365 giorni di notorietà – Matera e lo scotto della Capitale della Cultura.
Il dato è tratto.
Così prende avvio un Manifesto, firmato dalle associazioni di categoria del comparto turistico a Matera, con il quale annunciano una manifestazione pubblica per incentivare una serie di scelte volte a rivitalizzare un comparto turistico ad oggi in crisi, con la costituzione, in prima istanza, di una Cabina di Regia composta da professionisti dell’organizzazione turistica.
Lamentano, gli operatori del settore, una scarsa attenzione nei riguardi del settore turistico da parte dell’Amministrazione e una generale “mancanza di visione che sta portando Matera ad una crisi economica”.
La questione, che ha tutta l’aria del sapore locale, apre tuttavia una riflessione più ampia, legata agli effetti a lungo termine della nomina a Capitali della Cultura (che sia europea, italiana, mediterranea e via dicendo).
Soprattutto nel nostro Paese, si tratta di un programma che, senza dubbio, vede sempre più adesioni da parte delle Amministrazioni, condizione che dovrebbe dunque indurre a ritenere si tratti di un’azione politica condivisa e apprezzata a prescindere dagli orientamenti politici.
Alla base di tale consenso, tuttavia, va compreso se sia il posizionamento strategico in termini culturali e turistici, o se siano altri i fattori che spingono le amministrazioni a candidarsi, come la possibilità di accedere a relazioni politiche e a fondi, o la possibilità di ottenere una maggiore visibilità.
Perché se l’obiettivo è quello di guidare il territorio verso un posizionamento nazionale e internazionale legato al settore turistico, allora è probabilmente necessario sviluppare dei miglioramenti all’interno della pianificazione legata alla candidatura, e alla nomina.
Certo, se si guarda all’anno in cui la città è stata eletta come Capitale, è facile identificare dei miglioramenti in ambito culturale e turistico. Ma cosa succede se si estende la visione e si guardano ai dati aggregati?
Il caso di Matera è interessante in questo senso, perché senza dubbio durante il 2019 la città ha conosciuto dei flussi turistici inediti. Se tuttavia si guarda ai risultati ottenuti dal 2015 al 2023, si notano dei dati la cui interpretazione potrebbe non essere così estatica.
Guardando ad esempio alle presenze, il 2019 è stato per le strutture ricettive (alberghiere ed extra-alberghiere) della provincia di Matera un anno da record: Istat ne certifica 2.033.319, un dato che sicuramente è più elevato della media dell’intero periodo considerato nel quale si sono registrati in media, compreso l’anno 2019, circa 1.631.329 presenze annue.
Quello che però poi emerge guardando i dati più da vicino, è il crollo delle presenze nel 2020: dai più di 2 milioni del 2019 sono infatti scese a meno di 1 milione l’anno successivo.
Naturale, si potrebbe obiettare: se tutti sono andati l’anno prima, è normale che l’anno successivo una parte dei turisti potenziali abbia scelto un’altra meta.
Affermazione che per quanto pacifica e all’apparenza ragionevole, cela già una piccola distorsione del fenomeno Capitale della Cultura.
Non è tuttavia questo il punto, perché i dati evidenziano un altro elemento degno di nota: la media delle presenze tra il 2015 e il 2018 è stata superiore alla media delle presenze tra il 2019 e il 2023. Rispettivamente: 1.715.988,25 presenze annue medie nei quattro anni precedenti l’anno della Capitale della Cultura, e 1.563.602 presenze annue nel periodo immediatamente successivo (che include anche l’anno in cui Matera è stata presa d’assalto da eventi e turisti).
Per completezza, va anche sottolineato come gli arrivi presentino un andamento inverso: stesso picco durante il 2019, e una media degli arrivi che tra il 2019 e il 2023 è stata più alta rispetto al 2015 – 2018. Sempre per completezza, tuttavia, va anche segnalato che tale differenziale positivo è esile: 506.361,40 arrivi nel periodo 2019-2023, contro i 505.721,50 arrivi nel periodo precedente.
Anche l’interesse nel tempo, così come espresso dai dati di ricerca Google Trends, presenta un andamento che richiederebbe qualche riflessione: pur presentando sicuramente degli andamenti più elevati rispetto all’inizio della rivelazione (2004), è anche vero che gli anni immediatamente precedenti (dal 2016 al 2019) abbiano registrato un andamento organicamente crescente, con un picco nel 2019 e un andamento identificabile come quantomeno altalenante negli anni successivi.
Interesse nel tempo e dati legati agli arrivi e alle presenze, non sono solo “riflessioni statistiche”. Sono anche impatti economici. Sono nascita e declino di imprese turistiche. Trasformazione di appartamenti prima deputati ad ospitare famiglie o studenti in strutture ricettive extra-alberghiere. Sono nascita di servizi culturali che poi non trovano una domanda sufficientemente attenta. Sono eventi culturali che poi non vengono ripetuti perché senza una concreta domanda scompare anche la sostenibilità economico-finanziaria da parte degli operatori, e forse scompare anche l’interesse da parte degli amministratori.
È proprio questo il punto che le associazioni di categoria intendono sottolineare, e sulla veridicità di tali affermazioni lasciamo siano le cronache locali ad esprimersi. In senso più ampio, tuttavia, la notizia permette di sollevare almeno due motivazioni generali che potrebbero in qualche modo essere alla base di una potenziale minore attenzione da parte degli amministratori locali.
La prima è legata a un fenomeno che, in modo molto semplicistico, si potrebbe definire come “effetto scorpacciata”: cittadini che, a fronte di una vita culturale non particolarmente attiva, si trovano ad avere la città costantemente invasa di stimoli, di convegni, di feste, di arte pubblica, arte contemporanea, musica o danza, potrebbero risultare sovraccaricati e quindi potrebbero essere meno interessati a partecipare, negli anni successivi, con la stessa enfasi dell’anno della Capitale Culturale.
La seconda, direttamente collegata, potrebbe essere rappresentata dal fatto che, a fronte di un minor interesse da parte della cittadinanza, gli amministratori locali concentrino la propria attenzione su altre tematiche, perché il lavoro della democrazia è essere eletti dalla maggioranza degli elettori.
La terza, che invece richiederebbe un’analisi di certo più approfondita, è legata al fatto che il territorio non può essere suddiviso a spicchi: se in un anno l’attenzione (e le risorse) sono concentrate sulla cultura e sul turismo, è chiaro che in quell’anno saranno sottratte risorse ad altri settori, con l’effetto che negli anni successivi sarà necessario in qualche modo “riportare tutto alla normalità”.
Il punto, tuttavia, è che al di là dell’effetto annuncio, la Capitale Culturale dovrebbe essere uno strumento attraverso il quale in un determinato territorio si avviano dei processi di sviluppo volti a favorire lo sviluppo di dinamiche imprenditoriali, culturali e sociali.
Dinamiche che dovrebbero comportare un miglioramento organico e costante del flusso turistico, stimolato da un’accresciuta offerta, da un posizionamento internazionale, e dallo sviluppo di competenze e di strutture e infrastrutture attraverso le quali poter migliorare il rapporto tra domanda e offerta turistica, incrementare la capacità degli operatori di sviluppare partnership nazionali e internazionali con soggetti in grado di veicolare flussi turistici, e sviluppare offerte specifiche legate alla raggiungibilità e alla qualità della permanenza.
In altri termini, piuttosto che accettare come ragionevole un picco nell’anno dell’evento con un crollo l’anno successivo, dovrebbe risultare lecito attendersi che negli anni successivi a quello dell’evento, il fenomeno turistico continui a mantenere un andamento crescente.
Cosa che, secondo quanto raccontano i dati, nel caso di Matera non è accaduta.