Rate parity, finisce un’era
In tema di rate parity l’Italia si allinea alla Francia per l’eliminazione della clausola contrattuale, concordata e sottoscritta tra albergatore ed OTA, con la quale l’hotel si obbliga a garantire l’identico prezzo su tutti i canali distributivi.
ART. 32. 1. (Nullità delle clausole contrattuali che vietano alle imprese ricettive di offrire prezzi e condizioni migliori rispetto a quelli praticati da piattaforme di distribuzione online).
1. È nullo ogni patto con il quale l’impresa turistico-ricettiva si obbliga a non praticare alla clientela finale, con qualsiasi modalità e qualsiasi strumento, prezzi, termini e ogni altra condizione che siano migliorativi rispetto a quelli praticati dalla stessa impresa per il tramite di soggetti terzi, indipendentemente dalla legge regolatrice del contratto.
Questo è il testo dell’emendamento al Ddl Concorrenza approvato il 6 ottobre 2015 dalla Camera dei Deputati con 434 voti favorevoli e 4 contrari.
Ma cosa succede oggi a favore o meno del turismo e dell’offerta turistica italiana?
Ancora niente. Dal punto di vista legislativo per vedere pubblicati i migliori prezzi sui singoli siti degli alberghi bisognerà aspettare l’approvazione del Ddl anche in Senato.
Dopo di che la norma sulla parità tariffaria, contenuta nei contratti tra OTA ed hotel, sarà a tutti gli effetti nulla.
Fino ad allora le strutture ricettive italiane dovranno continuare ad attenersi alla Delibera del 21/04/2015 dell’Authority per la Concorrenza ed il Mercato. Delibera con la quale, in sintesi, le strutture ricettive possono offrire tariffe, disponibilità e condizioni di prenotazione diverse nelle varie OTA. Restando però in piedi la parità di tariffe, disponibilità e condizioni di prenotazione fra Booking.com e i siti Web delle strutture ricettive. Parità tariffaria che non si applica però alle vendite opache ed offline (telefono, posta elettronica, agenzia di viaggi).
Qualora, come è auspicabile dalle premesse, l’emendamento al Ddl Concorrenza diventasse legge le strutture ricettive potranno applicare liberamente le tariffe che riterranno più opportune sul proprio sito web, senza dover garantire alle OTA il miglior prezzo on line.
Siamo sicuri che riconoscere la clausola della “rate parity” come clausola vessatoria che identifica un comportamento di concorrenza sleale sia la soluzione per contrastare il potere delle OTA?
Siamo sicuri che liberalizzare l’offerta turistica italiana on line sia la soluzione per migliorarla?
Negli USA la parity è ancora legale. Il tribunale di Dallas si è pronunciato dichiarando che non c’è evidenza che OTA e catene alberghiere utilizzino la Rate Parity come cartello per fissare i prezzi e limitare la competizione.
Le OTA sono oggi strumenti necessari, formidabili se utilizzati nel giusto modo per pubblicizzare la propria attività. La parità tariffaria è un elemento di affidabilità per il consumatore, che garantisce la trasparenza e la veridicità delle informazioni fornite.
Inoltre, da sempre, gli albergatori hanno avuto tutti gli strumenti necessari per contrastare la Rate Parity, tanto da far sorgere il dubbio che mai sia realmente esistita, ma troppo poco spesso li hanno utilizzati.
Semplificare. Questa dovrebbe essere la parola chiave. Pensiamo che un piccolo albergo a conduzione familiare che si pubblicizza sulle OTA possa avere gli strumenti necessari per contrastare un potere così forte? Pensiamo che il problema sia il miglior prezzo garantito? Può essere.
Il turismo italiano, fatto da tante piccole e belle imprese necessita di una maggiore consapevolezza. È a quelle piccole imprese, che sono la vera accoglienza italiana, che dovrebbero essere forniti strumenti chiari e semplici per capire, interpretare e lavorare sul mercato del turismo, garantendo non il miglior prezzo, ma la miglior conoscenza possibile per fare dell’eccellenza il proprio punto di forza.
Immagine di copertina MaxPixel (1)