Trasporti in Italia: terminata la fase di picco della stagione estiva, si iniziano a stilare i primi bilanci.
Ovunque sul web emergono classifiche che raccontano di un anno da record, o che evidenziano quali città siano state più o meno interessate dal fenomeno turistico.
In questa riflessione, tuttavia, si vuole porre l’attenzione su un tema che non sempre viene realmente approfondito e che tuttavia può aiutare a comprendere meglio alcune dimensioni del nostro turismo che, probabilmente, meritano un approfondimento, e vale a dire la distribuzione del traffico passeggeri nei vari aeroporti italiani.
Guardando i dati pubblicati da Assaeroporti, riferiti al periodo gennaio luglio 2023 (e che quindi non includono i dati legati al mese di agosto), emerge una sintesi piuttosto interessante: il ruolo degli aeroporti cosiddetti minori all’interno della movimentazione di passeggeri nel nostro Paese risulta essere tutt’altro che “minore”.
Si badi bene, considerare tutti i passeggeri, in un periodo che va da gennaio a luglio, vuol dire anche inserire in questa riflessione tutte le persone che viaggiano per motivi non strettamente turistici. Ciò detto, però, comprendere che i primi 5 aeroporti italiani abbiano rappresentato poco più della metà del totale dei passeggeri è comunque un’informazione
significativa.
Si tratta, a dire il vero, di un dato che dovrebbe far riflettere, e non poco, coloro che da anni invocano soluzioni per una complessiva destagionalizzazione dei flussi e per una maggiore distribuzione del turismo all’interno del territorio nazionale.
Nonostante la grande presenza di aeroporti, infatti, gli italiani che per le proprie vacanze domestiche decidono di utilizzare tale mezzo di trasporto sono soltanto una minoranza. Le elaborazioni ISPRA su dati Istat, riferiti al 2019 (e quindi al netto delle implicazioni pandemiche), evidenziano come l’aereo abbia rappresento una soluzione di viaggio per
poco meno del 7% contro, ad esempio, al quasi 71% dell’automobile.
Si tratta, senza dubbio, di una questione di natura culturale, legata anche alla qualità percepita dagli italiani riferiti ai trasporti intra-urbani o in ogni caso di prossimità, che spesso vengono gestiti attraverso vettori privati e che raramente vengono adeguatamente promossi dalle amministrazioni.
Si tratta di una lacuna che genera non poche perdite in termini di flussi turistici, soprattutto per le destinazioni meno inflazionate. Così oggi viviamo in un questa condizione, pressoché paradossale, in cui il trasporto merci è molto più smart del trasporto passeggeri.
Nel caso delle merci, infatti, il trasporto intermodale riveste un ruolo sempre più importante negli spostamenti, riducendo al mimino i trasporti su ruota, andando ad integrare il mezzo di trasporto principale rappresentato da treni, navi o aerei. Incrementare tale tipologia di trasporto potrebbe invece rappresentare un potenziamento dell’offerta in grado di stimolare consumi turistici domestici verso mete meno conosciute ed in periodi dell’anno più “selettivi”.
Oltre a favorire il trasporto intermodale, però, sarebbe opportuno anche avviare una seria politica sul pricing dei trasporti.
Vivere un week-end in un piccolo paesino in Toscana, in Emilia Romagna o in Campania, durante i mesi invernali, magari visitando luoghi che, d’estate, sono popolati più da turisti che da abitanti, è sicuramente una dimensione che alletta molti.
Eppure, per queste tipologie di scelta, risulta spesso molto più conveniente scegliere come destinazione una capitale europea.
In questo momento, ad esempio, volare da Roma in Francia per il prossimo week-end (andata e ritorno) presenta prezzi a partire da 102€ (Nizza) contro i 119 euro minimi in Italia (Milano). Se si parte da Napoli, invece, risulta più economico andare in Francia,
Polonia, Austria, e Ungheria. Solo dopo quest’ultima nazione risulta conveniente l’Italia per un viaggio andata e ritorno verso Palermo.
Ipotizzando di aver già visto Palermo, ma di non aver avuto modo di vedere la Baia dei Francesi, bisognerebbe associare al costo del viaggio anche il noleggio di un’automobile, perché pur essendoci degli aggregatori di informazioni di soluzioni di trasporti, tali aggregatori non godono ancora della stessa attendibilità che invece potrebbe avere un aggregatore regionale, e, per di più, tra gli itinerari pubblicati dall’Azienda che tale aggregatore indica come vettore per la tratta di riferimento, non compare il Comune nei cui confini rientra tale Baia.
In sintesi, per un italiano, viaggiare in Italia significa spendere di più che all’estero, con un maggior livello di incertezza, e, a causa delle difficoltà che si riscontrano nel rintracciare informazioni di dettaglio e ufficiali sugli spostamenti extra-urbani, significa spesso viaggiare con l’auto.
Forse, fare in modo che gli italiani possano andare a visitare dei luoghi in fondo non così distanti, potendo avvalersi di trasporti aerei competitivi, utilizzando il trasporto pubblico da e verso l’aeroporto, non comporterebbe soltanto un incremento dei flussi turistici domestici, ma probabilmente anche un cambio “culturale”, facendo sì che sempre più
italiani conoscano davvero l’Italia, e non solo i principali centri urbani.