Alcuni mesi fa ho seguito una conferenza sull’overtourism. Uno dei relatori riferiva delle misure prese a Barcellona per mitigare il fenomeno. Il tono del suo intervento era latusciano. Sarà per questo che qualche giorno dopo (siamo a metà ottobre del 2023) un titolo sulla Stampa che recita Barcellona dice addio alle navi da crociera: il porto vicino alla Rambla diventerà un parco pubblico. L’articolo, in realtà, spiegava che non si trattava di un divieto, ma di uno spostamento degli sbarchi dal porto davanti alle Ramblas a un altro attracco (verso Sud) a tre chilometri di distanza. Ma è davvero così?
La questione mi è ritornata in mente perché qualche giorno fa ho letto una serie di articoli sul tema dove si commenta una nota dell’autorità portuale di Barcellona. Lì si dice che “il porto di Barcellona prevede di avere 806 scali di navi da crociera e circa 4 milioni di passeggeri nel corso del 2024”, livelli molto simili a quelli del 2023. Di questi, una parte consistente (circa 340) saranno spostati già nel 2024, e si spera di poter spostare il resto entro il 2026. Si dice inoltre, “il porto di Barcellona mantiene una strategia per attrarre navi sempre più moderne ed efficienti dal punto di vista ambientale, con l’obiettivo di ridurre l’impatto delle navi da crociera”. Ad esempio, si stima che il 22% delle navi che attraccheranno nel 2024 dovrebbe funzionare a gas naturale liquefatto (GNL) che, nonostante l’emissione di gas serra, elimina componenti come gli ossidi di zolfo e riduce le particelle sospese fino al 70% rispetto ai carburanti tradizionali.
Perché scrivo tutto questo? Per due motivi. Il primo è che sui temi caldi del turismo (sostenibilità, overtourism) mi sembra che oramai giornali ed esperti si comportino allo stesso modo. Meglio titoli e interventi ad effetto piuttosto che informare il pubblico della realtà sempre più sfaccettata. Secondo, come si può notare, nonostante i proclami iniziali (basta con il turismo), chi governa Barcellona è sceso a compromessi e si cerca di gestire il fenomeno piuttosto che fermarlo.
Una domanda forse provocatoria: ma parlare di turismo e sostenibilità in fondo non è una contraddizione in termini?
Quelle che sono le destinazioni dichiarate di maggior successo mi sembra che si distinguano soprattutto per la mancanza di sostenibilità. In Italia ad esempio Venezia, Capri, Firenze e tante altre. Costante diminuzione di residenti, preponderanza assoluta del turismo su ogni altra possibile attività. Dell’inquinamento e dell’impatto ambientale ormai non si parla neanche più.