Sento parlare di piani strategici per il turismo italiano, anche se a giudicare dalle premesse (vedi il post di Roberta Milano), forse manca qualcosa e non pare di vedere grande consapevolezza di come ci si muove oggi e di quali siano i fattori che possono davvero fare la differenza in questo campo. Sia come sia, prima o poi un rullo di tamburi e uno squillo di trombe annuncerà in pompa magna la ricetta per il rilancio del turismo italiano.
Nel frattempo, però, perdiamo la faccia sulle piccole cose.
Qualche giorno fa leggevo il post di Alessandra Farabegoli (e qualche altro dei suoi) su Trenitalia. Non ha tutti i torti, pensavo, ma forse esagera un po’.
Poi… ho preso un treno. Un Freccia Bianca, non uno di quegli scalcinati regionali. Il treno è partito da Milano Centrale con una motrice in palese stato comatoso che non avrebbe resistito per più di qualche metro (magari per non rovinare le statistiche sulle partenze in orario…) e difatti è definitivamente defunta poche centinaia di metri fuori dalla stazione ed è faticosamente riuscita a raggiungere la stazione di Milano Lambrate (circa 3 km per chi non conoscesse la geografia dei luoghi). E qui è cominciato il solito balletto di informazioni contrastanti (si riparte, non si riparte, si cambia la motrice fra mezz’ora, il treno finisce qui ecc.). Dopo circa un’ora e mezza saliamo finalmente su un altro treno (un IC però) “dirottato” per l’occasione.
Fin qui niente di nuovo per chi viaggia in Italia. E’ noto che a parte i Freccia Rossa, fare un viaggio, non dico comodo e puntuale, ma almeno decente è cosa che pare avere una probabilità di verificarsi vicina a quella di una vincita al superenalotto. E’ vero che i collegamenti fra Milano, Firenze e Roma sono comodi, veloci e puntuali. Ma il turismo in questo Paese non è solo grandi città. E vorremmo visitatori anche in altre parti della penisola che magari qualcosa da offrire ce l’avrebbe pure. Ma come ce li facciamo arrivare. A piedi?
Nel mio caso, compagni di sventura, c’erano anche quattro turisti norvegesi e due canadesi. Sorridevano (ma un po’ sconfortati): That’s Italy, mi han detto. E uno ha anche commentato: “e pensare che qualcuno paga una fortuna per dei ‘viaggi d’avventura’. Qui ce la caviamo con un biglietto di seconda classe…”
Io spero che anche di queste cose si tenga conto nel piano strategico, bassa tecnologia, ma importante, perché mentre aspettiamo il risolutivo messaggio dell’imperatore perdiamo la faccia sulle piccole cose. E recuperare non è sempre facile.
Rodolfo Baggio è docente di Informatica presso l’Università Bocconi di
Milano dove coordina l’area di Sistemi Informativi e Tecnologie di
Comunicazione al Master in Economia del Turismo.
E pensare che in Sardegna la maggior parte dei treni risalgono al 1950/1960 e per i turisti rappresentano qualcosa di divertente perchè pensano siano turistici. Eh no…sono proprio i treni per studenti e lavoratori!!!
E mentre si pensa all'alta velocità non sarebbe male spendere qualche soldino per comprare almeno le tende dei nostri vecchi trenini o rifare i sedili rotti…
bè..Avete mai provato a venire a Viterbo,80 km da Roma?Il treno,o meglio metro,impiega 1 ora e 3/4 ..Se va tutto bene
Altro che TAV!!! Quante cose piú importanti e urgenti ci sarebbero da fare!!!