è una misura di memoria esplicita. In pratica, con questo metodo siamo in grado di sapere se la pubblicità ha catturato l’attenzione in modo consapevole. Tuttavia ci sono molti studi (li potete leggere in questo bel libro) che dimostrano che le pubblicità funzionano, anche se in modo molto meno efficace, anche quando non si ricorda di averla vista. Per questo motivo ci sono servizi sul mercato capaci di monitorare l’attenzione del pubblico senza ricorrere a sondaggi tradizionali. 

Ricapitolando, per un operatore turistico che vuole avere un impatto sulla propria DMO (locale, regionale o nazionale) ci sono tre cose da sapere:

  1. come valutare una campagna pubblicitaria in generale, difficilmente riuscirete a vedere i risultati nelle prenotazioni;
  2. partite piuttosto dal successo sui media, una pubblicità che funziona non è film per pochi eletti;
  3. se l’investimento è consistente (diciamo almeno 250 mila EUR) dovete pretendere che ci sia un budget per valutarne l’impatto, quanto meno in termini di ad recall. 

 

 * © immagine di copertina Joshua Hoehne, su Unsplash 

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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