A cosa serve il Piano Strategico del Turismo in Italia?
Mi sono sempre chiesto perché molti osservatori ed esperti del settore sostengano la necessità e l’opportunità di avere un Ministero del Turismo in Italia. Mi spiego. Il Ministero del Turismo ha – data la natura del comparto e il nostro assetto istituzionale – un ruolo limitato per incidere su questioni che – a seconda dei punti di vista – riteniamo importanti.
I servizi alla domanda turistica sono erogati da migliaia di operatori privati, pubblici (la pulizia delle strade, la sicurezza, ecc.) e para-pubblici (trasporto locale, musei, ecc.). Gli operatori turistici – a prescindere dalla loro natura pubblica o privata – prendono decisioni di gestione ordinaria e di lungo termine (investimenti) considerando un sistema regolatorio che ha origine in decine di sedi legislative (al Parlamento si sommano i Consigli Regionali) e trova attuazione in migliaia di uffici pubblici (pensate solo agli uffici tecnici dei Comuni).
Alla complessità da frammentazione, si aggiunge quella da attribuzione. Il caso degli affitti brevi è emblematico. I contratti di affitto (anche di locazione turistica) rientrano tra le competenze dello Stato in quanto materia civilistica. Le Regioni hanno finora legiferato sulla base delle loro competenze in materia di turismo (istituendo per esempio i codici identificativi regionali). Il Ministero del Turismo ha (nella data in cui scrivo il post) proposto un Decreto Legge sul quale alcune Regioni e parti sociali sono già pronti a fore ricorso per vizi di incostituzionalità. In breve, il Ministero del Turismo non ha – sul piano sostanziale e di legittimità istituzionale – un ruolo importante nelle politiche di settore.
Potrebbe avere – in teoria – un ruolo di coordinamento sia tra pari (Ministeri), sia con il livello territoriale (Regioni, Comuni) se potesse dettare l’agenda. Con questo intendo l’esercizio di una sorta di soft power nel delineare problemi e soluzioni che interessano il turismo. Il ruolo di agenda setting, per essere esercitato in modo efficace, richiede autorevolezza tecnica e politica. Per questo motivo in alcuni Paesi si è deciso di assegnare il ruolo di Ministro del Turismo a chi ha le deleghe alle imprese o alle infrastrutture. Si tratta – di solito – di strutture ministeriali con un notevole peso tecnico e politico. Non è il nostro caso.
Data questa situazione e altre di più stretta attualità politica, non stupisce che l’approvazione del Piano Strategico di settore sia passata praticamente inosservata. Il documento in se non è dissimile da quelli che abbiamo visto in passato. Tante fitte pagine di analisi (anche interessanti), di obiettivi e di tipologie di turismo da promuovere (per accontentare tutti gli stakeholder). Nulla però che possa dettare l’agenda.
A questo punto mi chiedo sul serio a cosa serva un Piano Strategico del Turismo dato il nostro assetto istituzionale, politico e la limita capacità della nostra PA. C’è qualche lettore che può farmi cambiare idea?