Il Lunar Hilton [prima parte]
Di recente Hilton ha rilasciato una infografica che annuncia i successi della più evoluta catena alberghiera mondiale: avanzamenti tecnologici, fidelizzazione degli ospiti, espansione mondiale e, come se non bastasse, crescita vertiginosa delle opportunità di carriere nel mondo del turismo in particolare per i giovani, uno dei migliori luoghi di lavoro del mondo.
Mi sono chiesto diverse volte se tutta questa voglia di evoluzione, di nuovi traguardi, di nuove imprese dipenda ancora dall’intraprendenza di Conrad N. Hilton, il fondatore della catena. Di progetti innovativi e di ampio respiro gli Hilton sono sempre stati grandi promotori, campagne pubblicitarie importanti sono entrate nell’immaginario collettivo e sono state riprese anche dalla serie televisiva Mad Men. Ma cosa c’entrano gli Hilton con il turismo spaziale?
L’idea di un hotel nello spazio è vecchia quasi quanto la corsa allo spazio. Quella del Lunar Hilton è nata due anni prima dell’allunaggio americano ed oggi che una Tesla naviga nello spazio un progetto del genere appare meno improbabile di qualche anno fa.
Tutto ebbe inizio durante la tredicesima conferenza della Società Astronautica Americana del 1967, due anni prima che Neil Armstrong e Buzz Aldrin diventassero i primi uomini sulla luna. L’argomento della conferenza fu “Il turismo nello Spazio” e fu allora che Barron Hilton, figlio del magnate Conrad Hilton, tenne un discorso sugli hotel nello spazio.
“Barron Hilton era sempre stato affascinato dal volo” dichiarò a The Outline Mark Young, uno storico dell’Università di Houston. “Era un pilota di aliante e sponsorizzava gare di aerei, e tutto ciò era connesso con la sua passione per gli hotel spaziali.”
Hilton immaginava i primi hotel spaziali, detti Orbiter (satelliti orbitali) Hiltons, come gli “Hilton Inns, per brevi viaggi nello spazio,” che avrebbero ospitato i turisti spaziali nell’orbita terrestre fino a quando non avessero continuato verso la luna e gli altri pianeti.
Gli hotel sarebbero stati modellati in base a un laboratorio concettuale di ricerca spaziale disegnato da Don Douglas Jr, presidente della Douglas Aircraft Company, conosciuto per inventare idee per stazioni spaziali. Gli edifici “sarebbero stati alti 14 piani e avrebbero potuto ospitare comodamente fino a 24 persone,” disse Hilton ai partecipanti alla conferenza. “Ora potrebbe sembrare un hotel molto piccolo, ma il primo hotel di mio padre a Socorro, New Mexico … aveva solo 10 camere.”
Una volta avviati i satelliti orbitali, Hilton sperava di costruire un hotel più grande sulla luna, usando il terreno lunare per la sua costruzione. L’ingresso del Lunar Hilton sarebbe stato sulla superficie, ma la maggior parte dei 3 livelli dell’hotel si sarebbe trovata 20-30 piedi sotto per un miglior controllo della temperatura. Tutti i macchinari necessari al funzionamento dell’hotel sarebbero stati collocati al livello più basso. Il secondo livello sarebbe consistito di due lunghi corridoi incrociati, che avrebbero fornito lo spazio per 100 camere. Il livello più alto sarebbe stato riservato agli spazi comuni e alla sala da pranzo.
Ogni sezione dell’hotel sarebbe stata separata da camere stagne e rivestita di plastica che poteva espandersi sotto pressione, di modo che, in caso di una perdita, come Hilton spiegò a grandi linee durante la sua presentazione, le “celle pressurizzate possono essere riparate come uno pneumatico di un’auto è riparato sulla terra”, rendendo “le perdite che si sviluppano nel sistema… una seccatura piuttosto che un disastro”.
Da vero e proprio uomo d’affari, Hilton immaginò che gli ospiti del Lunar Hilton probabilmente non avrebbero voluto spendere molti soldi rinchiusi in una camera d’aria rivestita di plastica. “Sappiamo che la maggior parte degli ospiti è a disagio a meno che le loro sistemazioni non rispecchino il loro stile di vita”, disse. Per questo motivo “non avremo alcuna di quelle celle da fantascienza.”
Al contrario, ogni camera avrebbe avuto molto spazio, tappeti, tende e piante. Le camere avrebbero usato l’illuminazione artificiale che imitava la terrestre luce del sole e avrebbero incluso una televisione che copriva tutto il pavimento per programmi dalla terra e per guardare fuori nello spazio.” In più, gli ospiti del Lunar Hilton “non avrebbero mangiato vitamine o capsule nutrienti”, ma invece avrebbero “mangiato proprio come mangiano a casa.” Ciò avrebbe coinvolto la spedizione dalla terra di bistecche disidratate e liofilizzate, che sarebbero poi state ricostituite in una “cucina con reattore nucleare.” Qui le macchine avrebbero cucinato – uno chef avrebbe “premuto diversi bottoni e le macchine avrebbero automaticamente tolto il contenuto dalle confezioni, reidratato e scaldato, se necessario.”
Il fiore all’occhiello del Lunar Hilton sarebbe stato, naturalmente, la sua Galaxy Lounge. “Se pensate che non avremo una cocktail lounge, non conoscete Hilton – o i viaggiatori”, fu la battuta di Hilton. Nella Galaxy Lounge i turisti lunari avrebbero potuto “gustarsi un Martini e guardare le stelle!” Sebbene la lounge fosse nel sottosuolo, gli ospiti si sarebbero goduti una vista sulla terra e sullo spazio grazie a delle “finestre thermoregolate”. Tutti i cocktail sarebbero stati preparati da uno staff robotico di servizio, che avrebbe avuto solo dovuto versare una tavoletta in un bicchiere di puro alcol etilico e acqua et voila: un Martini, un Manhattan o un Gin istantanei.
La seconda parte della storia dedicata al Lunar Hilton sarà pubblicata il 5 marzo prossimo.
La storia è liberamente tradotta da “The never ending quest to built a hotel in space” di Daniel Oberhaus.
L’immagine della chiave del Lunar Hilton @The Hospitality Industry Archives, Conrad Hilton College, University of Huston.