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Turismo prima industria del Paese? I primi a non volerlo dovrebbero essere gli stessi operatori del settore.

I Ministri del Turismo in Italia negli ultimi anni hanno un tratto comune: a un certo punto (per ottime ragioni) organizzano un evento al quale invitano i loro colleghi – con portafogli più rilevanti per lo sviluppo del settore – al fine di trasmettere ai portatori di interesse il senso che si sta facendo squadra. Poi, presi dall’entusiasmo, dichiarano che dobbiamo tornare a essere i primi al mondo o che il turismo deve diventare la prima industria del paese (nazione, per restare fedeli alla parola usata dall’attuale Ministro). Spero, che i primi a sperare che questo augurio non si avveri siano gli stessi operatori del settore.

Nella percezione comune la Germania non è un paese che vive di turismo (qualunque cosi significhi questa espressione). Tuttavia, sono convito che a noi piacerebbe avere i numeri del turismo tedesco (come anche di Francia o Regno Unito). Nell’ansia di confrontarsi sul turismo internazionale ci dimentichiamo che esiste una domanda interna. E questa può avere un peso molto rilevante nelle economie turistiche.

Prendete la figura qui sotto dove è rappresentata la spesa per la visitor economy di escursionisti e turisti domestici e internazionali nelle cinque principali economie europee. Le gradazioni di celeste si riferiscono al mercato domestico. Quelle di verde alla spesa del turismo straniero. Il marrone è invece la spesa effettuata da organi governativi per viaggi di lavoro, conferenze, ecc. Cosa salta subito agli occhi? La visitor economy tedesca vale il doppio di quella italiana. La gita fuori porta dei tedeschi sembra valere quasi quanto l’intera economia turistica italiana.

Turismo prima industria del Paese?

Il succo della storia di questo grafico è molto semplice. Il turismo domestico conta assai, soprattutto nei paesi avanzati e con economia in crescita. Una osservazione banale, ma spesso dimenticata.

La notevole dimensione della domanda domestica di Francia, Germania e Regno Unito dipende non solo dalla loro demografia, ma soprattutto dalle loro economie. Rispetto a noi, i paesi più sviluppati e con elevati livelli di produttività, a parità di numero abitanti, hanno più persone che vanno in vacanza e che spendono per questo motivo una parte del loro reddito. È l’economia in salute a tirare il turismo e non viceversa. Finché la crescita economica e la produttività in Italia stagnano la domanda turistica interna resterà anemica.

Qualcuno potrebbe obiettare che il primato (turismo prima industria del paese) potrebbe essere trascinato dalla domanda estera. Ragioniamo per assurdo. Supponiamo di sottrarre quote di mercato di turismo estero ai nostri concorrenti e di sistemare i turisti in più che vengono in Italia li dove oggi non ce ne sono tanti (impossibile, ma stiamo ragionando per assurdo). Ipotizziamo, quindi, che questa situazione porti a un raddoppio della spesa dei turisti internazionali (si passa dai 50 ai 100 miliardi). Poiché meno della metà della spesa turistica si trasforma in valore aggiunto diretto, anche se spezzassimo le reni ai nostri concorrenti non avremmo che 25 miliardi in più nella nostra economia. E siccome il turismo è la prima industria, gli altri settori dovrebbero contribuire di meno. Non sono grandi numeri per una economia da più di due mila miliardi di euro. Primato si, ma di un paese più impoverito.

Il turismo ha tanti pregi, ma anche qualche grande difetto. Restando sul piano economico, su 100 euro di spesi dai turisti una buona parte (circa la metà), serve a pagare i costi dei fattori necessari alla produzione. Quello che resta va quindi distribuito per pagare capitale e i tantissimi lavoratori. Per questo motivo, la misura del valore aggiunto per addetto delle imprese di questo settore è molto piccola (circa un terzo di quello dell’industria). Se si produce minor valore e ci sono tante persone ad aver contributo, ci si deve aspettare bassi guadagni. Tradotto in metafora gastronomica, che va tanto di moda: abbiamo tanti ingredienti per fare la torta (spese dei turisti), la torta è piccola (valore aggiunto) e le fette vanno divise tra tanti lavoratori (salari) e proprietà (profitti).

In sintesi, il turismo è importante per la nostra economia, soprattutto in alcuni territori. Anche perché traina altri settori. Tuttavia, come ho già scritto in un post del 2019, promuovere il turismo come motore di una economia avanzata vuol dire sognare un paese dove la maggioranza delle persone guadagna poco, si innova poco e si lavora a sprazzi. Penso che i primi a non voler questo tipo di paese siano gli stessi operatori del settore.

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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