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Nudging e scienze comportamentali: un approccio fondato sull’analisi per promuovere il cambiamento dei comportamenti nel turismo

Nel nostro primo articolo abbiamo introdotto l’importanza di agire sui comportamenti umani quando si promuove la sostenibilità del turismo. In questo nuovo articolo della nostra serie, scritto da Caroline Gundersen, Managing Director di iNudgeyou – The Applied Behavioural Science Centre, approfondiamo il tema del nudging, sfatando alcuni miti e presentando il BASIC Framework, uno dei metodi per progettare e implementare interventi comportamentali basati sulle evidenze. Un esempio pratico di un nudge testato all’aeroporto di Copenhagen ci aiuterà a passare in rassegna le varie fasi del metodo BASIC.

Introduzione: le sfumature dell’approccio comportamentale

Negli ultimi 15 anni, le conoscenze generate dalle scienze comportamentali hanno guadagnato terreno nel pensiero economico e nella definizione delle politiche pubbliche. In questo periodo, l’applicazione di queste conoscenze si è estesa a diversi settori, tra cui il turismo, offrendo un gran numero di opportunità  per provocare cambiamenti comportamentali positivi.

Nel frattempo hanno acquisito popolarità una serie di libri e pubblicazioni, che descrivono con umorismo gli esseri umani come animali da gregge “irrazionali”, con comportamenti dettati unicamente dall’inconscio e abitudini che possono essere modificate facilmente e a basso costo con una serie di  piccoli trucchi. In realtà le cose sono un po’ più complesse di così, ed è fondamentale comprendere questa complessità quando si considera l’applicazione delle scienze comportamentali nel proprio lavoro individuale, nelle collaborazioni con il proprio team e nel funzionamento di un’organizzazione. Nel settore del turismo, dove l’approccio comportamentale puo’ esercitare una notevole influenza, è fondamentale comprendere le sfumature del comportamento umano.

In questo articolo andremo oltre la superficie delle nozioni rese popolari dai libri, esplorando le sfumature dell’applicazione delle scienze comportamentali nel settore turistico. Il nostro viaggio inizierà esaminando a fondo le definizioni di nudge e nudging e analizzando come attivare concretamente un cambiamento comportamentale. In seguito, introdurremo il BASIC come quadro di riferimento (Hansen & OCSE 2019), che ci guiderà attraverso le complessità di questo processo di trasformazione.

Nudge e nudging: qualche definizione per vederci più chiaro

Nel loro influente libro “Nudge – Improving Decisions about Health, Wealth and Happiness” (2008), Richard Thaler e Cass Sunstein hanno introdotto il concetto di “nudge”, che in italiano potremmo chiamare “spinta gentile”. Secondo loro, un nudge è un qualsiasi aspetto dell’architettura delle scelte che modifica il comportamento delle persone in modo prevedibile senza vietare opzioni o modificare in modo significativo gli incentivi economici. Per citare direttamente Thaler e Sunstein:

“Un nudge, come useremo il termine, è un qualsiasi aspetto dell’architettura di scelta che altera il comportamento delle persone in modo prevedibile senza vietare alcuna opzione o modificare in modo significativo i loro incentivi economici. Per essere considerato un nudge, l’intervento deve essere facile e poco costoso da evitare. I nudge non sono ordini o divieti. Mettere la frutta all’altezza degli occhi conta come un nudge. Vietare il cibo spazzatura no”. (Thaler & Sunstein 2008, p. 6).

Tuttavia, una definizione più precisa di nudge, suggerita da Pelle Guldborg Hansen, va oltre il concetto originale, affermando che un nudge è qualsiasi tentativo di influenzare il giudizio, la scelta o il comportamento in modo prevedibile. Questo tentativo è motivato da bias cognitivi, pregiudizi, routine e abitudini che ostacolano l’individuo nell’agire razionalmente nel proprio interesse.

Per parafrasare la definizione di Hansen (tradotta e adattata dall’inglese):

“Un nudge è una funzione di qualsiasi tentativo di influenzare, in modo prevedibile (condizione A), il giudizio, la scelta o il comportamento delle persone, derivanti da bias cognitivi, da pregiudizi o da abitudini nel processo decisionale individuale e sociale, laddove questi bias ostacolano l’azione razionale delle persone nel proprio, autodichiarato, interesse. Il nudge (condizione B) funziona facendo leva su tali bias congnitivi o abitudini.” (Per una discussione di questa definizione si veda Hansen 2015).

La definizione di Hansen pone l’accento su una comprensione più profonda delle scienze comportamentali e si allinea maggiormente a un’idea di sviluppo dei nudge più sistematica e basata sulle evidenze, per creare un cambiamento comportamentale. Questa definizione evidenzia anche gli aspetti etici dell’applicazione pratica delle scienze comportamentali, poiché il cambiamento nell’architettura delle scelte è intenzionale. Per questo motivo è importante dotarsi di linee guida sull’etica ed essere certi che il cambiamento di comportamento sia voluto dal gruppo di persone a cui ci si rivolge. Ciò suggerisce un approccio sistematico quando si sviluppano e si implementano dei nudge, come vedremo in questo articolo.

Quando si guarda la definizione di nudge, spesso emerge la domanda: “Non è che forse abbiamo sempre fatto nudging?”. La risposta sta nella distinzione tra “nudges” e “nudging”. Mentre i nudge sono i singoli tentativi di influenzare un comportamento, il nudging (o l’applicazione delle scienze comportamentali) è la creazione e l’attuazione, intenzionale e basata su evidenze, di nudge per indurre sistematicamente un cambiamento di comportamento.

La diffusione del nudging ha svelato importanti potenzialità, ma ha anche creato una serie di sfide nel campo dell’applicazione dell’approccio comportamentale. Molte società di consulenza trattano il nudging come un accessorio in più, trascurando il fatto che le teorie e i metodi su cui si basa differiscono da quelli di altre discipline. Inoltre, molti professionisti spesso illustrano i loro lavori senza rivelare il loro approccio pratico al nudging e alle scienze comportamentali. Noi di iNudgeyou riconosciamo la necessità di formalizzare il nostro approccio. Il nostro obiettivo è sfatare alcuni miti sul processo di applicazione delle scienze comportamentali, illustrando tutte le fasi di un progetto comportamentale: dall’identificazione dei problemi all’analisi, allo sviluppo di azioni basate sull’approccio comportamentale, alla verifica approfondita della loro efficacia e all’attuazione pratica. Crediamo nella trasparenza, per garantire una comprensione completa di come il nudging e le scienze comportamentali possano essere applicati efficacemente nel mondo reale.

BASIC: una svolta nel mondo delle scienze comportamentali applicate

Mentre ci addentriamo nel lato pratico del nudging e delle scienze comportamentali, è fondamentale avere una tabella di marcia che ci guidi attraverso l’intero processo. Ed è qui che entra in gioco il BASIC Framework: un passo avanti nel campo delle scienze comportamentali applicate. Il BASIC Framework permette infatti di completare altre metodologie di applicazione dell’approccio comportamentale, come MINDSPACE, EAST e Test, Learn, and Adapt, che hanno alimentato l’interesse per l’integrazione delle scienze comportamentali nelle politiche pubbliche. Sviluppato in quasi un decennio di ricerche da Pelle Guldborg Hansen, BASIC sta per “Comportamento (B-Behaviour)”, “Analisi (A-Analysis)”, “Strategie (S-Strategies)”, “Intervento (I-Intervention)” e “Cambiamento (C-Change)” (Hansen & OECD 2019).

BASIC si distingue da altri framework per il suo approccio completo ai progetti di applicazione delle scienze comportamentali. Non solo identifica e concettualizza le questioni legate alle policy in termini di comportamento, ma analizza anche le sfide da affrontare e permette di individuare le conoscenze comportamentali (Behavioural Insights) rilevanti per formulare strategie efficaci. Inoltre, BASIC evidenzia l’importanza di testare le strategie e soluzioni sul campo attraverso interventi basati su sperimentazioni.

Infine, BASIC fornisce linee guida per integrare le soluzioni che hanno funzionato nelle politiche pubbliche, attraverso l’ultima fase, chiamata “Cambiamento”. Ciò che distingue il BASIC è la sua natura analitica, che incorpora un quadro teorico che collega sistematicamente l’analisi comportamentale all’identificazione delle conoscenze comportamentali necessarie per formulare le potenziali strategie.

Ecco in sintesi le fasi del BASIC Framework:

B – Comportamento: in questa fase si identifica il problema comportamentale che sta alla base di un problema di sostenibilità che si vuole risolvere. Si risponde quindi alle domande: chi sta compiendo l’azione? Cosa fanno queste persone? Cosa vogliamo che facciano invece? Dove e quando viene compiuta l’azione?

A – Analisi: qui si analizza il problema comportamentale per identificare i fattori cognitivi e psicologici che lo causano. Si risponde alla domanda: perché si verifica il problema?

S – Strategia: in questa fase, si identifica una strategia comportamentale per cambiare il comportamento che è stato identificato. Qui la domanda è: come risolvere il problema?

I – Intervento: una volta sviluppata la strategia, essa viene testata. La fase Intervento riguarda quindi la sperimentazione. La domanda a cui si risponde qui è: la strategia funziona?

C – Cambiamento: in quest’ultima fase si riflette sulle implicazioni a lungo termine della strategia comportamentale. Come si può amplificare questa strategia (se è stata efficace)? Cosa possiamo imparare da ciò che ha funzionato e da ciò che non ha funzionato?

Nudging e scienze comportamentali

1. Il BASIC Framework illustrato. Fonte: progetto Nudge My Tour

Nel case study che segue, esamineremo ogni fase del BASIC Framework, offrendo uno sguardo pratico su come questa metodologia si applica su una situazione nel mondo reale, ovvero il comportamento dei fumatori negli aeroporti. Gli aeroporti di Copenaghen hanno collaborato con iNudgeyou per applicare il BASIC Framework in modo analitico, sviluppare interventi comportamentali sistematici e ridurre la frequenza del fumo nelle zone non fumatori all’esterno dell’aeroporto di Copenaghen. Questo intervento ha ridotto significativamente l’esposizione al fumo passivo per i non fumatori.

Nudging e turismo: l’esempio dei fumatori negli aeroporti

Quando viaggiamo, spesso incontriamo ostacoli ed esperienze indesiderate. Gli aeroporti, che rappresentano il punto di partenza e di arrivo per molti viaggiatori, possono essere un contesto in cui si verificano diverse situazioni poco piacevoli. Un problema importante che si presenta spesso è il fumo, e la Danimarca non fa eccezione.

In risposta alla preoccupazione globale per la salute associata al fumo passivo, la Danimarca, come molti altri Paesi, ha emanato un divieto nazionale di fumo nel 2007. Sebbene abbia avuto successo nel limitare il fumo al chiuso, ha inavvertitamente dato origine a un nuovo comportamento indesiderato: gruppi di fumatori che si radunano appena fuori dagli edifici pubblici, compresi gli aeroporti. Questo fenomeno, osservato nell’aeroporto di Copenaghen con i suoi oltre 26 milioni di viaggiatori annui, presentava non solo rischi per la salute di coloro che si trovavano nelle vicinanze, ma rappresentava anche un’immagine della destinazione non proprio ideale per i passeggeri e i visitatori. Per affrontare questo problema, l’aeroporto ha cercato soluzioni che potessero ridurre i rischi per la salute derivanti dal fumo passivo all’interno dei terminal, ma anche agire sul comportamento dei fumatori in modo più efficace per tutte le parti coinvolte. In collaborazione con iNudgeyou, l’aeroporto ha applicato il BASIC per analizzare il problema e sviluppare interventi comportamentali, puntando all’efficacia e alla minima intrusione. Questo approccio è in linea con il principio secondo il quale, come un medico che fa una diagnosi prima di proporre un intervento, le scienze comportamentali dovrebbero consistere nel fare una diagnosi sistematica prima di intervenire nella vita dei cittadini (Schmidt et al 2016).

Nella prima fase del BASIC, comportamento (B-Behaviour), abbiamo condotto osservazioni su 2.000 fumatori nell’aeroporto di Copenhagen. L’obiettivo era raccogliere dati comportamentali studiando da vicino le varie azioni che compongono il comportamento dei fumatori all’interno e all’esterno dei locali dell’aeroporto. Le osservazioni iniziali hanno portato alla luce schemi interessanti, evidenziando in particolare che le azioni direttamente legate al fumo (come accendere la sigaretta) erano intenzionali, ma quelle legate al “dove fumare” lo erano meno. Ad esempio, i fumatori in genere (1) avevano la sigaretta in bocca e l’accendino in mano già all’interno dell’aeroporto, nei pressi delle porte girevoli, (2) si fermavano appena fuori per una “sosta turistica” e solo dopo (3) cercavano un posto per fumare. In particolare, l’attenzione dei fumatori era catturata da elementi che si trovavano appena fuori dalle porte, come panchine, posacenere, pilastri, pietre e altri fumatori.

Man mano che le osservazioni diventavano più strutturate, la mappatura dei comportamenti si è evoluta in categorie quantificabili, tra cui l’origine e la destinazione dei fumatori e i loro successivi spostamenti. Questo processo di quantificazione ha fornito preziose indicazioni, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra gli individui che provengono dall’interno dell’aeroporto e quelli che arrivano dall’esterno. Contrariamente alle ipotesi iniziali, è emerso che i “fumatori vicino alla porta” non erano principalmente viaggiatori appena arrivati, ma comprendevano anche quelli in partenza dall’aeroporto.

Nella fase di analisi (A-Analysis), abbiamo osservato che quando dovevano scegliere dove fumare, i fumatori in aeroporto preferivano limitare lo sforzo cognitivo. Abbiamo ipotizzato che i fumatori decidessero dove fumare solo dopo aver acceso la sigaretta, durante la “sosta turistica” appena fuori dall’aeroporto. Applicando il concetto di “affordances”, che suggerisce che gli oggetti ispirano interazioni e usi specifici, abbiamo osservato che gli elementi all’aperto che presentano qualità attraenti influenzano il comportamento dei fumatori. Una disposizione scorretta di questi elementi potrebbe inavvertitamente condurre i fumatori in zone non fumatori. Inoltre, la “conferma sociale” (social proof) ha giocato un ruolo importante: i fumatori imitavano il comportamento degli altri, percependolo come una condotta accettabile. Sulla base di queste dinamiche, siamo intervenuti sull’architettura della scelta del “dove fumare”, utilizzando una serie di stimoli per renderla più efficace.

La fase di analisi ha permesso di capire che la logica convenzionale delle zone non fumatori potrebbe essere controproducente. Partendo dal fatto che i fumatori investono uno sforzo minimo nello scegliere dove fumare, abbiamo concluso che una prescrizione potrebbe essere più efficace di una proscrizione. A differenza delle proscrizioni, che richiedono uno sforzo per essere rispettate, le prescrizioni guidano le decisioni in modo più semplice.

Abbiamo quindi sviluppato una strategia (S-Strategy) comportamentale organizzata in tre livelli, ciascuno mirato ad agire su una delle dinamiche comportamentali osservate nella fase di analisi: i fumatori che arrivano dall’interno dell’aeroporto, si accendono una sigaretta e poi decidono dove fumare.

  • Adesivi a terra: Posizionati strategicamente, questi adesivi mostrano l’icona di una sigaretta accesa e indicano la distanza dell’area fumatori, inducendo i fumatori a cercare le aree fumatori designate all’uscita dell’edificio.
  • Designazione e delimitazione delle aree fumatori: Il nastro adesivo giallo delimita le zone quadrate con le icone delle sigarette, accompagnate da posacenere cilindrici gialli, per allontanare i fumatori dalle aree aperte e dalle prese d’aria. Il design delle aree fumatori rispetta il colore e la grafica dell’aeroporto, rendendo queste aree facilmente riconoscibili e attrattive.
  • Riorganizzazione delle “affordance”: Per incoraggiare un comportamento rispettoso dei fumatori, abbiamo riorganizzato le zone designate. Alcune panchine sono state spostate fuori dalle aree per non fumatori, consentendo un comfort di base all’interno delle zone per fumatori.

Il nostro obiettivo è stato quello di valutare se il nostro intervento (I-Intervention) potesse ridurre la frequenza dei fumatori nelle zone non fumatori appena fuori dell’aeroporto di Copenaghen, attenuando l’esposizione al fumo passivo per i non fumatori. La selezione di tre aree ad alta concentrazione nei pressi delle porte (aree A, B e C) e l’introduzione del cosiddetto “rumore ambientale” (il rumore ambientale è un accumulo di inquinamento acustico che si verifica all’esterno) ci ha permesso di stimare l’efficacia complessiva della soluzione. In un periodo di tre mesi, da marzo a maggio 2013, ogni area è stata osservata per circa 25 ore. Gli osservatori, camuffati da viaggiatori, hanno minimizzato il loro impatto sull’ambiente circostante. I fumatori sono stati classificati utilizzando un sistema di notazione, e solo quelli che fumavano tutta la sigaretta fuori della zona non fumatori sono stati considerati conformi. Questo design sperimentale mirava a rilevare eventuali differenze nella distribuzione dei fumatori conformi e non conformi.

Nudging e scienze comportamentali

2. Fonte: iNudgeyou

Dopo aver osservato la situazione di partenza (baseline observations), l’aeroporto di Copenaghen ha attuato l’intervento testando le soluzioni comportamentali, consentendoci di riprendere le osservazioni dopo alcuni mesi. In totale sono stati osservati 3.184 fumatori durante l’intero periodo, di cui 1.695 durante il periodo di riferimento e 1.489 durante l’intervento di test.

Alla luce di lievi variazioni tra un sito e l’altro, e nel numero di fumatori considerati conformi, abbiamo ponderato l’effetto su ciascuna porta in base alla dimensione del campione per ottenere una stima complessiva.

I risultati hanno indicato una riduzione media ponderata del 49% dei fumatori non-conformi, ovvero delle persone che fumavano nell’area non-fumatori.

Troverete più informazioni (in inglese) su questa sperimentazione presso l’aeroporto di Copenhagen qui e qui.

Speriamo che questo articolo vi abbia aiutato a capire meglio cos’è un nudge e come può essere implementato efficacemente in una situazione del mondo reale. Volete saperne di più? Con i partner del progetto Nudge My Tour abbiamo messo a punto una serie di strumenti pedagogici e informativi sull’applicazione delle scienze comportamentali al turismo. Potete trovarli qui: https://nudgemytour.com/our-results/

Il prossimo articolo della serie sul cambiamento dei comportamenti e la sostenibilità del turismo tratterà dell’irrazionalità delle nostre decisioni e del perché è importante conoscere i meccanismi decisionali umani.

Questa serie di articoli è resa possibile grazie al progetto Nudge My Tour, cofinanziato da Erasmus+. Per saperne di più: https://nudgemytour.com/

Riferimenti bibliografici:

Hansen, P. G. (2015). The Definition of Nudge and Libertarian Paternalism: Does the Hand Fit the Glove?. European Journal of Risk Regulation, (1), 1-20.

Hansen, P.G. & OECD (2019), Tools and Ethics for Applied Behavioural Insights: The BASIC Toolkit, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/9ea76a8f-en.

Thaler, R. H., & Sunstein, C. R. (2008). Nudge: Improving decisions about health, wealth, and happiness. Yale University Press.

Schmidt, K., Schuldt-Jensen, J., Carøe Aarestrup, S., Rathman Jensen, A., Lund Skov, K., Hansen, P.G. (2016). Nudging Smoke in Airports: A case study in nudging as a method. iNudgeyou – The Applied Behavioural Science Centre

 

 

INUDGEYOU – IL CENTRO DI SCIENZE COMPORTAMENTALI APPLICATE

iNudgeyou è un centro di ricerca e sviluppo indipendente che dal 2010 si occupa di scienze comportamentali applicate.

In iNudgeyou siamo specializzati nella ricerca, nello sviluppo e nella sperimentazione di nuove architetture di scelta basate su conoscenze comportamentali (Behavioural Insights – BI). Per oltre un decennio siamo stati considerati un team leader a livello mondiale che abbiamo lavorato a numerosi progetti nazionali e internazionali. Tra questi, lo sviluppo delle pratiche di imbarco tra le più efficaci al mondo all’aeroporto di Copenaghen, la sperimentazione di nuove architetture di scelta nei supermercati danesi per incoraggiare abitudini di consumo più sane, e la definizione di nuove normative basate sul comportamento per una serie di agenzie governative, sia a livello nazionale che internazionale.

Ad oggi, iNudgeyou rappresenta un’idea che potrebbe sembrare impossibile: un centro di ricerca indipendente dedicato ad estendere sempre di più le frontiere delle scienze comportamentali, innalzando al contempo il livello di offerta di servizi di consulenza e di marketing basati su progetti scientificamente fondati. Inoltre, iNudgeyou è leader mondiale nell’offerta di corsi e formazione intensiva in Scienze Comportamentali Applicate che ruotano attorno al nostro BASIC framework, pubblicato dall’OCSE.

 

© Immagine di copertina: iNudgeyou – The Applied Behavioural Science Centre

Caroline D. Gundersen

Managing Director di iNudgeyou. È specializzata nelle scienze comportamentali applicate, in particolare nell'uso di strumenti basati sulle scienze comportamentali nei progetti.

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